Simone Regazzoni: Filosofia del mare: è sufficiente un titolo, un indice di un testo: "Oceano. Filosofia del pianeta" Ponte alle Grazie, di cui non sai neanche la copertina, per osare pensare qualcosa su esso?
Forse non è sufficiente, e questo sollecita ancora di più verso una sfida, ma necessario se il “ch'e' ditta dentro” emerge prepotente.
Andiam allora “come una nave spinta dal vento” anche se è come buttarsi a mare senza saper nuotare: come chi scrive.
Prologo
Filosofia naturalistica
Una nuova cosmologia
Oceano universale
Pensiero terrestre
Mondi Oceano. Al di là dell’antropogeocentrismo
Oceano. Filosofia del pianeta
Abitare il corallo
La Terra-Arca
Talete in Polinesia
Filosofia del Surf
Homo natura
In principio è l’acqua
Okeanós
Tutto scorre
Oceano primordiale
Filosofo-balena
Idrosfera oceanica
Nel flusso del mondo
Moby Dick, l’ingovernabile
Oceano cosmico
Epilogo
Odissea nello spazio
Il mito è pensato ed anche impensato in altri modi e soprattutto impensabile con il nostro sguardo "offuscato" dalle interpretazioni della storia.
Quando addirittura le interpretazioni sono assenti diventa arduo provare un discorso sul mare.
Sì, il punto è questo: il discorso, il logos che ci lega e condiziona cioè ci colloca nella condizione di non riuscire a dire.
Non il poeta però, non la narrativa però. La parola del canto ha detto.
L'Odissea non è forse anche un canto del mare e sul mare?
E Odisseo, cantato ancora una volta da Dante, non ha forse varcato le colonne d'Ercole?
Gli eroi vivono nel mare:
Ulisse costruisce una zattera per tornare ad Itaca rinunciando all'immortalità che Circe gli promette, il nòstos è determinate ma non tanto da non fargli varcare le colonne d'Ercole;
Achille, nell'Iliade, già in preda ad una furia dionisiaca, piange in riva al mare;
ed ecco Achab col “Moby Dick” di Melville e “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway.
Ma il mare è anche Scilla e Cariddi come anche il regno delle Sirene e di Poseidone e di Teti (non è un caso che “deti” sta per mare nell'illirico).
Non possiamo pensare anzi “sentire” il mare come i Greci, il nostro non è il mare degli dei e del kósmos e del Cháos e del fato e dell'ananke.
Il pensiero allora prenda nota e varchi le colonne d'Ercole del suo logos.
Simone Regazzoni ha costruito la sua zattera e si è gettato in mare. https://www.amazon.it/Libri-Simone-Regazzoni/s?rh=n%3A411663031%2Cp_27%3ASimone+Regazzoni
Sì, non esiste solo la gettatezza terrestre.
No, si può meglio dire: “Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele; ... seguitando il mio canto con quel suono”
Ai primordi, veniamo dal mare e dagli astri. Non è forse da lì che bisogna ripartire?
Nel senso di un nuovo inizio e nel senso proprio di ripartire con un nuovo dire.
Un capovolgimento di visione, una torsione come l'insorgere della prospettiva nell'arte e dall'arte al pensiero.
Nel nostro piccolo, annotiamo:
l’embrione di un mese è composto al 94% di acqua, il neonato è del 77%, il 60%-65% presenta l'adulto;
“si sono rotte le acque” si dice dell'inizio del parto;
“è consigliato bere molta acqua”.
E poi “siamo in una società liquida”.
Non è un caso che sulle isole Galapagos tra acqua e flora e fauna sia nata la Teoria dell’Evoluzione di Darwin.
E navighiamo, guarda un po',verso gli altri pianeti in cerca dell'acqua perché lì c'è la vita.
L'acqua: l'archè di tutte le cose.
Tutto congiura e si addensa sull'acqua, lì dove è ben visibile il πάντα ῥεῖ.
L'universo è conosciuto al 5% , il resto è materia oscura.
In comune il mare con l'universo ha l'inconoscibile, il non conosciuto ancora.
Si provi un'archeologia del mare, un andare a ritroso, ai primordi del logos: quando il logos non ancora parlava.
Si può, forse, parlare per frammenti, per suggestioni: non si sa nulla del libro di Regazzoni.
Come poco si sa dell'universo.
Il mare vasto, in movimento, generatore di forme, simbolo dell'imprevedibilità, una “struttura” che è non struttura, non formalizzabile, una "forma" che recalcitra al calcolo e alla matematizzazione e che si rispecchia nell'universo e questo nel mare.
Ma diamo alla scienza ciò che è della scienza: il semplice “pane al pane, vino al vino”: il volo degli storni sono una struttura complessa, caotica con un ordine interno esplorato e codificato dal nobel Giorgio Parisi.
Un'analisi qualitativa più che quantitativa si addice all'elemento liquido.
Se la modellizzazione pare insufficiente, allora occorre un'arte dei modelli.
Il mare è fluttuazioni, increspature, biforcazioni, variazioni, pura dinamica, al di sotto della misura: è infinito, è elemento metamorfico per eccellenza: incontenibile.
Ancora la voce poetica: “tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.”
Il logos naufraga in pieno mare.
Per «una necessità del pensiero», Heidegger rivolge lo sguardo a "La poesia di Hölderlin": un modo "altro" di fare filosofia per poi affidarsi direttamente al verso in "Il pensiero poetante La produzione lirica heideggeriana 1910-1975" https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788887231649
Sì, il logos occulta, la poesia apre alla vastità ed il mare è vastità, apertità: il logos per parlare ha bisogno della voce del poeta.
Perché non basta il logos: l'uomo è anfibio dall'inizio e ora è anfibio nel suo condividere lo spazio di vita e degli affetti e culturali in una spazialità metamorfica: la rete che è uno spazio-tempo dove si naviga, per l'appunto, tra humanities, scienza e tecnologia: un intreccio inestricabile.
Una specie rara abita il mondo: questa umanità che condivide uno human-tech-space.
Emerge Longino, Burke e Kant: il mare calmo e procelloso, rasserenante e sconvolgente, "bello quando è bello" e terribile quando è terribile, ignoto e profondo come l'inconscio.
Il mare è “bello e impossibile” per citare la Nannini perché la canzone ha cantato il mare e i suoi abitanti umani: “all'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore” dice De Andrè o il Gino Paoli di “Sapore di sale”: non a caso due liguri.
Gli “Ossi di seppia” e ogni verso di Montale, guarda un po': ligure, sono mare.
“Il Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich siamo noi: viandanti in terra e nella nebbia del Pensiero sul mare.
Il mare è contiguo all'abisso che ci abita, noi siamo il mare e ne abbiamo paura.
L'assenza del discorso "razionale" sul mare è qui.
Un nuovo "De rerum natura" un nuovo Lucrezio, se ci saranno, vedranno questa differente specie umana ma uguale a sé stessa: in cerca ancora di un senso e che sperimenta la scelta e lo scacco.
Pare sia questa la consegna di Simone Regazzoni e della sua Filosofia del mare.
A chi scrive così pare.
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