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domenica 2 settembre 2018

K.MARX A COLORI:IL CAPITALE,LIBRO 1^ : Capp.11^ - 12^ - a 200 anni dalla pubblicazione

K. MARX: IL CAPITALE




                    

CAPITOLO 11
COOPERAZIONE

RIASSUNTO
come abbiamo visto,

la produzione capitalistica comincia realmente solo quando
il capitale individuale impiega, allo stesso tempo, un numero considerevole di operai allo stesso tempo e luogo,
per la produzione dello stesso genere di merci, sotto il comando dello stesso capitalista
e quindi
il processo lavorativo s’estende e fornisce prodotti su scala quantitativa considerevole.
costituisce storicamente e concettualmente il punto di partenza della produzione capitalistica

es. in riferimento al modo della produzione,
la manifattura si distingue, ai suoi inizi, dall’ industria artigiana delle corporazioni
per il maggior numero degli operai occupati contemporaneamente dallo stesso capitale:
si ha solo un ingrandimento dell’officina del mastro artigiano: 



in un primo momento la differenza è semplicemente quantitativa.

si è visto che
la massa del plusvalore, prodotta da un dato capitale,
è eguale al plusvalore fornito dal singolo operaio moltiplicato per il numero degli operai occupati allo stesso tempo:
questo numero non cambia il saggio del plusvalore, ossia il grado di sfruttamento della forza-lavoro
e ogni cambiamento qualitativo del processo lavorativo sembra indifferente per la produzione di valore in merci

questo consegue dalla natura del valore:
se 1 giornata lavorativa di 12 ore si oggettiva in 72 €, 1.200 giornate come quella si oggettivano in 72 € x 1.200:
in quest’ultimo caso si sono incorporate nei prodotti 12 x 1.200 ore lavorative, nell’altro 12.
nella produzione di valore molti contano solo come molti singoli:

dunque
per la produzione di valore non fa nessuna differenza
che 1200 operai producano singolarmente,
oppure riuniti sotto il comando dello stesso capitale

tuttavia
ha luogo una modificazione:  
lavoro oggettivato in valore è lavoro di qualità sociale media;
dunque
esplicazione di una forza-lavoro media:

ma una grandezza media esiste solo come media di molte differenti grandezze individuali dello stesso genere,
in ogni ramo d’industria l’operaio individuale, Pietro o Paolo, s’allontana dall’operaio medio:
queste differenze individuali si compensano e scompaiono appena si riunisca un numero considerevole di operai.


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E’ chiaro che
la giornata lavorativa complessiva d’un numero considerevole di operai occupati nello stesso tempo,
divisa per il numero degli operai una giornata di lavoro sociale medio
es.
la giornata lavorativa del singolo sia di 12 ore,
allora la giornata lavorativa di 12 operai costituisce una giornata lavorativa complessiva di 144 ore
e benchè il lavoro di ognuno di quei 12 operai possa differire o meno dal lavoro sociale medio
e quindi benchè il singolo possa abbisognare di più o meno tempo per la stessa operazione,
tuttavia la giornata lavorativa di ogni singolo possiede la qualità media sociale:
in quanto è un dodicesimo della giornata lavorativa complessiva;

ma per il capitalista, che occupa una dozzina di operai
la giornata lavorativa esiste come giornata lavorativa complessiva di quei dodici operai:
la giornata lavorativa di ogni singolo esiste come parte aliquota della giornata lavorativa complessiva,
in maniera indipendente dal fatto che gli operai compiano operazioni connesse l’una all’altra,
o che invece tutto il nesso fra il lavoro dell’uno e quello dell’altro consista nel fatto di lavorare per lo stesso capitalista.

Se invece
questi gli operai vengono occupati a coppie da un piccolo mastro artigiano
diventa un fatto casuale che ognuno dei mastri artigiani produca la stessa massa di lavoro,
e quindi che realizzi il saggio generale del plusvalore;
si avrebbero differenze individuali:
se un operaio consumasse nella produzione d’una merce più tempo di quanto è richiesto socialmente,
se il tempo di lavoro necessario per lui differisse dal tempo socialmente necessario ossia dal tempo di lavoro medio,
il lavoro di questo operaio non sarebbe considerato lavoro medio, la sua forza-lavoro non sarebbe considerata forza-lavoro media
non troverebbe da vendersi
oppure troverebbe al di sotto del valore medio della forza-lavoro;

dunque
si presuppone un minimo determinato di abilità nel lavoro
il minimo differisce dalla media
benchè debba venire pagato il valore medio della forza-lavoro,
quindi
dei sei piccoli mastri artigiani,
l’uno riceverebbe qualcosa in più,
l’altro riceverebbe qualcosa in meno del saggio generale del plusvalore:
le ineguaglianze
si compenserebbero per la società
ma non per il singolo mastro artigiano.

Dunque
la legge della valorizzazione si realizza per il singolo produttore quando
egli produce come capitalista,
impiega molti operai allo stesso tempo
e mette in moto, da principio, lavoro sociale medio.



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Anche se il modo di lavoro rimane identico,
l’impiego contemporaneo d’un numero considerevole d’operai
effettua una rivoluzione nelle condizioni oggettive del processo lavorativo:
in breve: una parte dei mezzi di produzione viene ora consumata in comune nel processo lavorativo.
(edifici, depositi di materie prime, recipienti, strumenti che servono a molti nello stesso tempo o a turno)
da una parte
il valore di scambio delle merci e quindi dei mezzi di produzione, non viene accresciuto per via d’un qualsiasi aumento nello sfruttamento del loro valore d’uso;
dall’altra parte, cresce la scala dei mezzi di produzione usati in comune.
una stanza dove lavorino 20 tessitori con 20 telai è, per forza, più ampia della camera del tessitore indipendente con 2 garzoni,
ma la produzione di un laboratorio per 20 persone costa meno lavoro della produzione di 10 laboratori da 2 persone ognuno.

E così il valore di mezzi di produzione concentrati in massa e comuni non cresce
in proporzione del loro volume e del loro effetto utile,
i mezzi di produzione consumati in comune, cedono al singolo prodotto una minor parte costitutiva del loro valore,
in parte perchè il valore complessivo che cedono si distribuisce su una maggior massa di prodotti
in parte perchè essi entrano nel processo della produzione con un valore che è maggiore,
mantenendo presente la loro sfera d’azione è relativamente minore di quello dei mezzi di produzione isolati:
così cala una parte costitutiva del valore del capitale costante,
e, proporzionalmente alla sua grandezza, cala anche il valore complessivo della merce:
l’effetto è lo stesso che se i mezzi di produzione della merce venissero prodotti più a buon mercato.
Questa economia nell’impiego dei mezzi di produzione deriva
dal consumo comune nel processo di lavoro di molte persone,
essi vengono ad avere questo carattere
in quanto sono condizioni di lavoro sociale ossia sono condizioni sociali del lavoro,
a differenza dei mezzi di produzione dispersi di singoli operai o piccoli maestri artigiani indipendenti:
una parte dei mezzi di lavoro acquista questo carattere sociale prima che lo acquisti lo stesso processo lavorativo.

L’economia di mezzi di produzione va considerata, da un duplice punto di vista:
primo, in quanto riduce le merci più a buon mercato e fa calare il valore della forza-lavoro,
secondo, in quanto altera il rapporto fra plusvalore e capitale complessivo anticipato
cioè fra plusvalore e la somma in valore delle parti costitutive costanti e variabili del capitale complessivo;
poichè qui
le condizioni di lavoro si contrappongono all’operaio,
anche
la loro economia appare come operazione particolare che non lo riguarda
ed è quindi
separata dai metodi che accrescono la sua produttività personale.

La forma del lavoro di molte persone che lavorano
accanto, insieme, secondo un piano,
in uno stesso processo di produzione o in processi di produzione differenti ma connessi
si chiama cooperazione

la somma meccanica delle forze dei lavoratori singoli è differente dal potenziale sociale di forza che si sviluppa quando molte braccia cooperano a una stessa operazione indivisa
es. quando c’è da sollevare un peso, da girare una manovella, o da rimuovere un ostacolo,
qui il lavoro singolo
-non potrebbe produrre l’effetto del lavoro combinato
-o potrebbe produrlo in periodi molto più lunghi oppure su infima scala:



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qui
non si tratta solo di aumento della forza produttiva individuale mediante la cooperazione,
ma di creazione d’una forza produttiva che dev’essere forza di massa.
il contatto sociale genera, nei lavori produttivi, un’emulazione che aumenta la capacità di rendimento individuale dei singoli,
una dozzina di persone forniscono, in una giornata lavorativa, un prodotto maggiore
di quello di operai singoli o di un operaio
questo deriva dal fatto che l’uomo è per natura un animale, se non politico certo sociale.

In conseguenza della cooperazione:
l’oggetto del lavoro percorre più rapidamente le fasi del processo di lavoro,
le singole operazioni di ciascuno costituiscono parti continue d’una operazione complessiva

si ha una giornata lavorativa combinata
es. quando una costruzione viene iniziata contemporaneamente da parti differenti,
molte persone integrantisi a vicenda fanno la stessa cosa o cose dello stesso genere
(questa è la forma più semplice di lavoro comune e ha grande importanza anche nella forma più perfezionata della cooperazione)
la massa dei lavoratori
permette di distribuire fra differenti braccia le operazioni
di compierle contemporaneamente
abbreviare il tempo di lavoro necessario a fabbricare il prodotto complessivo.

l’operaio complessivo fa procedere il prodotto complessivo
più alla svelta che non 12 giornate lavorative di 12 ore di operai isolati, che si applicano al lavoro in maniera unilaterale:
es. quando dei muratori fanno catena per passare pietre da costruzione fino in cima dell’impalcatura
ciascuno fa la stessa cosa ma le mani dell’operaio complessivo le mandano avanti più alla svelta
delle due mani di ogni singolo operaio

la cooperazione
da una parte      permette di dilatare l’ambito spaziale del lavoro,
dall’altra parte  contrae nello spazio il campo di produzione,
la dilatazione della sua sfera d’azione
deriva
dalla conglomerazione degli operai,
dalla riunione di diversi processi di lavoro
dalla concentrazione dei mezzi di produzione.

La giornata lavorativa combinata
produce
quantità di valore d’uso maggiori della somma di un eguale numero di giornate lavorative individuali singole,
diminuisce
il tempo di lavoro necessario per produrre un determinato effetto utile
riceve
forza produttiva accresciuta
perchè
eleva il potenziale meccanico del lavoro,
dilata nello spazio la sfera d’azione del lavoro,
imprime alle operazioni compiute da molte persone, continuità e multilateralità,
compie contemporaneamente operazioni differenti,
economizza i mezzi di produzione mediante l’uso in comune di essi,
conferisce al lavoro individuale il carattere di lavoro sociale medio.



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La forza produttiva della giornata lavorativa combinata
è forza produttiva sociale del lavoro, ossia forza produttiva del lavoro sociale
e deriva dalla cooperazione

nella cooperazione pianificata con altri,
l’operaio
si spoglia dei suoi limiti individuali e sviluppa la facoltà della sua specie.
non si può avere cooperazione diretta fra lavoratori senza che stiano insieme
quindi
il loro agglomeramento in uno spazio determinato è condizione della loro cooperazione

 (In molti rami di produzione
la natura del processo lavorativo costringe a raggiungere determinati risultati entro determinati periodi di tempo
es. si ha da mietere il grano
quantità e qualità del prodotto dipendono dal cominciare e finire l’operazione a un certo momento:
il singolo può ritagliarsi solo una giornata lavorativa
la cooperazione di cento persone amplia in modo considerevole una giornata lavorativa
la brevità dei termini di lavoro è compensata dalla grandezza della massa di lavoro gettata nella produzione
il raggiungimento dei risultati nel tempo debito dipende
dall’impiego simultaneo di molte giornate lavorative combinate,
l’ampiezza dell’effetto utile dipende dal numero degli operai che resta inferiore al numero di operai isolati
che raggiungerebbero lo stesso effetto nello stesso tempo) 

Senza lo stesso capitalista non si può avere cooperazione fra salariati

il pagamento di trecento operai esige un esborso di capitale maggiore del pagamento di pochi operai
il valore complessivo di queste forze-lavoro, ossia il totale del salario dev’essere riunito nella tasca del capitalista
prima che quelle forze-lavoro vengano riunite nel processo produttivo.

il numero degli operai impegnati nella cooperazione
in primo luogo dipende
dalla grandezza del capitale che il capitalista è in grado di sborsare per l’acquisto di forza-lavoro
cioè dipende
dalla misura nella quale il capitalista dispone dei mezzi di sussistenza di molti operai.

Per il capitale costante le cose stanno come per il capitale variabile:
es.
la spesa per le materie prime del capitalista che impiega 300 operai è 30 volte maggiore
di quella di ognuno dei 30 capitalisti che impiegano ciascuno 10 operai.

il volume del valore e la massa materiale dei mezzi di lavoro usati in comune
non crescono nella stessa proporzione del numero degli operai impiegati
tuttavia crescono in maniera considerevole.

la concentrazione di masse grandi di mezzi di produzione in mano di singoli capitalisti
costituisce la condizione materiale della cooperazione degli operai salariati
la misura della cooperazione ossia la scala della produzione
dipende dalla misura di tale concentrazione.

In principio era apparsa necessaria una grandezza minima del capitale individuale
affinché
il numero degli operai e quindi la massa del plusvalore prodotto
potesse esimere dal lavoro manuale la persona che impiegava gli operai
farne da artigiano un capitalista, istituendo formalmente il rapporto capitalistico;
ora quella grandezza minima è condizione materiale
della trasformazione di processi lavorativi individuali dispersi e indipendenti
in un processo lavorativo sociale combinato;


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in principio
il comando del capitale sul lavoro si presentava
solo come conseguenza del fatto che l’operaio, invece di lavorare per sè, lavora per e sotto il capitalista
ora
con la cooperazione di molti operai salariati
il comando del capitale si evolve a condizione reale della produzione
l’ordine del capitalista sul luogo di produzione diventa indispensabile.

Ogni lavoro sociale compiuto su scala considerevole,

abbisogna d’una direzione
-per armonizzare le attività individuali
-per compiere le funzioni che derivano dal movimento del corpo produttivo complessivo
in quanto differente dal movimento degli organi autonomi di esso
un violinista si dirige da solo, un’orchestra ha bisogno di un direttore
la funzione di direzione-sorveglianza-coordinamento
ha specifiche caratteristiche in quanto funzione specifica del capitale
diventa funzione del capitale
appena il lavoro diventa cooperativo.

Motivo propulsore e scopo del processo capitalistico di produzione è
in primo luogo
la maggior possibile autovalorizzazione del capitale, cioè la produzione di plusvalore
quindi
il maggiore sfruttamento possibile della forza-lavoro da parte del capitalista.

Con la massa degli operai
cresce la loro resistenza
quindi
la pressione del capitale per superare tale resistenza:

la direzione del capitalista
-non è solo una funzione del processo lavorativo sociale
-è insieme funzione di sfruttamento di un processo lavorativo sociale
quindi
-è un portato dell’antagonismo fra lo sfruttatore e la materia prima da lui sfruttata:

inoltre

la cooperazione degli operai salariati è un effetto del capitale che li impiega simultaneamente,

la connessione delle loro funzioni e la loro unità come corpo produttivo complessivo
stanno al di fuori degli operai
stanno nel capitale che li tiene insieme

quindi agli operai salariati la connessione fra i loro lavori si contrappone

idealmente come piano

praticamente
come autorità del capitalista
come potenza d’una volontà estranea che assoggetta, al proprio fine, la loro attività.




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dunque
la direzione capitalistica è di duplice natura
a causa della duplice natura del processo produttivo che
da una parte
è processo lavorativo sociale per la fabbricazione di un prodotto
dall’altra parte
processo di valorizzazione del capitale
la forma è dispotica:
il dispotismo sviluppa le sue forme peculiari mano a mano che la cooperazione si sviluppa su scala maggiore.

Prima,
il capitalista viene esentato dal lavoro manuale
appena il suo capitale ha raggiunto la grandezza minima che permette l’inizio della produzione capitalistica
ora
torna a cedere, a un genere di operai, la funzione della sorveglianza di singoli operai e di singoli gruppi di opera: una massa di operai operanti insieme sotto il comando dello stesso capitale
ha bisogno dirigenti, controllori i quali durante il processo di lavoro comandano in nome del capitale:
il lavoro di sorveglianza si consolida diventando loro funzione esclusiva
il capitalista
-non è capitalista perchè dirigente industriale
-ma diventa comandante industriale perchè è capitalista:
il comando nell’industria diventa attributo del capitale,
come nell’età feudale il comando era attributo della proprietà fondiaria.

L’operaio
-è proprietario della propria forza-lavoro finchè negozia col capitalista come venditore di essa
-egli può vendere solo quello che possiede: la sua forza lavorativa:
questo rapporto non cambia
- per il fatto che il capitalista comperi cento forze-lavoro invece di una
- per il fatto che invece di concludere un contratto con un singolo lo concluda con 100 operai
  che può impiegare senza farli cooperare:

quindi il capitalista
-paga il valore delle cento forze-lavoro autonome
-ma non paga la forza-lavoro combinata dei cento operai.
gli operai come persone indipendenti sono dei singoli i quali
-entrano in rapporto con lo stesso capitale
-ma non in rapporto reciproco fra loro:

-la loro cooperazione comincia solo nel processo lavorativo nel quale cessano d’appartenere a sé stessi
-sono incorporati nel capitale come cooperanti
-come membri d’un organismo operante sono solo un modo particolare d’esistenza del capitale;

dunque,
la forza produttiva sviluppata dall’operaio come operaio sociale è forza produttiva del capitale,

la forza produttiva sociale del lavoro si sviluppa gratuitamente
appena gli operai vengono posti in certe condizioni
e il capitale li pone in quelle condizioni:
siccome la forza produttiva sociale del lavoro non costa nulla al capitale
essa si presenta come forza produttiva posseduta dal capitale per natura, come sua forza produttiva immanente.



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L’effetto della cooperazione semplice che si manifesta come potenza in maniera straordinaria
nelle opere degli asiatici, degli egiziani, degli etruschi dell’antichità:
si è trasferita nella società moderna al capitalista:
sia che si presenti
-come capitalista singolo
-o come capitalista collettivo: come avviene nelle società per azioni.

La cooperazione nel processo di lavoro che predomina agli inizi dell’incivilimento dell’umanità
presso popoli cacciatori o nell’agricoltura delle comunità indiane
da una parte
poggia sulla proprietà comune delle condizioni di produzione,
dall’altra
sul fatto che il singolo individuo non si è ancora staccato dalla tribù o dalla comunità:
entrambi questi fatti la distinguono dalla cooperazione capitalistica;

l’applicazione sporadica della cooperazione nel mondo antico, nel medioevo e nelle colonie moderne
poggia su rapporti immediati di signoria e servitù,
invece la forma capitalistica presuppone l’operaio salariato libero, il quale vende al capitale la sua forza-lavoro.

storicamente questa forma si sviluppa in antagonismo
all’economia contadina e all’esercizio artigiano indipendente: abbia questo forma corporativa o meno;
di fronte al contadino o all’artigiano indipendenti:
non è la cooperazione capitalistica che si presenta come una forma storica particolare della cooperazione,
ma è la cooperazione che si presenta come forma storica peculiare del processo di produzione capitalistico

Come la forza produttiva sociale del lavoro sviluppata mediante la cooperazione,
si presenta quale forza produttiva del capitale,
così la cooperazione si presenta quale forma specifica del processo produttivo capitalistico,
in opposizione al processo produttivo dei singoli operai indipendenti o dei piccoli mastri artigiani:

è il primo cambiamento al quale soggiace il processo di lavoro in seguito alla sua sussunzione sotto il capitale questo cambiamento
avviene in maniera naturale e spontanea

il suo presupposto
cioè l’impiego simultaneo di un numero considerevole di salariati nello stesso processo lavorativo,
costituisce il punto di partenza della produzione capitalistica:
questo coincide con l’esistenza dello stesso capitale.

quindi  
-il modo capitalistico di produzione
si presenta come necessità storica affinchè il processo lavorativo si trasformi in un processo sociale,

la forma sociale del processo lavorativo
si presenta come metodo applicato dal capitale per sfruttare il processo più profittevolmente
mediante l’accrescimento della sua forza produttiva.



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la cooperazione, nella sua forma semplice finora considerata,
coincide
con la produzione su scala di una certa grandezza,
non costituisce
una forma fissa, caratteristica di un’epoca particolare dello sviluppo del modo capitalistico di produzione
si presenta come tale
agli inizi artigianali della manifattura  
e in quella grande agricoltura che corrisponde al periodo della manifattura:
si distingue dall’economia contadina
solo per la massa dei lavoratori simultaneamente impiegati e per il volume dei mezzi di produzione concentrati.

La cooperazione semplice è sempre la forma predominante
di quei rami di produzione nei quali il capitale opera su larga scala,
senza che la divisione del lavoro o le macchine vi abbiano una parte importante.

La cooperazione rimane la forma fondamentale del modo di produzione capitalistico,
benché la sua figura semplice si presenti come forma particolare accanto ad altre forme più evolute.




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       CAPITOLO 12
             DIVISIONE DEL LAVORO E MANIFATTURA


La cooperazione che poggia sulla divisione del lavoro
si crea la propria figura classica nella manifattura
predomina come forma caratteristica del processo di produzione capitalistico
durante il periodo della manifattura che va dalla metà del secolo XVI all’ultimo terzo del diciottesimo.
L’origine della manifattura è duplice:
in un caso,
vengono riuniti in una sola officina, sotto il comando di un capitalista
operai di mestieri differenti e indipendenti
attraverso il cui lavoro un prodotto raggiunge la sua ultima perfezione
es.
una carrozza era il prodotto complessivo di artigiani indipendenti,

la manifattura delle carrozze riunisce differenti artigiani in un edificio dove tutti lavorano contemporaneamente:
una parte di esse                   è sottoposta alla doratura,
un’altra parte percorre       in un’altra fase di produzione:
siamo ancora sul piano della cooperazione semplice, che trova pronto il suo materiale di uomini e cose;

subentra un mutamento essenziale:
es. il tagliatore, impiegato solo nel far carrozze, non sa esercitare l’antico mestiere nella sua estensione,
      la sua attività è divenuta unilaterale, esercita il luo lavoro in una ristretta sfera d’azione;
all’origine

-la manifattura delle carrozze era una combinazione di mestieri indipendenti,
-le differenti operazioni si cristallizzano in una funzione esclusiva d’un lavoratore
-e il complesso delle opererazioni viene compiuto dall’unione dei lavoratori parziali;
diventa divisione della produzione di carrozze
le manifatture sorgono dalla combinazione di differenti mestieri sotto il comando di uno stesso capitale.

la manifattura sorge anche nella maniera opposta: si ha una cooperazione nella forma più semplice:
da parte dello stesso capitale, vengono occupati nella stessa officina
molti artigiani ognuno dei quali fa
-cose analoghe, es. carta, aghi
-e esegue interamente le differenti operazioni per la produzione della merce cioè lavora alla maniera artigianale.

alcune circostanze costringono ad utilizzare altrimenti il complesso degli operai,
sempre nello stesso ambiente e contemporaneità dei lavori
es. si debba consegnare a scadenza una quantità considerevole di merce:
invece di fare eseguire le differenti operazioni dallo stesso artigiano
-  ogni operazione viene affidata ad un artigiano differente
 - e tutte insieme vengono eseguite contemporaneamente dagli artigiani cooperanti;
questa suddivisione casuale del lavoro
-manifesta i suoi vantaggi
 -e si ossifica diventando la sistematica divisione del lavoro.



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la merce
da prodotto individuale d’un artigiano indipendente, che fa tante cose

si trasforma nel prodotto sociale d’una associazione di artigiani
ognuno dei quali esegue continuamente la stessa ed un’unica operazione parziale.
nella manifattura le operazioni che erano operazioni successive del mastro artigiano
diventano autonome sono parziali, parallele e giustapposte di operai cooperanti:

- il mastro artigiano spillaio, elemento fondamentale della manifattura degli spilli
  eseguiva una serie di 20 operazioni successive,
-nella manifattura 20 spillai eseguono ciascuno solo una delle venti operazioni
che in seguito vengono
più frazionate
isolate
rese autonome come funzioni esclusive di singoli operai.

dunque la manifattura ha origine dal lavoro artigianale in duplice maniera:

da un lato,
parte dalla combinazione di mestieri differenti e autonomi
che vengono ridotti a unilateralità
fino a costituire solo operazioni parziali del processo di produzione d’una sola merce che si integrano reciprocamente,

d’altro lato
parte dalla cooperazione di artigiani dello stesso tipo
disgrega un mestiere individuale nelle sue differenti operazioni particolari
le isola e le rende indipendenti
finchè ciascuna di esse diviene funzione esclusiva d’un operaio particolare:

quindi
la manifattura
da una parte
introduce o sviluppa ulteriormente la divisione del lavoro in un processo di produzione
dall’altra parte
combina mestieri prima separati
qualunque sia il punto di partenza, la sua figura è un meccanismo di produzione i cui organi sono uomini.

Caratteristiche fondamentali della divisione del lavoro nella manifattura:

-si ha la disgregazione d’una attività artigianale nelle sue differenti operazioni parziali
-l’operazione rimane artigianale quindi l’abilità artigianale del singolo rimane fondamento del processo di produzione

ogni operaio
-svolge una funzione parziale,
-la sua forza-lavoro viene trasformata nell’organo di una funzione parziale

ogni processo parziale del prodotto è eseguibile come lavoro parziale artigianale
questa divisione del lavoro è una specie particolare della cooperazione:
i suoi vantaggi scaturiscono dalla natura della cooperazione, e non da questa sua forma particolare
il mestiere rimane la base che esclude una analisi scientifica del processo di produzione,




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2. L’OPERAIO PARZIALE E IL SUO STRUMENTO.

in primo luogo
un operaio che esegue per tutta la vita la stessa ed unica operazione semplice,
trasforma il proprio corpo nello strumento di quella operazione unilaterale,
quindi
consuma meno tempo dell’artigiano che esegue, avvicendandole, tutta una serie di operazioni;

l’operaio complessivo combinato, che costituisce il meccanismo vivente della manifattura,
consiste unicamente di tali operai parziali unilaterali
quindi in confronto con il mestiere artigianale indipendente
si produce di più in meno tempo, ossia viene aumentata la forza produttiva del lavoro,

inoltre
il metodo del lavoro parziale si perfeziona
quando il lavoro parziale diventa funzione esclusiva di una persona:
la ripetizione della stessa azione e la concentrazione su questa permettono il raggiungimento dell’effetto prefisso con il minimo dispendio di forza,

la manifattura produce infatti il virtuosismo dell’operaio parziale
infatti
la contemporanea convivenza di differenti generazioni di operai
gli artifici tecnici ottenuti si consolidano e si trasmettono
si riproduce nell’officina la separazione dei mestieri, una volta presenti nella società, ma potenziati

d’altra parte
la trasformazione del lavoro parziale nella professione a vita d’un uomo
corrisponde alle società antiche che tendevano  di rendere ereditari i mestieri, di fossilizzarli in caste o in corporazioni,

L’artigiano che esegue successivamente i diversi procedimenti parziali nella produzione di un manufatto,
cambia postazioni e strumenti: il passaggio da una operazione all’altra interrompe il suo lavoro
e nella sua giornata lavorativa si formano dei pori
che scompaiono quando l’artigiano esegue una sola e identica operazione
qui
l’aumentata produttività si deve
- al crescere del dispendio di forza-lavoro in un dato periodo di tempo, dunque a crescente intensità del lavoro
- ad una diminuzione del consumo improduttivo di forza-lavoro
infatti
l’eccedente nel dispendio di forze richiesto da ogni passaggio dalla quiete al moto
trova una compensazione quando la rapidità raggiunta presenti una durata più lunga.
d’altra parte la continuità d’un lavoro uniforme distrugge tensione e slancio che trovano ristoro e stimolo nel variare dell’attività.

STRUMENTI

La produttività del lavoro
-non dipende solo dal virtuosismo dell’operaio,
-ma anche dalla perfezione dei suoi strumenti:
gli strumenti della stessa specie
vengono adoperati in diversi processi di lavoro,
lo stesso strumento
nello stesso processo lavorativo serve a differenti operazioni;



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appena
-le differenti operazioni d’un processo lavorativo sono slegate l’una dall’altra
-ogni operazione parziale raggiunge in mano all’operaio parziale una forma adeguata e quindi esclusiva
diventa necessario modificare gli strumenti che prima servivano a scopi differenti:
il cambiamento di forma dello strumento risulta dall’esperienza delle difficoltà originate dalla forma precedente:

-la differenziazione degli strumenti di lavoro,
per la quale strumenti della stessa specie ricevono forme fisse particolari per ogni uso particolare,
-la loro specializzazione,
per la quale ciascuno degli strumenti ha la sua efficacia solo in mano ad operai parziali specifici,
danno alla manifattura il suo carattere
 gli elementi semplici della manifattura sono costituiti:
dall’operaio parziale e dal suo strumento

Il periodo della manifattura
semplifica, perfeziona, moltiplica gli strumenti di lavoro
adattandoli alle funzioni esclusive dei lavoratori parziali:
così crea una delle condizioni materiali delle macchine
che consistono d’una combinazione di strumenti semplici.

1. LE DUE FORME FONDAMENTALI DELLA MANIFATTURA: MANIFATTURA ETEROGENEA E MANIFATTURA ORGANICA.

La struttura della manifattura ha due forme fondamentali
che a volte s’intrecciano fra loro,
ma sono due specie differenti,
e hanno funzioni differenti  nella trasformazione della manifattura in industria funzionante con le macchine:
in grande industria:
questo duplice carattere deriva dalla natura del manufatto che viene formato
per congiunzione di prodotti parziali indipendenti,
o per vari processi e manipolazioni connessi fra loro:
es. l’orologio, col quale Petty illustrò la divisione manifatturiera del lavoro:
l’orologio,
da opera individuale d’un artigiano
s’è trasformato in prodotto sociale d’un gran numero di operai parziali:
gli addetti  al quadrante, alle lancette, alla cassa, alle viti, alla doratura,
con molte suddivisioni:
l’addetto alle ruote, alle lancette, ai cilindri, ai bilancieri,
queste membra disjecta si ricompongono solo in colui che mette insieme l’orologio completo e in funzione.

Tale rapporto esterno fra il prodotto finito e i suoi diversi elementi lascia al caso, qui come per manufatti analoghi, la combinazione degli operai parziali nella stessa officina:
i lavori parziali possono esser compiuti come lavorazioni artigiane indipendenti l’una dall’altra

es. a Neuchatel
esistono grandi manifatture d’orologi dove ha luogo la cooperazione dei lavoratori parziali
sotto il comando d’un solo capitale
es. a Ginevra:
in questo caso
la conduzione combinata di tipo manifatturiero è profittevole solo in situazioni eccezionali,
perché:
- il lavoro a domicilio raggiunge il massimo,
- la produzione è frantumata in processi eterogenei con uno scarso uso di mezzi di lavoro in comune
- la fabbricazione sparpagliata consente il capitalista il risparmio delle spese per l’edificio;
la posizione di questi lavoratori parziali che lavorano in casa per un capitalista
è diversa da quella dell’artigiano indipendente che lavora per i propri clienti.



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il secondo tipo di manifattura, che è la forma perfezionata della manifattura,
produce manufatti tramite fasi di sviluppo connesse fra di loro
es.
la manifattura degli aghi da cucire
vede al lavoro del filo d’acciaio 72 operai parziali specifici
combina mestieri dispersi,
diminuisce la separazione fra le fasi della produzione
abbrevia il tempo del passaggio del manufatto da uno stadio all’altro
così si guadagna della forza produttiva nei confronti del mestiere
che scaturisce dal carattere cooperativo della manifattura.
il principio della divisione del lavoro, peculiare della manifattura esige
un isolamento delle differenti fasi di produzione indipendenti tra loro come lavori parziali di tipo artigiano
conservare la connessione fra funzioni isolate rende necessario il trasporto del manufatto da un processo all’altro
(Dal punto di vista della grande industria questo è il limite caratteristico della manifattura).

Consideriamo una quantità determinata di materie prime:
es. filo d’acciaio nella manifattura degli aghi
differenti operai parziali lavorano
la materia prima tramite una successione graduale di fasi di produzione, fino alla forma definitiva.

invece
l’officina è un solo meccanismo complessivo:
la materia prima si trova simultaneamente in tutte le sue fasi di produzione, tutta in una volta
l’operaio complessivo combinato di operai parziali
tira il filo le sue molte mani armate di strumenti, mentre con altre mani e strumenti lo stende,
i processi graduali sono trasformati da una successione temporale in una giustapposizione spaziale
di qui la fornitura di maggior quantità di merce finita nello stesso spazio di tempo

la simultaneità deriva:
dalla forma cooperativa del complessivo,

la manifattura
-trova presenti le condizioni della cooperazione
-le crea scomponendo l’attività di tipo artigianale  
-raggiunge questa organizzazione sociale del processo lavorativo saldando uno operaio ad uno stesso particolare:

poiché
-il prodotto parziale di ogni operaio parziale
è un grado di sviluppo dello stesso manufatto:
ciò che un operaio o un gruppo di operai consegna all’altro è la materia prima di quest’ultimo operaio o gruppo:
il risultato del lavoro dell’uno costituisce il punto di partenza del lavoro dell’altro:
questa diretta dipendenza reciproca dei lavori e dei lavoratori,
costringe ogni individuo per la sua funzione ad usare solo il tempo necessario

così si genera
continuità, uniformità, ordine e intensità di lavoro
molto differenti da quelle del mestiere indipendente o anche della cooperazione semplice:
il tempo di lavoro necessario per raggiungere l’effetto prefisso in ogni processo parziale
viene accertato in base all’esperienza,
il meccanismo complessivo della manifattura poggia sul presupposto che
in un tempo di lavoro dato si raggiunga un risultato dato:
solo con questo presupposto i differenti processi di lavoro, che si integrano reciprocamente
continuano ininterrotamente uno accanto all’altro,




120



nella produzione delle merci,
per la produzione una merce si adopera solo il tempo di lavoro socialmente necessario
a causa della concorrenza: perché ogni produttore deve vendere la merce al suo prezzo di mercato.
invece nella manifattura
la fornitura di una data quantità di prodotti entro un tempo di lavoro dato
è legge tecnica dello processo di produzione.

Differenti operazioni abbisognano di periodi di tempo diseguali
quindi  forniscono quantità diseguali di prodotti parziali in periodi di tempo eguali:
se lo stesso operaio deve eseguire solo quella stessa operazione, per differenti operazioni dovrà essere adoprato un differente numero proporzionale di operai:
qui ritorna il principio della cooperazione nella sua forma più semplice:
impiego contemporaneo di molte persone che fanno qualcosa di omogeneo
ma ora lo fanno come espressione d’un rapporto organico;

dunque

la divisione manifatturiera del lavoro
-semplifica e moltiplica gli organi qualitativamente differenti dell’operaio sociale complessivo,
-crea una proporzione matematica fissa per l’estensione quantitativa di quegli organi,
cioè per il numero relativo degli operai ossia per la grandezza relativa dei gruppi di operai in ogni funzione
-con la articolazione qualitativa sviluppa la regola e proporzionalità quantitativa del processo di lavoro sociale;
-lo stesso individuo esegue certi lavori allo stesso modo sia su scala più vasta sia su scala minore
es. il lavoro di sorveglianza, il trasporto dei prodotti parziali da una fase all’altra della produzione,

dunque,
che queste funzioni divengano indipendenti, ossia affidate ad operai particolari
diventa vantaggioso solo con l’aumento del numero degli operai impiegati
ma questo aumento deve investire tutti i gruppi, proporzionalmente.

Il singolo gruppo,
dato da un certo numero di operai i quali compiono la stessa funzione parziale
consiste di elementi omogenei e costituisce un organo particolare del meccanismo complessivo.

In varie manifatture,
già il gruppo è un corpo lavorativo articolato,
mentre il meccanismo complessivo è costituito dalla ripetizione o moltiplicazione di questi organismi produttivi elementari:
es. la manifattura di bottiglie si scompone in tre fasi sostanzialmente diverse

in primo luogo
la fase preparatoria: preparazione della composizione del vetro, mischiatura della sabbia, fusione di questa composizione in una massa fluida di vetro;
in questa prima fase sono impiegati vari operai parziali,
come nella fase conclusiva: toglier le bottiglie dall’essiccatoio, assortirle, imballaggio;
al centro tra queste due fasi sta la vera arte vetraria cioè la lavorazione della massa vitrea fluida:
alla bocca della fornace lavora un gruppo di 5 operai parziali (composto di soffiatore, raccoglitore, ordinatore, ripulitore, garzone di vetreria) che costituiscono gli organi d’un corpo lavorativo unico, che opera solo come unità, solo attraverso la cooperazione diretta di quei cinque: se manca uno delle 5 membra che costituiscono questo corpo, questo è fermo.



121




Ma una fornace da vetro ha diverse aperture e con i suoi quattro o sei gruppi costituisce una vetreria,
e una manifattura di vetro comprende un certo numero di tali vetrerie
e occupa un gruppo di operai formato ognuno da 5 membra.
qui la disposizione di ogni singolo gruppo poggia sulla divisione del lavoro,
mentre il vincolo fra i differenti gruppi omogenei è la cooperazione semplice.

Infine
la manifattura può evolversi in una combinazione di diverse manifatture,
allo stesso modo che essa sorge in parte da una combinazione di diversi mestieri:

qui la manifattura d’un mezzo di produzione viene collegata con la manifattura del prodotto,
inversamente,
la manifattura del prodotto può venir collegata
-con manifatture nelle quali esso serve solo da materia prima
-o coi prodotti delle quali esso viene combinato in un secondo momento:

es. la manifattura del cristallo da lenti si trova combinata con la molatura del vetro e la fonderia d’ottone; quest’ultima, per la montatura in metallo di svariati articoli di cristallo

In questo caso,
le diverse manifatture combinate costituiscono reparti d’una manifattura complessiva,
e insieme sono processi di produzione indipendenti l’uno dall’altro, ognuno con propria divisione del lavoro;
nonostante i diversi vantaggi offerti dalla manifattura combinata
questa non raggiunge una reale unità tecnica finchè rimane sulla base della manifattura:
la unità tecnica si ha soltanto con la sua trasformazione in industria meccanica.

Il periodo della manifattura
-esprime come principio la diminuzione del tempo di lavoro necessario alla produzione delle merci,
-sviluppa sporadicamente anche l’uso delle macchine
particolarmente per certi primi processi semplici da eseguirsi con grande dispendio di forza

es. nella manifattura della carta la triturazione degli stracci viene presto eseguita con pile a cilindro,
nella metallurgia la frantumazione dei minerali con le cosiddette Pochmulen (mulino battitore)
L’impero romano aveva tramandato la forma elementare di ogni meccanismo con il mulino ad acqua,
il periodo dei mestieri artigiani lasciò in eredità le grandi invenzioni della bussola, della polvere pirica, della stampa e dell’orologio automatico:
nel complesso, le macchine hanno rappresentato quella parte secondaria che Adam Smith assegna loro accanto alla divisione del lavoro.

Macchinario specifico del periodo della manifattura
rimane l’operaio complessivo stesso, combinato di molti operai parziali.

Le differenti operazioni che il produttore d’una merce compie che s’intrecciano nell’insieme del suo processo di lavoro,
lo impegnano in varie maniere,
in una operazione: deve sviluppare più forza,
in un’altra più destrezza,
nella terza più attenzione mentale,
e lo stesso individuo non possiede allo stesso grado tutte queste qualità.

Dopo che le diverse operazioni sono state separate, rese indipendenti ed isolate,
gli operai vengono
suddivisi
classificati
e raggruppati a seconda delle loro qualità prevalenti:


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le loro particolarità naturali costituiscono il tronco sul quale s’innesta la divisione del lavoro,
poi la manifattura, una volta introdotta, sviluppa forze-lavoro adatte solo a una funzione particolare unilaterale:
allora il lavoratore complessivo
-possiede tutte le qualità produttive a uno stesso grado di virtuosismo
-le spende nella maniera più economica, in quanto i suoi organi li adopera per le loro funzioni specifiche:
l’unilateralità l’imperfezione dell’operaio parziale
diventano perfezione di lui come uno delle membra dell’operaio complessivo;

-l’abitudine di compiere una funzione unilaterale lo trasforma nell’organo di tale funzione,
che opera sicuramente e naturalmente,
-il nesso del meccanismo complessivo lo costringe ad operare con la regolarità della parte d’una macchina;

-poichè le diverse funzioni dell’operaio complessivo sono semplici o composte, basse o elevate,
i suoi organi, cioè le forze-lavoro individuali richiedono diversi gradi di preparazione quindi diversissimi valori:
perciò la manifattura sviluppa una gerarchia delle forze-lavoro alla quale corrisponde una scala dei salari.
se da una parte
-l’operaio individuale                    viene appropriato e annesso a vita ad una funzione unilaterale,
- le diverse operazioni del lavoro vengono adattate a quella gerarchia di abilità naturali ed acquisite.
ogni processo produttivo esige manipolazioni semplici di cui è capace ogni uomo
ora anche queste
-vengono sciolte dalla loro fluida connessione con l’attività
-e vengono ossificate in funzioni esclusive.
quindi
la manifattura
genera in ogni mestiere di cui s’impadronisce, una classe di operai senza abilità,
sviluppa fino al virtuosismo, a spese della capacità lavorativa complessiva, la specializzazione resa unilaterale;
ma anche comincia a fare una specializzazione della mancanza di ogni evoluzione:
si hanno
-la graduazione gerarchica,
-la separazione semplice degli operai in abili per i quali le spese di tirocinio diminuiscono
a causa della semplificazione della funzione:
-operai non abili: per questi ultimi, le spese di tirocinio scompaiono
-in entrambi i casi diminuisce il valore della forza-lavoro
-si hanno eccezioni: in quanto la scomposizione del processo di lavoro genera nuove funzioni comprensive
assenti in parte nella conduzione artigianale:
la svalorizzazione relativa della forza-lavoro,
che deriva dalla scomparsa o dalla diminuzione delle spese di tirocinio,
implica una più alta valorizzazione del capitale
poichè ciò che abbrevia il tempo necessario alla riproduzione della forza-lavoro
prolunga il dominio del pluslavoro.

RIASSUNTO

Abbiamo considerato
-prima l’origine della manifattura;
-poi i suoi elementi semplici, cioè l’operaio parziale e il suo strumento,
-infine il suo meccanismo complessivo.



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Ora
il rapporto fra la divisione manifatturiera del lavoro e la divisione sociale del lavoro,
che costituisce la base di ogni produzione di merci.


DIVISIONE DEL LAVORO NELLA MANIFATTURA E DIVISIONE DEL LAVORO NELLA SOCIETÀ.


Se si tiene presente soltanto il lavoro per sè preso:
si può designare la separazione della produzione sociale nei suoi grandi generi, come agricoltura, industria, ecc., come divisione del lavoro in generale;
la ripartizione di questi generi di produzione in specie e sottospecie,
come divisione del lavoro in particolare;
e infine la divisione del lavoro entro una officina come divisione del lavoro in dettaglio.

La divisione del lavoro nella società e la corrispondente limitazione degli individui a sfere professionali particolari si sviluppa da punti di partenza opposti,
allo stesso modo della divisione del lavoro nella manifattura.

Entro la famiglia dopo ulteriore sviluppo, entro la tribù
una divisione spontanea del lavoro sorge dalle differenze di sesso e di età: su base puramente fisiologica:
questa prima divisione del lavoro allarga il suo materiale con l’espansione della comunità, con l’aumento della popolazione e in particolare con il conflitto fra tribù differenti e col soggiogamento d’una tribù da parte dell’altra.
D’altra parte lo scambio dei prodotti comincia dove famiglie, tribù, comunità entrano in contatto
poichè agli inizi dell’incivilimento non sono le persone private, ma le famiglie, le tribù ad affrontarsi in piena indipendenza.

Comunità differenti trovano
differenti mezzi di produzione e differenti mezzi di sussistenza nel loro ambiente naturale:
quindi
il loro modo di produzione e di vivere e i loro prodotti sono differenti:
questa differenza naturale provoca, al contatto delle comunità
lo scambio reciproco dei prodotti dell’una e dell’altra

quindi
la graduale trasformazione di quei prodotti in merci:
lo scambio
non crea la differenza delle sfere di produzione
ma mette in rapporto le sfere differenti
trasformandole così in rami reciprocamente dipendenti d’una produzione complessiva sociale;

qui la divisione sociale del lavoro
sorge attraverso lo scambio di sfere di produzione originariamente differenti e indipendenti l’una dall’altra.

dove il punto di partenza è costituito dalla divisione fisiologica del lavoro
gli organi particolari d’un tutto omogeneo si distaccano, si scompongono:
la spinta al processo di scomposizione è data dallo scambio di merci con comunità estranee,
si fanno indipendenti fino al punto in cui il nesso fra i differenti lavori è mediato dallo scambio dei prodotti come merci;
nel primo caso     è rendere dipendente ciò che prima era indipendente,
nel secondo caso  rendere   indipendente ciò che era prima dipendente.
A fondamento di ogni divisione del lavoro sviluppata e mediata attraverso scambio di merci,
è la separazione di città e campagna:
l’intera storia economica della società si riassume nel movimento di questo antagonismo.



124



Il presupposto materiale della divisione del lavoro nella manifattura
è la esistenza d’un certo numero di operai adoprati contemporaneamente;
il presupposto materiale della divisione del lavoro nella società
è la grandezza della popolazione e la sua densità che prende il posto della agglomerazione nella stessa officina.
Ma questa densità è qualcosa di relativo: un paese a popolazione scarsa con mezzi di comunicazione sviluppati ha una popolazione più densa di un paese più popolato con mezzi di comunicazione poco sviluppati; a questo modo gli Stati settentrionali dell’Unione Americana hanno una popolazione più densa dell’India.

Poichè produzione e circolazione delle merci sono presupposto del modo di produzione capitalistico,
la divisione del lavoro di tipo manifatturiero
-richiede una divisione del lavoro all’interno della società che sia già giunta a un certo grado di maturazione;
viceversa:
-sviluppa e moltiplica la divisione sociale del lavoro:
come gli strumenti di lavoro si differenziano anche i mestieri che producono gli strumenti stessi si differenziano.

appena la conduzione di tipo manifatturiero s’impadronisce d’un mestiere
fino a quel momento connesso ad altri mestieri come mestiere che veniva eseguito dallo stesso produttore,
si hanno separazione e reciproca indipendenza,
appena la manifattura s’impadronisce d’uno stadio di produzione di una merce,
i differenti stadi della produzione di questa merce si trasformano in differenti mestieri indipendenti.

S’è già accennato che
dove il manufatto è un insieme di prodotti parziali, ottenuto per semplice montaggio,
i lavori parziali possono farsi indipendenti elevandosi a veri e propri mestieri,

per dare esecuzione più completa alla divisione del lavoro entro una manifattura,
la stessa branca di produzione viene scissa in varie manifatture in parte nuove,
a seconda della differenza
-delle materie prime
-o delle differenti forme che la stessa materia prima può ricevere.
L’ampliamento del mercato mondiale e il sistema coloniale, che sono parte della sfera delle condizioni generali della sua esistenza,
forniscono al periodo manifatturiero abbondante materiale per la divisione del lavoro entro la società:
la manifattura s’impadronisce, oltre che della sfera economica, di ogni altra sfera della società
ponendo le basi di quel perfezionamento delle specializzazioni e di un frazionamento dell’uomo
che fece dire a Ferguson, il maestro di A. Smith, « facciamo una nazione di iloti, non ci sono uomini liberi fra noi».

Nonostante le numerose

Le analogie e i nessi fra la divisione del lavoro all’interno della società e quella entro un’officina
sono numerose
ma sono differenti
per grado e natura;
l’analogia sembra più lampante dove un vincolo interno intreccia differenti branche di attività
es.
l’allevatore di bestiame        produce pelli,
il conciatore                           trasforma le pelli in cuoio,
il calzolaio                              trasforma il cuoio in stivali:
-ciascuno produce un prodotto graduato
 -e l’ultima forma finita è il prodotto combinato dei loro lavori particolari:
il nesso fra i lavori indipendenti dell’allevatore di bestiame, del conciatore, del calzolaio
è prodotto dai loro rispettivi prodotti come merci.
ora ci si può immaginare, con Adam Smith, che questa divisione sociale del lavoro si distingua da quella di tipo manifatturiero
solo soggettivamente, cioè per l’osservatore, che qua può cogliere i molteplici lavori particolari, mentre là la dispersione di questi
e il gran numero delle persone occupate in rami particolari oscurano la visione del nesso che li riunisce.



125




La divisione del lavoro di tipo manifatturiero
-è caratterizzata dal fatto che
l’operaio parziale non produce nessuna merce:
è solo il prodotto comune degli operai parziali che si trasforma in merce,
-presuppone
la concentrazione dei mezzi di produzione in mano ad un solo capitalista,
la connessione fra i lavori parziali nella manifattura
è mediata dalla vendita di differenti forze-lavoro allo stesso capitalista che le impiega come forza-lavoro combinata;
nella manifattura il caso e l’arbitrio
distribuiscono i produttori di merci e i loro mezzi di produzione fra le differenti branche sociali di lavoro
invece della subordinazione di determinate masse d’operai a determinate funzioni
per la legge della proporzionalità.

la divisione del lavoro all’interno della società
è mediata dalla compra e vendita dei prodotti di differenti branche di lavoro,
la divisione sociale del lavoro presuppone
la dispersione dei mezzi di produzione fra molti produttori di merci indipendenti l’uno dall’altro.

Le differenti sfere della produzione cercano di mettersi in equilibrio:
da una parte
-ogni produttore di merci deve produrre un valore d’uso e deve soddisfare un particolare bisogno sociale
- ma il volume di questi bisogni è differente quantitativamente,
-e c’è un legame che concatena in un sistema spontaneo i differenti bisogni;
dall’altra parte,
la legge del valore delle merci determina
-quanto la società può spendere, nella produzione di ogni particolare genere di merci
-della somma di tempo lavorativo che ha disponibile;
questa tendenza costante delle differenti sfere di produzione a equilibrarsi
si attua solo come reazione contro la costante distruzione di questo equilibrio.
nella divisione del lavoro all’interno dell’officina,
la regola, seguita a priori e secondo un piano,
opera solo a posteriori nella divisione del lavoro all’interno della società
come necessità naturale percepibile negli sbalzi dei prezzi del mercato che sopraffà l’arbitrio sregolato dei produttori delle merci.

La divisione del lavoro di tipo manifatturiero presuppone
l’autorità incondizionata del capitalista su uomini
che sono solo le membra di un meccanismo complessivo di sua proprietà;
la divisione sociale del lavoro contrappone i produttori indipendenti di merci che riconoscono
solo l’autorità della concorrenza cioè la costrizione su di essi della pressione dei loro interessi reciproci.
Quindi quella stessa coscienza borghese che celebra
la divisione del lavoro a tipo manifatturiero,
la subordinazione incondizionata dell’operaio parziale al capitale esaltandole come una organizzazione del lavoro che ne aumenta la forza produttiva,
denuncia con altrettanto clamore ogni consapevole controllo e regolamento sociale del processo sociale di produzione,
chiamandolo intromissione negli diritti della proprietà, nella libertà e nell’autodeterminantesi del capitalista individuale.
L’anarchia della divisione sociale del lavoro
e
il dispotismo della divisione del lavoro a tipo manifatturiero
sono il portato l’una dell’altro nella società del modo capitalistico di produzione.



126




Forme di società precedenti della divisione sociale del lavoro
nelle quali la separazione dei mestieri prima si è sviluppata spontaneamente, poi si è cristallizzata e consolidata legislativamente
da una parte offrono il quadro d’una organizzazione del lavoro sociale autoritaria e secondo un piano
d’altra parte escludono la divisione del lavoro entro l’officina
o la sviluppano ssu scala infima o casualmente:
es. le piccole comunità indiane antichissime
poggiano
-sul possesso in comune del suolo,
-sul collegamento diretto fra agricoltura e mestiere artigiano
-e su una divisione fissa del lavoro che serve come modello quando si formano nuove comunità
costituiscono
complessi produttivi autosufficienti, i prodotti sono prodotti per il fabbisogno della comunità stessa, non come merce
quindi la produzione è indipendente dalla divisione del lavoro mediata dallo scambio delle merci:
solo l’eccedenza dei prodotti si trasforma in merce
in parte anche questo avviene nelle mani dello Stato cui affluisce una quantità determinata.
Le differenti parti dell’India hanno differenti forme di comunità
-nella forma più semplice
la comunità coltiva la terra in comune e ne divide i prodotti fra i suoi membri
ogni famiglia cura la filatura e la tessitura come mestiere domestico secondario,
-troviamo in una sola persona, «l’abitante principale», che è giudice, poliziotto ed esattore
- il contabile, che tiene i conti del lavoro agricolo, segna nel catasto e registra tale attività
-un terzo funzionario persegue i delinquenti, protegge i viaggiatori e li accompagna da un villaggio all’altro
-l’uomo del confine che fa la guardia ai confini della comunità,
-l’ispettore delle acque, che distribuisce l’acqua, dai serbatoi comuni, per fini agricoli,
-il bramino, che compie le funzioni del culto religioso,
-il maestro, che insegna ai bambini a leggere e a scrivere, sulla sabbia,
-il fabbro e il falegname, che fanno e riparano tutti gli strumenti agricoli:
questa dozzina di persone vien mantenuta a spese di tutta la comunità.
Se la popolazione cresce, viene impiantata una nuova comunità che segue il modello dell’antica.

Il meccanismo della comunità mostra una divisione del lavoro secondo un piano
ma è impossibile una divisione del lavoro di tipo manifatturiero:
perchè il mercato del fabbro, del falegnamerimane inalterato
o, in base alle differenze di grandezza dei villaggi, ci sono due o tre fabbri ecc.
La legge che regola la divisione del lavoro della comunità opera con l’autorità d’una legge naturale,
ogni artigiano compie le operazioni
secondo modi tramandati
indipendentemente
e senza riconoscere nessuna autorità entro la sua officina;
l’organismo produttivo semplice di queste comunità autosufficienti
si riproducono nella stessa forma
e, quando sono distrutte, si ricostruiscono nello stesso luogo.
ci dà la chiave per capire il segreto dell’immutabilità delle società asiatiche.




127


come osservato prima,
le corporazioni

-limitavano per il singolo artigiano o maestro artigiano, il numero dei garzoni impiegati
così
-impedivano che si trasformassero in capitalisti,
-respingevano ogni usurpazione da parte del capitale mercantile, l’unica forma di capitale che le si contrapponesse,

il mercante
-poteva comprare tutte le merci
-non poteva comprare il lavoro come merce
 -si scindevano in sottospecie o nuove corporazioni venivano a porsi accanto alle antiche
 se circostanze esterne provocavano una divisione progressiva del lavoro,
tuttavia senza collocare diversi mestieri in una sola officina.
dunque
l’operaio e i suoi mezzi di produzione rimanevano legati fra di loro
ma era assente il primo fondamento della manifattura:
l’indipendenza dai mezzi di produzione, come capitale, nei confronti dell’operaio
di fatto
l’organizzazione corporativa escludeva la divisione del lavoro di tipo manifatturiero.
per quanto
separazione, isolamento e il perfezionamento dei mestieri propri della cooperazione
siano fra le condizioni materiali d’esistenza del periodo manifatturiero,

la divisione del lavoro nella società, mediata o meno dallo scambio delle merci
appartiene alle formazioni economiche della società più differenti fra loro
la divisione manifatturiera del lavoro è creazione specifica del modo di produzione capitalistico.


IL CARATTERE CAPITALISTICO DELLA MANIFATTURA

La presenza d’un certo numero di operai sotto il comando dello stesso capitale
è il punto di partenza della cooperazione e della manifattura,

Viceversa
la divisione manifatturiera del lavoro
fa diventare necessità tecnica l’aumento del numero di operai:
ora è la divisione del lavoro esistente a prescrivere il minimo di operai che il singolo capitalista deve adoprare, d’altra parte,
i vantaggi d’una divisione ulteriore hanno una condizione:
l’ulteriore aumento del numero degli operai, che ormai può avvenire solo per multipli.

Ma
-con la parte variabile del capitale deve aumentare anche quella costante.
-oltre il volume delle condizioni comuni di produzione es. edifici, fornaci
 deve crescere il numero degli operai e la materia prima:
quest’ultima, che vien consumata, aumenta
nella stessa proporzione dell’aumento della forza produttiva del lavoro in conseguenza della sua divisione.
dunque
aumento del volume di capitale nelle mani del singolo capitalista
ossia aumento della trasformazione in capitale dei mezzi di sussistenza e dei mezzi di produzione sociali,
è una legge che scaturisce dal carattere tecnico della manifattura.



128



Come nella cooperazione semplice
anche nella manifattura il corpo lavorativo in funzione è una forma d’esistenza del capitale:
il meccanismo sociale di produzione composto di molti operai parziali individuali appartiene al capitalista,
la forza produttiva, che deriva dalla combinazione dei lavori, appare come forza produttiva del capitale.

La manifattura in senso proprio
-assoggetta l’operaio, prima indipendente, al comando e alla disciplina del capitale,
-crea una graduazione gerarchica fra gli operai stessi
mentre la cooperazione semplice lascia inalterato il modo di lavorare del singolo,
la manifattura
rivoluziona il modo di lavorare e prende alla radice la forza-lavoro individuale:
fa dell’operaio una mostruosità favorendone la abilità di dettaglio con la soppressione d’un mondo intero di disposizioni produttive:
non solo i particolari lavori parziali vengono suddivisi fra diversi individui,
ma l’individuo vien diviso e trasformato in motore automatico d’un lavoro parziale:
realizzandosi così
l’insulsa favola di Menenio Agrippa che rappresenta un uomo come un frammento del suo stesso corpo.

Originariamente l’operaio
vende la sua forza-lavoro al capitalista perchè gli mancano i mezzi materiali per la produzione d’una merce:
ma ora la sua forza-lavoro individuale
-vien meno al suo compito se non viene venduta al capitale
-funziona ormai solo in un nesso che esiste solo dopo la sua vendita, nell’officina del capitalista.

l’operaio manifatturiero
-è reso incapace a fare qualcosa d’indipendente,
-sviluppa una attività produttiva solo come accessorio dell’officina del capitalista;
così la divisione del lavoro imprime all’operaio manifatturiero
un marchio che lo bolla come proprietà del capitale:
cognizioni, intelligenza che il contadino o il mastro artigiano indipendente sviluppano,
sono richieste soltanto per il complesso dell’officina,

le potenze intellettuali della produzione allargano la loro scala da una parte perchè scompaiono da molte parti: quel che gli operai parziali perdono si concentra nel capitale, contro di loro:
questa contrapposizione delle potenze intellettuali del processo di produzione agli operai,
come proprietà non loro e come potere che li domina,
è un prodotto della divisione del lavoro di tipo manifatturiero;

Questo processo di scissione

-comincia nella cooperazione semplice dove il capitalista rappresenta l’unità e la volontà del corpo lavorativo sociale di fronte ai singoli operai;

- si sviluppa nella manifattura che fa dell’operaio un operaio parziale;
- si completa nella grande industria che separa la scienza
e ne fa una potenza produttiva indipendente dal lavoro e la costringe a entrare al servizio del capitale.

Nella manifattura
l’arricchimento di forza produttiva sociale da parte dell’operaio complessivo e quindi del capitale,
è la conseguenza dell’impoverimento delle forze produttive dell’operaio.




129






«Le manifatture prosperano di più dove meno si consulta la mente
di modo che la officina può esser considerata come una macchina le cui parti sono uomini».
scrive A. Smith: L’uomo che spende tutta la vita eseguendo poche operazioni semplici non ha nessuna occasione di esercitare le sue capacità mentali, diventa stupido e ignorante.
«L’uniformità della sua vita corrompe il coraggio della mente, l’energia del corpo e lo rende incapace di applicare la sua forza al di fuori del l’occupazione particolare per la quale è stato allevato.
la destrezza dell’operaio nel suo lavoro sembra acquistata a spese delle sue virtù intellettuali, sociali;
ma questo è lo stato al quale devono ridursi i poveri che lavorano cioè la gran massa del popolo, in ogni società industriale e incivilita».
Per impedire l’atrofia della massa del popolo, derivante dalla divisione del lavoro, A. Smith raccomanda l’istruzione popolare statale.
G. Garnier polemizza invece contro la istruzione popolare
secondo lui, l’istruzione popolare viola le prime leggi della divisione del lavoro, e contravvenendo alla divisione del lavoro
«si mette al bando tutto il nostro sistema sociale.
La divisione del lavoro è effetto di progressi passati e causa di progressi futuri.
È lecito che il governo operi contro questa divisione del lavoro e ne ostacoli il cammino naturale?
È lecito che il governo impieghi una porzione delle pubbliche entrate nel tentativo e mescolare due classi di lavoro che tendono a dividersi a e separarsi?».
Il periodo della manifattura
-portando più avanti la scissione sociale delle branche di lavoro
-intaccando la radice della vita dell’individuo in virtù della sua peculiare divisione del lavoro,
fornisce, per primo. il materiale e l’impulso alla patologia industriale:
«Suddividere un uomo, la suddivisione del lavoro è l’assassinio d’un popolo»

La cooperazione fondata sulla divisione del lavoro, ossia la manifattura,

è alla sua origine una formazione spontanea e naturale,
appena ha raggiunta consistenza ed ampiezza di esistenza
diventa la forma deliberata secondo un piano del modo di produzione capitalistico.

La storia della manifattura

mostra come la divisione del lavoro che le è peculiare
-raggiunga le forme confacenti al suo scopo, quasi alle spalle delle persone che agiscono
-poi tenda a tener fermo alla forma ormai trovata, come vi tendeva il mestiere delle corporazioni;
questa forma può cambiare in conseguenza di una rivoluzione degli strumenti di lavoro.

La manifattura moderna -non parlo qui della grande industria fondata sulle macchine-

o trova
le disjecta membra già pronte nelle città dove sorge e deve solo toglierle alla dispersione e raccoglierle insieme;

oppure
il principio della divisione del lavoro
si presenta perchè c’è da appropriare a particolari operai differenti operazioni della produzione di tipo artigiano (per es. per la legatoria).

Mediante
la specializzazione degli strumenti di lavoro
la formazione degli operai parziali
loro raggruppamento e combinazione in un meccanismo complessivo,

la divisione manifatturiera del lavoro crea
-la articolazione qualitativa
-e la proporzionalità quantitativa dei processi sociali di produzione,
-una determinata organizzazione del lavoro sociale
sviluppando così una nuova forza produttiva sociale del lavoro;



130

 ^

la divisione manifatturiera del lavoro,
come forma specificamente capitalistica del processo di produzione sociale
è solo un metodo particolare
per generare plusvalore relativo ossia per aumentare l’autovalorizzazione del capitale cioè ricchezza sociale,

essa
sviluppa la forza produttiva sociale del lavoro a favore del capitalista invece che a favore dell’operaio
ma la sviluppa mediante lo storpiamento dell’operaio
e produce nuove condizioni di dominio del capitale sul lavoro
da una parte si presenta come momento storico necessario di sviluppo nel processo della formazione economica della società,
dall’altra parte
si presenta come un mezzo di sfruttamento incivilito e raffinato.

Durante il periodo della manifattura essa è la forma dominante del modo di produzione capitalistico
ma l’esplicazione delle sue tendenze urta in molteplici ostacoli:

come abbiamo visto,

-benchè la manifattura,
accanto alla graduazione gerarchica degli operai
crei
una separazione semplice fra operai abili e non abili,
il numero di questi rimane assai limitato per via della influenza predominante dei primi;

-benchè la manifattura
adatti le operazioni particolari al grado di maturità, forza e sviluppo dei propri organi lavorativi viventi,
e spinga allo sfruttamento produttivo delle donne e dei fanciulli
questa tendenza fallisce, tutto sommato, per le abitudini e per la resistenza degli operai maschi adulti;

benchè la scomposizione della attività di tipo artigianale
faccia calare le spese di addestramento e quindi il valore dell’operaio,
per lavori particolari più difficili rimane necessario un lungo periodo di apprendistato
che viene mantenuto gelosamente dagli operai.
poichè a fondamento della manifattura rimane l’abilità artigiana
e poichè il meccanismo complessivo non possiede una ossatura oggettiva indipendente dai lavoratori stessi
il capitale lotta continuamente con l’insubordinazione degli operai.

Allo stesso tempo la manifattura
-non aveva potuto impadronirsi della produzione sociale in tutto il suo volume, nè sovvertirla fino in fondo.
-s’elevava sulla vasta base dell’artigianato urbano e dell’industria domestica rurale:
la sua base tecnica entrò in contraddizione, a un certo grado del suo sviluppo, coi bisogni di produzione da essa stessa creati,
una delle sue creazioni più compiute fu
-l’officina per la produzione degli stessi strumenti di lavoro,
-e dei complicati apparecchi meccanici che venivano adoprati.
a sua volta,
questo prodotto della divisione manifatturiera del lavoro produsse macchine:
le macchine sopprimono l’attività di tipo artigiano come principio regolatore della produzione sociale:
da una parte viene eliminata la ragione tecnica dell’annessione dell’operaio ad una funzione parziale per tutta la vita
dall’altra cadono i limiti che quel principio imponeva al dominio del capitale.


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