I filosofi da self-publishing vendono i loro libri, almeno nelle versioni ebook, a cifre abbastanza modiche. Quasi nulle, rispetto alle ore di stupore che dispensano. L’importante è non farsi troppe domande. Per esempio: come mai Gianni Ferracuti dell’Università di Trieste autopubblica un volume intitolato Parmenide e la capra e l’unica fotografia che il suo libro riporta è quella di un cane boxer? Quale sarà invece la tesi sostenuta da Giacinto Plescia nel suo libro Ontologia del sublime quando, in circa diciassettemila pagine (ripetiamo: 17 mila pagine), scrive frasi del tipo: «Essere sublime che ci incontra e si eventui, si getta nell’Essere così come nell’Esserci, per abitarvi con la transplendenza del sublime o dell’Essere sublatione sublime, o per abitare poeticamente le insenature sublimi di Kalypso»?
Non è il caso di fare i moralisti. L’incomprensibilità di un testo filosofico non è mai stato un problema per il suo successo. E se Heidegger divenne un gigante scrivendo che «il mondo mondeggia», allora un Pigc qualunque può benissimo far ballare la lambada all’universo meritandosi così gli applausi riconoscenti di tutti i devoti di Gustave Flaubert.