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domenica 13 giugno 2021

GIANNI VATTIMO: SCRITTI FILOSOFICI E POLITICI

GIANNI VATTIMO Scritti filosofici e politici


Il Pensiero Debole di Gianni Vattimo ha conquistato un posto centrale nel Pensiero Filosofico e tutti gli scritti dell'autore, da quelli più teorici a quelli sociali e divulgativi, ne sono attraversati. 


La crisi dei fondamenti, il trionfo del post-moderno trovano nel Pensiero Debole di Gianni Vattimo l'esplicitazione più compiuta e definitiva rappresentata dalla Hybris che è la cifra dell'uomo contemporaneo in ogni campo: dalla Scienza alla Tecnica, alla Polis ed al tramonto del Soggetto.


La crisi del Soggetto in Filosofia e dei fondamenti nel Pensiero scientifico sono la caratteristica  della condizione dell'uomo moderno. La concezione ‘debole’ dell' Essere per il Filosofo consente la possibilità di “nuovi ideali di umanità”, non più “legati alla concezione metafisica del soggetto”, e nuove relazioni nella società e vivibilità ambientale.


Indice dei Contenuti 


  • I Compiti della Filosofia 
  • La condizione post-moderna
  • Il Pensiero Debole
  • Il tramonto del Soggetto
  • La hybris dell'uomo moderno

  • I Compiti della Filosofia

In questo poderoso volume di "Scritti Filosofici e Politici" ove sono raccolti i suoi studi e testi, Gianni Vattimo sostiene che “l'enfasi sulla progettualità” è “un falso problema” nella condizione tardo-moderna che vede il dominio tecnico-scientifico. 
Il pronunciamento dell'autore è per “una dissoluzione, un indebolimento del senso o meglio “un'ontologia del declino”che è “il filo conduttore che lega queste pagine”.

A insegnare alla mosca a uscire dalla bottiglia” per Wittgenstein, ad avere un “buon carattere” come raccomanda Nietzsche, ad esercitare l'acrobazia “lungo le maglie della rete in cui è presa la nostra esistenza” sembrano essere i compiti della filosofia.

“Nessuna progettualità storica, nessun impegno per la trasformazione? ” si chiede il filosofo che continua “mi sento impegnato verso il passato, le tracce del vissuto”.   

  • La condizione post-moderna

E' più consono alla condizione postmoderna, per Gianni Vattimo, quest'atteggiamento in quanto il passato “come continuità dell'esperienza” è minacciato dal “rinnovamento accelerato” che è “opera degli automatismi del sistema”: accade “necessariamente” quasi che la tarda modernità venga a “realizzare, cambiandone e pervertendone il senso, certe tesi hegeliane o marxiane”.

Con riferimento alle prospettive dialettiche per cui “c'è un senso ultimo della storia” e per cui i soggetti, liberi dall'alienazione, “saranno in grado di possedere la storia mentre la fanno”, al Sartre della “storia che verrà a dissolversi negli uomini concreti” Vattimo oppone le sue considerazioni per cui “il senso della storia non può identificarsi con le azioni degli uomini se non a patto di subire uno stesso processo di dissoluzione”.
E termina: “la storia non ha senso, almeno non un senso inteso” sartraniamente. 

  • Il Pensiero Debole

Attraverso le connessioni di quest'ontologia con la ‘critica del soggetto’ e con l' ermeneutica, Vattimo di-spiega la sua concezione ‘debole’ dell' Essere che permetterebbe la possibilità di “nuovi ideali di umanità” non più “legati alla concezione metafisica del soggetto”.

Qual è “il senso della nuova, possibile esperienza superficiale dei valori e dei significati” di cui parla l'autore?
Il tentativo di misurarsi con la dialettica hegelo-marxiana, con la sua pretesa di interpretare validamente le condizioni dell'esistenza sorregge i vari capitoli.

  • Il tramonto del Soggetto

Non è più possibile scrivere di alcuna ‘cosa in sé’, il soggetto è diventato una “cosa come tutte le altre” e ancora “la coscienza, l' io sono semplicemente filiazioni posteriori” ovvero “tutto accade” secondo le parole nicciane per cui “un lontano colpo di cannone ci colpisce l’orecchio durante il sonno; nel sogno noi lo leghiamo a una storia che ci appare, a posteriori, come causa e spiegazione”.

In questo senso il Soggetto, “un effetto di superficie” per l’appunto, è “una favola, una finzione, un gioco di parole”. 

  • La hybris dell'uomo moderno

Per Gianni Vattimo, il carattere, che è “un prodotto del soggetto”, rinvia “ad atti di metaforizzazione che sono determinati dai valori sociali di dominio.

Una sorta di violenza nei confronti di sé e delle cose, la ‘hybris’, caratterizza l’uomo moderno”: per Nietzsche è ‘hybris’ tutta la nostra posizione nei confronti della natura, la nostra violentazione di essa con l’aiuto delle macchine, la nostra posizione di fronte a noi stessi: “eseguiamo esperimenti su di noi, quali non ci permetteremmo su nessun animale”.

Ora: è proprio dell' ermeneutica, dell'interpretazione “far violenza, immaginare finzioni, falsificare” che in questo senso vengono a collocarsi di là da ogni essenza propria della cosa; laddove, la nozione gramsciana di egemonia, originando da una visione metafisico-dialettica “comporta l'idea di una corrispondenza profonda tra dominante e dominato”.

Questo “ideale conciliato della sovranità come egemonia” non ha più ragione d'essere, nella lettura nicciana portata avanti dall’autore, perché il “soggetto conciliato è pensato nell'orizzonte della dialettica” quando ormai con “la morte di Dio” si è avuta la dissoluzione di ogni metafisica.

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