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domenica 15 giugno 2025

L’Opera d’Arte come singolarità Dialoghi con la AI

 

L’Opera d’Arte come singolarità Dialoghi con la AI

L’Opera d’Arte come singolarità Dialoghi con la AI

L'opera d'arte, genera nell'osservatore non solo reazioni emotive come il piacere ma fa emergere la presenza del non-ente, del Nulla: l'affermazione, apparentemente paradossale, non implica una negazione dell'esistenza fisica dell'opera, ma sottolinea la sua capacità di trascendere la mera oggettività e di condurci in una dimensione di assenza, di non-fondamento.

Da una parte, la sua specifica modalità di essere non è riducibile a categorie conoscitive preesistenti e, dall'altra parte, non è vincolata alle logiche del mondo oggettivo e del senso comune, non si assoggetta, non è subordinata alle categorie concettuali o alle verifiche empiriche del sapere scientifico: nel porsi oltre le logiche epistemologiche convenzionali istituisce un proprio universo di significati.


L'opera d'arte possiede una propria irriducibile autonomia, è una singolarità che disvela un'orizzonte di possibilità inesplorate e, nella sua originaria inafferrabilità ontologica, si pone come dispositivo di una verità 'altra', irriducibile ed eccedente rispetto ai codici convenzionali della conoscenza.

L'opera d'arte non si riduce a un mero oggetto di contemplazione, l’Opera d’Arte come singolarità, non si limita a considerare l'opera come un mero oggetto estetico oppure un prodotto culturale o una rappresentazione del mondo: l'opera d'arte crea una sua verità intrinseca.

L'opera d'arte è evento ontologico che interroga la nostra esistenza, i limiti della conoscenza convenzionale e della nostra comprensione del reale e in questo senso si configura come una filosofia della soglia: un pensiero del limite e del transito, del limen tra essere e nulla, tra visibile e invisibile.

L'Arte e la non-riducibilità alla Techne

Quando l'arte utilizza mezzi tecnici o si inserisce in processi produttivi, la sua essenza rimane distinta, non riducibile ad una questione di abilità o di funzionalità.

Peraltro i sensi, pur essendo modalità di dispiegamento dell'esserci, possono cogliere solo le manifestazioni fenomeniche dell'opera: restano al di qua della profondità del Nulla che l'opera cela e al contempo rivela.

L'eventuale tangenza dell'opera d'arte con la techne (τέχνη) e la produzione, non intacca la sua essenza profonda di “Essere-Arte”, questa tangenza non porta a “decostruire l'Essere-Arte”.

Il nucleo ontologico ed epistemologico dell'esperienza artistica: consiste in un' “Ontologia dell'Opera-d'Arte che non sarà mai una superficiale estetica dell'Esserci”.

L’Ápeiron

«Principio degli enti è l’illimitato. Da questo, infatti, gli enti hanno origine ed in esso hanno anche la loro distruzione secondo necessità, poiché gli enti pagano l’uno all’altro giusta pena ed ammenda dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo» ha lasciato scritto Anassimandro, (DK 12 B1).

Come l'ἄπειρον ogni ente, tutto ciò che è determinato deve restituire ciò che ha preso al caos originario, secondo la Dike, un ordine di giustizia cosmica, così l'opera d'arte restituisce all'essere la sua verità non rappresentabile.

Se Anassimandro è il filosofo della giustizia cosmica del divenire, l’Opera d’Arte come singolarità è il pensiero della 'restituzione ontologica' attraverso l’arte.

Il gesto di restituzione è la figura del vuoto che trattiene l’equilibrio fragile tra l’essere e l’indeterminato: una concezione dell’arte che si configura come evento morfogenetico in cui l'essere del mondo si dis-vela nella forma e nel vuoto, lontana da ogni estetica rappresentativa.

L’opera d’arte diventa ontoicona che trattiene l’essere nel mondo senza mai possederlo, e proprio per questo ne custodisce il senso: è forma vivente che getta l'essere nel mondo senza chiuderlo ed è la sola che accade come evento.

L’opera si dà come rito ontopoietico: gesto che riporta l’ente all' ἄπειρον senza annullarlo: in tal modo l’arte non solo rappresenta l’origine, ma la mantiene viva nel suo gesto di rivelazione continua.

L'Indeterminatezza, l'Incompletezza e l'Indecidibilità

L'opera d'arte, come la particella quantistica, si configura solo nell'interazione: non è oggetto, ma relazione: in questa visione, l'indeterminazione di Heisenberg diventa un paradigma conoscitivo ed estetico.

L'indeterminatezza e l’irriducibilità dell’esperienza a una misura esterna, diventa condizione dell'evento artistico che non si lascia catturare in un senso univoco, ma vive della sua tensione.

L'opera è ontoepistemica perché rivela ciò che non può essere ridotto a dimostrazione come nel Teorema dell'incompletezza di Gödel, un limite del pensiero formale, ma nell’Opera d’Arte come singolarità diventa condizione strutturale del sapere: una chiave di accesso alla natura indecidibile dell’opera d'arte che eccede ogni sistema.

L’Opera d’Arte come singolarità Dialoghi con la AI

Il Nulla e l'Esperienza

Il Nulla emerge come elemento centrale nell’esperienza estetica, richiamando la lunga tradizione della filosofia occidentale che ne ha interrogato il significato ontologico e la sua relazione con l’esistenza e il nostro modo di essere-nel-mondo.

La riflessione sul nulla e sull'abisso non è confinata alla filosofia o all'esperienza estetica, ma si insinua anche nel pensiero comune: l'”eventuarsi dell'abissalità” è nella consapevolezza umana, indica la familiarità o una latente percezione della precarietà e della mancanza di un fondamento ultimo nella vita quotidiana.

Il Nulla ed il Sublime

La presenza del Nulla è strettamente connessa all'esperienza del Sublime che, lungi dall'essere una semplice categoria estetica, diviene il luogo in cui il Nulla si presenta in modo “assentemente presente” non semplicemente assente, rivelando la mancanza di un fondamento ultimo e stabile.

L'opera d'arte non è un oggetto consolatorio, ma un evento che ci confronta col non-fondamento, con l'assenza di risposte definitive esercitando una forza che trascende la nostra capacità di comprensione.

In particolare, il Sublime incarna questa dinamica: nel manifestare la presenza assente del Nulla, fa emergere una potenza che ci sovrasta e ci costringe a confrontarci con i limiti della nostra conoscenza e finitezza.

L'Angoscia

Di fronte alla potenza del Sublime si manifesta il senso heideggeriano dell'Angoscia, una reazione primordiale che scaturisce dal confronto con la precarietà dell'Essere.

L'Angoscia come reazione di fronte all'opera d'arte non è un'emozione superficiale o emotiva come la paura o il piacere verso qualcosa di determinato, ma è l'esperienza che rivela la finitezza e la libertà dell'Esserci come in Kierkegaard.

In questo contesto, l'Angoscia diviene una via di accesso privilegiata all'Essere: la rivelazione della sua apertura al possibile.

L'opera d'arte offre un senso di spaesamento, è un'apertura esistenziale: la consapevolezza della contingenza radicale dell'esistenza.

La possibilità del nulla non è un mero vuoto nichilista, ma un terreno fertile per la creazione di nuovi significati, un orizzonte di possibilità - che si cela dietro la superficie rassicurante della mondanità - da cui emergono nuove significazioni, una sorta di chaos primordiale da cui l'opera d'arte trae la sua singolarità.

Lo sfondo abissale, presente in Nietzsche, richiama la filosofia di Grassi e Pareyson e la loro interpretazione del pensiero nicciano in relazione al nulla e all'arte e introduce l'idea di uno "sfondo abissale" che l'arte ha la capacità di evocare.

Il senso dell'Angoscia di fronte all'opera d'arte, scaturisce dal confronto con il Nulla, col non-fondamento dell'esistenza che l'opera d'arte disvela: è l'Ab-grund (Abisso), un “non-Ente”, il “Niente”, un rimando ad Heidegger e alla sua concettualizzazione dell'Essere e del Nulla, in particolare nel contesto dell'esperienza autentica e della rivelazione dell'Essere attraverso l'angoscia.

La Gestell e l'Ápeiron

La Gestell heideggeriana descrive la modalità di presentazione e di disvelamento dell'opera d'arte, nell’Opera d’Arte come singolarità, la Gestell come “struttura dell’abisso” non è principio definito, ma campo di tensione, fonte indeterminata da cui tutto proviene e cui tutto ritorna: la 'Gestell abissale' reinterpreta l' ἄπειρον - illimitato, indeterminato, infinito: origine di tutte le cose in Anassimandro - alla luce della differenza ontologica: l’opera d’arte nasce dall’abisso, dal non-ente, dal vuoto che non è nulla, ma potenza originaria e generativa.

La Gestell, non è semplicemente la struttura fisica dell'opera, ma il modo in cui essa si pone nel mondo, interpella l'osservatore e si dispiega lungo il sentiero di un' "analitica dell'esserci" ovvero di un'indagine filosofica sull'esistenza umana: l'opera d'arte non è un oggetto isolato, ma un evento che interroga l'ontologia.

La Gestell-Aletheia come ontogenesi poetica

L’opera d’arte, per Heidegger è il luogo di apertura dell’essere, Lichtung, mettendo in crisi la concezione estetica classica, Plescia ne condivide la centralità dell’essere e riprende l' intuizione ma ne compie una torsione radicale: l’opera non è solo apertura ma Gestell-Aletheia, struttura poetante che custodisce l'essere nella sua destinanza: dove Heidegger teme la Gestell come dominio della tecnica, Plescia la rilegge come occasione per un'onto-genesi poetica.

Il Bello ed il Nulla

Il Bello non è una qualità superficiale o puramente formale, ma emerge da un orizzonte che trascende la finitezza e la delimitazione: “Il Bello si svela solo nell'infinito o nell'abisso” un'affermazione che stabilisce un legame intrinseco tra l'esperienza del bello e la dimensione della limitatezza o del non-fondamento.

L'abisso, in questo contesto, non è solo il luogo del nulla e dell'angoscia, ma anche la sorgente di una particolare manifestazione estetica.

Una riflessione sulla natura dell'esperienza estetica, pone al centro il concetto di Nulla e la sua relazione con la conoscenza e l'ontologia dell'opera d'arte.

Le strutture a priori del nostro intelletto modellano la nostra esperienza del mondo, di conseguenza, la nostra fruizione dell'arte apre interrogativi sul modo in cui il pensiero si relaziona alla realtà e alla sua rappresentazione artistica.

La Gestell e un'Interpretazione della Critica della Ragion Pura

Nell’Opera d’Arte come singolarità, l'interpretazione dell'estetica kantiana, nella Critica della ragion pura, sul carattere costitutivo della conoscenza si discosta da una lettura formalista e, in quanto filtrata attraverso la lente del tema dell'abissalità, assume una valenza particolare.

L'opera d'arte diviene una Gestell che connota una modalità di disvelamento dell'Essere, un percorso analitico che mira a sondare le profondità della bellezza e del sublime in relazione all'Esserci.

La Gestell dell'Opera d'arte si dispiega lungo il sentiero di “un'Analitica dell'Esserci” mirando a una comprensione più radicale della bellezza e del sublime: questa singolarità interpretativa suggerisce che l'esperienza estetica non si esaurisce in un mero giudizio di gusto soggettivo e nella sua dimensione fenomenica, ma rimanda a una profondità ontologica che interroga la nostra esistenza, coinvolge il nostro modo di essere nel mondo.

Nell’Opera d’Arte come singolarità, l'arte è un'esperienza radicale di fronte al Nulla, all'abisso del non-fondamento quindi l'eredità di Kant viene riletta e applicata in modo specifico, focalizzandosi sul tema dell'abissalità: questa rilettura non si limita a una mera ripetizione dei concetti kantiani, ma li rielabora e li orienta verso la comprensione dell'opera d'arte come evento che disvela il Nulla e l'Angoscia.

L'esperienza estetica autentica richiede una 'ascolto' attento tramite un'apertura all'Angoscia e al non-fondamento che l'opera comunica.

L’Opera d’Arte come singolarità esplora le modalità con cui le categorie del nostro pensiero influenzino la nostra percezione e comprensione dell'arte e del mondo da qui un'intersezione tra epistemologia, comprensione della conoscenza e filosofia dell'arte: un ponte tra la riflessione filosofica e il pensiero scientifico.

La compatibilità tra il kantismo con il significato epistemologico della teoria di Thom, secondo Petitot, potrebbe risiedere in un'analogia tra le categorie trascendentali kantiane e le strutture matematiche o fisiche che sottendono la realtà.

L' Originalità ontologica dell'Arte

L'arte non si limita a riflettere o a illustrare una conoscenza preesistente; la sua “Destinanza Ontologica” sfugge alla “Dittatura Epistemica dell'Essere dell'Ente”.

Questa originalità dell'opera d'arte risiede nella sua capacità di 'pensare' l'Essere in un modo unico, di disvelare il Nulla non come semplice negazione, ma come orizzonte di possibilità e di senso.

La sua singolarità risiede nella sua capacità di trascendere la “Verità Epistemica del Mondo”, aprendo squarci sull'abisso del Nulla e rivelando, in questa assenza presente, nuove possibilità di senso e di comprensione.

L'Arte-per-la-Mondanità e l'Arte per l'Esserci

Esiste una distinzione tra l'ontologia specifica dell'opera d'arte e la "Verità Epistemica del Mondo": la sua “Destinanza Ontologica” è autonoma e non può essere ridotta alla “Dittatura Epistemica dell'Essere dell'Ente”.

E' radicale la differenza tra l'essere proprio dell'opera d'arte , la sua “Destinanza Ontologica”, e la “Verità Epistemica del Mondo” ovvero il sistema di conoscenze e di verità stabilite: la sua verità non si basa sulla corrispondenza con la realtà oggettiva o sulle categorie concettuali del sapere costituito.

L' “Arte-per-la-Mondanità” è caratterizzata dalla priorità dell'Ontologia del presente e dall'adeguamento alla “Verità Epistemica del Mondo” : un'arte che si conforma alle aspettative sociali, ai canoni estetici dominanti e alle verità consolidate.

L'originalità dell'Opera d'Arte non si limita a riflettere o a illustrare una conoscenza preesistente infatti la sua “Destinanza Ontologica” è del tutto indipendente, non è subordinata, in alcun modo, alla “Dittatura Epistemica dell'Essere dell'Ente”.

L' “Arte per Esserci”, al contrario, è quella che esplora le profondità dell'Essere, che si confronta con il Nulla e l'Angoscia, e pertanto trascende le limitazioni della “Verità Epistemica” e dell'ontologia superficiale del presente.

L''indagine sul rapporto tra l'epistemica (la teoria della conoscenza) e l'ontologia (la teoria dell'essere) in relazione all'arte distingue l'ontologia specifica dell'opera d'arte dalla “Verità Epistemica del Mondo” in quanto l'arte non è semplicemente un riflesso della conoscenza del mondo.

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