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domenica 28 agosto 2022

Dal mito al cosmo delle stringhe: forma e spazio

 

Dal mito al cosmo delle stringhe forma e spazio

Dal mito al cosmo delle stringhe: forma e spazio: il mito non è un dato ma una realtà fluida, un intreccio di relazioni dal comportamento non prevedibile, le cui parti sono in interazione dinamica, è come un “corpo in trasformazione”: vi presiede una dinamica che genera cambiamenti da cui emergono nuove forme, configurazioni, fenomeni inaspettati, rovesciamenti inattesi di segni e significati https://www.giacintoplescia.it/la-natura-e-luomo-le-catastrofi-dopo-thom/ 

E' una singolarità all'interno di spazi topologici, un sistema autopoietico, come il “chaos”https://frame frames.blogspot.com/2022/08/il-mito-ed-il-caosmos.html?m=1 L'inconoscibilità della forma-mito non consente né epistemica né ermeneutica, la “dynamis”, presente nel mito, è “in-formale”.


  • Il “panta rei”

Uno stato continuo di flusso, il “panta rei” è la faccia nascosta della natura, macroscopica e microscopica.
“E la medesima realtà il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo mutando son questi”: dinamica reciproca di tutte le cose col fuoco e del fuoco con tutte le cose, come delle merci con l’oro e dell’oro; il fuoco: dapprima mare, del mare una metà terra, l’altra soffio cosmico.
Armonia di tensioni contrastanti come nell’arco e nella lira: questi, infatti, trasformandosi sono quelli, e quelli a loro volta, sono la “dynamis”, concorde e discorde, armonica e disarmonica. Il “cosmos”, in Eraclito https://www.treccani.it/enciclopedia/eraclito-di-efeso 
è “pólemos”, conflitto, è “dynamis”  e per Senofane “è l’incertezza che guida una dissennata mente, si è trascinati, sordi e ciechi, sbalorditi e senza giudizio... essere e non-essere sono considerati la medesima cosa e non sono la medesima cosa”.

  • Le forme della “dynamis”

Il mondo trae origine dalla molteplicità delle forme della “dynamis” visibile e invisibile nelle dinamiche materiali e immateriali.
Non è solo una caratteristica fisica della materia ma anche una struttura ontologica della “dynamis”.

  • La biforcazione della “dynamis”

Fin dall'origine, nella “dynamis” è presente una biforcazione quale coesistenza di due “dynamis”: dell'ente e l'eristica dinamica interna, “dis-cordia” dell'entità.
La storia della “dynamis” è intrisa di due contemporaneità, sorgenti in simultanea, tra nascita dei fondamenti e crisi degli stessi: la contrapposizione tra “il nihil est sine ratione”, niente è senza ragione, ovvero nessun ente può esistere senza un fondamento che è il primo assioma logico della razionalità moderna, e l'affermazione di A. Silesio per cui “la rosa è senza perché; poiché fiorisce di sé, non gliene cale; non chiede d'essere vista”

https://www.treccani.it/enciclopedia/angelus-silesius

  • Le stringhe: un piccolo filamento di energia vibrante

Nel “Simposio” di Platone l’amore, Eros, è figlio di “bisogno” e “povertà”, “penìa” e “poros”, è mancanza e desiderio generati anche dal taglio del cordone ombelicale: il “nodo” rompe la simbiosi con la madre e crea una “mancanza” (il riferimento platonico ante litteram alla topologia) rappresentata dal vuoto del “toro” per la psicoanalisi topologica di Lacan per il quale legami e separazioni sono costitutivi dell’inconscio: qui l'analisi si innesta a quella delle superfici: dal nastro di Möbius alla teoria dei nodi.
Oltre agli elettroni e ai “quark”, c'è un altro livello di struttura, un piccolo filamento di energia vibrante; questi filamenti vengono piegati, arrotolati, in una configurazione descrivibile attraverso una geometria dei “nodi” o dei “nastri” https://it.m.wikipedia.org/wiki/Teoria_delle_stringhe

Leopardi anticipa quando scrive in “questo globo ove l'uomo è nulla, sconosciuto è del tutto”, quei “nodi quasi di stelle” delle geometrie non euclidee (nodi, dei tori, anelli, etc.) si interessano delle trasformazioni.
Dal canto suo, Lucrezio parla del vuoto e ci fa ricordare l'indeterminazione di Heisenberg e Planck.

  • Lo  “human-tech-space”  di Internet

L’uomo vive nella realtà metamorfica dello “human-tech-space” di Internet https://www.ansa.it/pressrelease/lifestyle/2021/11/13/lo-human-tech-space-di-internet-come-singolarita-topologica_156c748d-76f4-4f39-b6e3-64a59e83213d.html

una singolarità topologica, simile allo spazio del mito che, nelle sue multiformi declinazioni, costituisce un sistema autopoietico in trasformazione come le strutture del “chaos” e la topologia.

  • La bellezza in un nastro di Möbius

La bellezza e il sublime sono due poli in un continuo: un polo è la bellezza associata a un principio di organizzazione, con un senso della leggerezza e un ordine equilibrato e che ha una qualità debolmente decorativa, l'altro polo è il sublime che rappresenta una disorganizzazione non solo esterna, ma suggerisce una disorganizzazione interna, sistematica perché è dall’inabilità di organizzare quella cosa che il senso di disorganizzazione sorge.
E' la differenza tra due spazi topologici che s’incontrano come in un nastro di Möbius

https://frame-frames.blogspot.com/2022/03/giacinto-plescia-la-bellezza-la.html?m=1

un fiore, un poema, un dipinto, o un brano musicale, che possieda bellezza del primo genere può essere vista anche come bellezza del secondo genere.

La “physis” opposta o bistabile che si biforcha o si trova in una spazialità möbiusiana: la valutazione estetica della natura si dà aldilà del formulario in uso.

  • Anassagora: la materia, la forma ed il cambiamento

Solo l’equilibrio, che però resta instabile, tra i fenomeni può generare un cosmo ordinato, infatti il mondo è in continuo cambiamento e la discordia è necessaria perché ci sia mutamento e movimento dei fenomeni naturali.
Anassagora propose non solo che la materia fosse infinitamente divisibile, sia nello spazio che nel tempo, ma che la divisione generasse un sistema infinito ulteriormente divisibile all’infinito, quale infinita varietà di tutti i fenomeni fisici.
La materia e la forma non sono separabili l’una dall’altra, la materia non sempre si lascia dominare dalla forma, a volte le si oppone: eterna è invece la loro vicenda di trasformazione, poichè eternamente si trasformano l'una nell'altra.

  • La Fisica di Aristotele

Aristotele utilizza l'idea di forza come essenza della materia e di spazio come relazione della “dynamis” inseriti in una armonia prestabilita o l'essenza assoluta dello spazio che, assieme al tempo assoluto, sono, dal punto di vista epistemologico aristotelico, forza o “dynamis” dell'ordine cosmico, “specimen dynamicum”.
Ogni fenomeno fisico può essere dinamico, può essere ricondotto a fenomeni dynamici o potenza generatrice con in sé il principio di ogni mutamento.

  • La “dynamis”, la forma, la materia e l'indeterminatezza

La “physis” è mobilità, anzi è l’attualizzazione di una “dynamis”  o potenzialità: l’atto si identifica con la forma, la potenza con la materia.
La potenzialità della materia, infatti, è tale per cui essa può essere diversamente da come dovrebbe.
Aristotele svelò per primo l’indeterminatezza della materia.
Vi sono eventi nella indeterminatezza, ma tutto si muove in vista del motore immobile.

  • I luoghi ed i corpi

La fisica è scienza dei corpi in movimento ed è nel luogo che si svolge il movimento di una sua potenza: la “dynamis” quale ontodinamica dell'essere dell'ente stabile in uno “spaziotempo”.
Pare che il luogo coincida con ciò che delimiti un corpo, con la sua forma, e la sua estensione sia commisurata alle dimensioni della grandezza delimitata della materia del corpo, di cui la forma è limite.
Ma è impossibile, dal momento che la forma e la materia non sono separabili da un corpo, mentre il luogo può esserlo.
Corpi e luogo sono tra loro distinti, ma correlati, in contatto ma non sovrapponibili, l'uno è contenente, l'altro contenuto; nessuno dei due è assolutamente in sè stesso, bensì l'uno in funzione dell'altro, ma l'uno è ciò in cui qualcosa è contenuto, l'altro invece ciò che è in qualcos'altro ed essi non appaiono coincidenti né all'evidenza, né al ragionamento.
Si può perciò dire che ogni cosa è in un luogo come in un recipiente, è cioè circondata da qualcosa che la contiene e la delimita e che è perciò ad essa commisurato, ma non si identifica con essa né con la sua forma.
Il luogo è quindi il limite primo del contenente, ossia ciò che immediatamente delimita un corpo in quanto suo recipiente, ma non è parte del contenuto il luogo è un intervallo che si frappone nei corpi come una porzione di grandezza capace di sussistere separata e per sé, indipendentemente dal movimento.

  • Il cosmo come sfera

Il cosmo è completezza da ogni parte, simile a una ben rotonda sfera, dal centro uguale in ogni parte: né in qualche modo più grande né più piccola sia o quantitativa, ma qualitativa: da ogni parte “dynamis”, è un tutto inviolabile nei suoi confini o nell'”apeiron”.
Si è di fronte ad una sfera con le sue qualità di solidità, integrità, omogeneità e equilibrio con una significanza cosmologica: l’essere della “physis” è l’universo, espressione dell’intero cosmo.

  • La “dynamis-energheia-entelécheia”

La forma è attività, ciò che si realizza, unificazione di “dynamis”, “energheia” e “entelechia”.
La “dynamis-energheia-entelécheia”, si presenta come biforcazione dell'essere.
Ciò che è stabile e presente ha il carattere del movimento o della quiete nella quale il movimento si è concluso, è connotato come “dynamis-èrgon” ed “enèrgheia”; nel mutamento della “enèrgheia” nella “actualitas”, ogni evento ha una struttura ontologica: l'”enérgheia” e l'”entelécheia”.
Il “dynamei ontos entelekeia a-ateles”
Essere vuole dire essere costante, rimanere continuo; ed il tempo della cosa che continuamente è presente, è presenza.
Aristotele pensò all'esserci che ha la potenza, “dynamis” , essere alterità e che il movimento è un modo di “essere-in-atto”, “dynamei ontos entelekeia a-ateles”, quale momento dell'essere e momento del “non-essere”.
L'atto è la potenza, l'accedere della potenza dinamica, attraverso cui la potenza si trasforma in atto, è l'immagine: esiste in sé soltanto in potenza.

  • La “dynamis”, la “physis”, l'”astrophysis”

Alla illimitata potenza o “dynamis” è consentita una vitualità di movimento infinito, quale fondamento delle interazioni nel moto eterno; sono possibili innumerevoli “kosmoi micromacrocosmi” per cui si eventua la “transformazione” della “physis”.

  • Aristotele: “l’apeiron-dynamis”

Non c'è una misura mondana della potenza della “dynamis”: non la si afferra mai, in un punto non la si trova, si disperde come in un labirinto dynamico e nell'”apeiron”.
Il contenuto cosmogonico dei frammenti delinea uno svolgimento aperto, irreversibile che ha, nel tutto infinito e indifferenziato, “l’apeiron-dynamis”, l'azione di un motore, forza discriminante: è l’alternativa lineare al ciclo cosmico e l’introduzione di una “forza-dynamis” motrice intelligente, “apeiron-dynamis”.

  • L'”apeiron”

L'”apeiron” illimitato, infinito, indeterminato, senza fine, privo di limiti, qualitativi e quantitativi. non rinvia ad altra fondazione: una forza che va al di là della temporalità.
Tutto o è un principio o deriva da un principio: ma dell'infinito non vi è, perchè altrimenti avrebbe un limite, è ingenerato e incorruttibile, allo stesso modo di un principio, poiché ciò che è generato ha anche una fine, non vi è principio, ma sembra essere il principio d’ogni altra cosa e comprendere in sé tutte le cose e a tutte le cose essere guida all'infuori dell'infinito.

  • Le distanze discrete ed il continuo

Aristotele inventò così le distanze discrete irriducibili nella temporalità nella “dynamis” dell'essere in atto nella presenza, di essere in potenza nel futuro o nel futuro anteriore quale passato.
Il continuo è il sostrato, il supporto, lo sfondo su cui si pongono in rilievo le varie figure e forme.

  • Spazio, tempo e moto in Newton e in Einstein

Tra la teoria newtoniana dello spazio, del tempo e del moto e la teoria della relatività speciale di Einstein, viene da dire che la teoria vera è la relatività speciale.
La teoria newtoniana funziona molto bene in un certo dominio: relativamente ad esso “salva i fenomeni” esattamente come la teoria della relatività, e la sua descrizione dello spazio e del tempo può essere “vera”.
La verità di una teoria fisica può, quindi, dipendere non solo dalla sua interpretazione, ma anche da domini interteorici o adeguatezza intersoggettiva.

  • Le teorie in fisica

La fisica, sia classica sia quantistica, ammette una teoria con diverse interpretazioni; o altrimenti detto, se includiamo nella definizione di una teoria anche la sua interpretazione, due diverse teorie che descrivono gli stessi fenomeni: la meccanica quantistica è una teoria fisica con una definita struttura formale e una determinata portata empirica, ma con un problema interpretativo ancora aperto.
Le interpretazioni di questa teoria sono infatti molteplici: dalla “teoria dei molti mondi” alla “teoria della riduzione dinamica” e alla ‘teoria della decoerenza’.
Ognuna di queste interpretazioni ci dice qualcosa di diverso su come è fatto il mondo descritto dal formalismo quantistico.
La domanda sulla verità di una proposizione come “l’elettrone ha una traiettoria ben definita”, ovvero se una particella microscopica come l’elettrone abbia una traiettoria ben definita, secondo alcune intepretazioni la domanda avrà una risposta negativa, secondo altre interpretazioni una risposta positiva. La risposta dipende dunque dall’interpretazione scelta.

  • Il criterio di oggettività intersoggettiva

Nello spirito della teoria della relatività, l’invarianza delle leggi fisiche rispetto alle trasformazioni “spazio-temporali” esprime l’invarianza rispetto a cambiamenti dei sistemi di riferimento o “osservatori”.
Su questa base, è quindi possibile porre le invarianze “spazio-temporali” in rapporto con un criterio di oggettività intersoggettiva della descrizione fisica: le leggi mediante le quali descriviamo l’evoluzione dei sistemi fisici hanno valore oggettivo in quanto non cambiano.
Oggettivo è ciò che è invariante rispetto al gruppo di trasformazioni dei sistemi di riferimento, oggettività significa invarianza.

  • Verità e teorie

La nozione di verità rispetto a un modello fisico è di carattere parziale, come quella di “adeguatezza empirica”.
L’uso di nozioni ‘parziali’ di questo tipo, che sono in qualche modo alternative a quella generale di “verità di una teoria”, risponde a un’impostazione che ritiene più opportuno concentrarsi su aspetti pragmatici e empirici che non su domande come “la teoria è vera?” o “sotto quali condizioni la teoria è vera?”.
Se la verità di un’intera teoria è determinata dal fatto che il mondo reale sia effettivamente come la teoria dice che deve essere, che cosa succede nel caso che una teoria ammetta più di un’interpretazione, cioè nel caso che, secondo la teoria, il mondo reale possa essere fatto in due o più modi diversi?
Ma il vero problema è che cosa succede della verità dell’intera teoria.
Come possiamo giudicare, in tal caso, della verità della teoria?

  • I problemi d'indecidibilità, le teorie, le applicazioni e la scientificità

Se la pratica sperimentale non contraddice i risultati teorici si è sicuri della bontà della teoria ma non certo della sua intrinseca oggettività.
Essa non è garantita neppure dalla adozione di strumenti di calcolo estremamente sofisticati che sono, pur sempre, storicamente determinati dalla prassi gnoseologica umana.
Ma che ne è dell'obiettività universale dello strumento matematico se non è in grado di liberare la conoscenza e la scienza dai vincoli della storia e dar loro valore euristico?
Quando problemi d'indecidibilità insorgono nelle scienze esatte e si ripercuotono in tutti gli altri settori del sapere, che fare? Se per Gödel

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Kurt_G%C3%B6del

esisterebbe sempre un'affermazione vera dell'aritmetica non deducibile dagli assiomi, si può affermare che i modelli matematici non deducono le leggi fisiche, anche se questo assunto generale impera tuttora in tutti i campi e le culture: anche tra gli empiristi o sperimentalisti che regolano le loro scoperte secondo assiomi predeterminanti: l'esperimento o la sequenza statistica di dati tratti dalla verifica diretta.

Ecco il paradosso: per comprendere la logica vera, solo sui numeri interi, sono necessarie infinite nuove definizioni.
Se ciò è rigorosamente formalizzato e scientifico per la teoria dei numeri, maggiori limitazioni e paradossi sono applicabili in altri domini del sapere.
Per confutare le teorie esistenti non è sufficiente ritrovare i prodromi teorici in altri teorici preesistenti, né stabilire le filosofie di appartenenza abbinate ad epoche storiche ed appellarsi al progresso scientifico; men che mai credere nella verifica dell'applicabilità, giacché scienziati non sospetti di catastrofismo sono adeguatamente coscienti che tutte le teorie, le più incoerenti e le meno rigorose, sono suscettibili di applicazione e non tutte le applicazioni possiedono barlumi di scientificità.

  • La decostruzione della “physis” tra pratica ontologica, ermeneutica ed epistemica

“Ci sono asserzioni formulate in modo esatto che non sono nè vere né false” per Gödel “La matematica rimette in discussione la possibilità di misurazione”  per Thom https://it.m.wikipedia.org/wiki/Ren%C3%A9_Thom  mentre le riflessioni sui fondamenti della filosofia, della fisica, della matematica i problemi ontologici e fondazionali della meccanica quantistica, relative alla realtà subatomica e le nanotecnologie consentono una interpretazione “ontopoietica” della natura e portano verso una costruzione e decostruzione della “physis” oscillante tra pratica ontologica, ermeneutica ed epistemica.

Alla spiegazione scientifica deterministica, causale della fisica classica, alle traiettorie lineari si contrappongono forme inaspettate e fenomeni di cui non possiamo prevedere l’evoluzione a partire delle condizioni iniziali e si afferma, la concezione della conoscenza come relazione e come conoscenza di relazioni.

  • La “physis” ed il “chaosmos”

La “physis” si dispiega nel “chaos e cosmos”, tra insieme ordinato ed elemento dinamico: è il “chaosmos” che interviene a turbare equilibri preesistenti e crea eventi in continuo divenire.
In principio il “chaosmos” è isologico con la “physis” e, a sua volta, questa isologia è possibile interpretarla come un “attrattore strano” ove la “physis” si evidenzia con un orizzonte, una forma, una formula rigorosa e completa ma che in sè possiede infiniti itinerari labirintici.
Joyce col suo ossimoro “chaosmos” volle definire un senso che fosse, nello stesso tempo, un “cosmos” non ordinato e non prevedibile; questa parola vuol dirci che l'antica distinzione tra ordine e disordine, tra “cosmos” e “chaos”, tra tempo ordinato e tempo disordinato, possono trovare un punto di fusione nell'essenza del “chaosmos” ovvero in un “cosmos” ove non regna più la simmetria apollinea ma fa da padrona l'asimmetria dionisiaca.
Lo “spazio-tempo” ove il “chaos” viene alla luce per generare mondi abitati da una caoticità imprevedibile ed indecidibile dove trovano dimora dei ed uomini quindi il dionisiaco, l'apollineo e l'umano che non è nè dionisiaco nè apollineo ma è l'uno e l'altro.
Forse il “chaos” è compresente in tutte le dimensioni dell'universo e non appare leggibile per la razionalità, per il sapere ed il calcolo.
Si può definire “l'ontologia del chaos” quale rappresentazione dell'essenza delle cose nella propria dimensione non delineata da nessuna cultura.
Perché il “chaos” possa essere considerato un oggetto di osservazione, quindi, si dovrà trovare una soggettività visiva che ne delimiti l'orizzonte, il senso e la forma.
Nella monade leibniziana, quale sfera contenente in sé il “chaos” e il “cosmos”c'è un succedersi di simmetria ed asimmetria, di “cosmos” e “chaos” si può parlare di un “attrattore strano” avente una dimensionalità temporale caotica ed una dimensionalità spaziale cosmica e questa è una singolarità.

  • Lo “zeit-raum” mozartiano ed il chaosmos

“Zeit-raum”, nella sua originarietà, significa “spazio-tempo” ovvero il senso del periodo quale fu formulato in origine: “perì-odòs” limite intorno ad una strada, ad un sentiero.
Nel periodo musicale, nello “zeit-raum” di Mozart è già presente il “chaosmos”, la sua è la prima musica col senso dello “zeit-raum”, del periodo che ha in sé una simmetria, rigorosità, completezza apollinea, cosmica ma che, nella sua essenza, al suo interno conserva e svela un disordine, un'asimmetria, una tonalità che va oltre l'ordine musicale esistente.

  • Lo “zeit-raum” quale metafora del “chaosmos”

Lo “zeit-raum” sarà quindi, quale metafora del “chaosmos”, lo spazio cosmico entro cui è possibile far soggiornare il tempo caotico e nel contempo il tempo cosmico, ove soggiorna lo spazio del “chaos”.
Nello “zeit-raum chaosmico” è possibile che lo spazio ed il tempo siano governati da una “differenza”: tempo ordinato e spazio disordinato, tempo caotico e spazio cosmico.
Si potrebbe anche evidenziare una fenomenologia in cui una spazialità cosmica sia abitata da una temporalità caotica e viceversa.

  • La forma e la morfologia del vivente

In riferimento alla morfologia del vivente, la forma non appare come un dato ma come un processo, come l'esito di metamorfosi regolate da leggi geometrico-topologiche (d'Arcy W. Thompson).
“Il problema centrale della biologia è la problematica della forma della morfogenesi da Goethe a Geoffroy-Saint-Hilaire a d’Arcy Thompson. Ci si dovrebbe chiedere se la maggioranza delle forme biologiche non sono costrette, a causa della loro stabilità interna, a una fissità di principio, così che il salto da una ‘forma-tipo’ ad un’altra dovrebbe determinarsi molto rapidamente catastroficamente”. (Thom, Rivista di Biologia)Le forme hanno una loro dinamica e, accanto ai domini di stabilità, si osservano situazioni nelle quali piccole modifiche provocano grandi cambiamenti: l'immagine retinica di un oggetto varia in continuazione, tuttavia esso viene percepito come lo stesso oggetto finché le sue variazioni non lo perturbano troppo allora emerge una nuova forma, cioè si produce una catastrofe, un nuovo livello di stabilità strutturale del fenomeno: la morfogenesi si occupa di studiare tali processi.

  • La teoria delle catastrofi: Renè Thom

Le traiettorie nello spazio geometrico sono strutturalmente stabili solo per un certo intervallo, fuori da quell’intervallo si salta su traiettorie diverse con una transizione rapida, biforcazione, e a volte discontinua: nasce una catastrofe (Poincaré e Thom).
Punti problematici, a tangente orizzontale, sono detti punti critici o singolari, le singolarità: centri organizzatori della catastrofe.
I modelli scientifici della fisica, non sono in grado di spiegare il comportamento dei fenomeni di produzione delle forme mentre i modelli catastrofici forniscono intelligibilità a fenomeni apparentemente molto diversi tra loro.(Thom)
Il dato di osservazione è dotato di una struttura e di un’organizzazione (le pregnanze), che l’uomo, grazie alla sua capacità di modellizzare, giunge a rappresentarsi: i concetti di isteresi, pregnanza, salienza, singolarità sono utili strumenti di analisi. 

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