Al tempo della crisi ecologica, della transizione digitale e dell’automazione cognitiva, il paradigma novecentesco è apparso inadeguato laddove forme urbane, produttive, cognitive e simboliche si trasformano simultaneamente in un campo comune ed in una convergenza tra agenti differenti: città, natura, industria, simboli, infrastrutture.
Una trasformazione sistemica in risposta a nuove interazioni ambientali, cognitive e culturali richiede una nuova visione della natura e delle azioni umane.
L'imposizione post-meccanicistica esemplificabile, da una parte con l'allosteresi - da allos, altro, e stereós, solido-forma - un cambiamento strutturale ed una mutazione di sistemi complessi; dall'altra col sinecismo morfogenico - il synoikismós che indicava nella polis unificazione di più villaggi - definisce un processo di integrazione e co-evoluzione di forze diverse che originano inedite realtà socio-tecnologiche e vedono il superamento del dualismo tecnica/natura, con l’emergere di ecotecnologie.
L’industria allosterica come organismo relazionale
La nozione di allosteresi ribalta l’immagine di un sistema produttivo stabile e modulare: si afferma una plasticità costitutiva, che richiama la neuroplasticità e l’epigenetica con un' industria non più apparato meccanico, ma organismo vivente, capace di apprendere, rispondere e mutare: un' industria porosa, reattiva ai segnali ambientali, cognitivi paragonabile al bergsoniano élan vital, inteso come forza evolutiva connaturata alla trasformazione allosterica.
Un industria non più apparato statico, ma campo che evolve non per semplice aggiornamento ma per mutazione e con un' economia che esiste nella relazione: un' industria allosterica che si configura instabile ed aperta alla ricombinazione e si colloca oltre la cibernetica: non più semplice controllo-retroazione, ma emergenza di senso, spazio e forma.
Questa visione si avvicina alla bio-politica foucaultiana, ma ne supera i limiti funzionalisti, abbracciando un'ontologia affermativa, generativa: non si tratta solo di descrivere poteri e dispositivi, ma di immaginare potenzialità ontologiche e nuovi ecosistemi capaci di rigenerare le forme e la vita.
L’industria del futuro, secondo questo modello, non sarà più localizzata in fabbriche isolate ma si innesterà nei territori come un rizoma, generando valore culturale, estetico, energetico: è infrastruttura sensibile, partecipe del metabolismo urbano.
Un sistema allosterico è dissipativo, aperto, biforcazionale per riprendere Prigogine e richiama la teoria della complessità di Morin, un sistema capace di auto-organizzarsi in cui la trasformazione si dispiega da uno stato di ordine che nasce dal caos.
Nel contesto del sinecismo morfogenico, l’industria non è un sistema rigido ma complesso e adattivo, capace di ristrutturarsi in funzione di pressioni ecologiche, tecnologiche e simboliche, sensibile a sollecitazioni cui reagisce nel ristrutturare sé stessa: un ambiente di individuazione continua che consente di costituirsi nella relazione tra tecnica, umanità e ambiente.
L’industria si “ritrae” dalla fabbrica per innervarsi nello spazio vivo della polis, producendo forme metaboliche, sensibili, intelligenti: è la tecnopoiesi.
La risposta morfogenetica alla crisi dell’Antropocene
Nel tempo della crisi climatica, della saturazione urbana e dell’automazione produttiva ovvero nell'Antropocene in cui l’azione umana ha trasformato irreversibilmente la biosfera, emerge una crisi ontologica che pone in discussione i fondamenti della relazione tra tecnica, natura e soggetto, costringe ad abbandonare il paradigma estrattivo-meccanicista per cui l’industria è pensata come apparato separato dalla vita ed impone un'ontogenesi tra ambiente, cultura e tecnologia.
L'allosteresi e il sinecismo morfogenico non sono semplici metafore, ma dispositivi ontologici che riplasmano l’intera idea di tecnica, spazio e forma e richiedono una revisione dei modelli industriali.
La visione allosterica e sinecistica propone una nuova alleanza tra tecnica, bios e logos e topos: un mondo dove la produzione non è sfruttamento ma germinale co-creazione, un punto di svolta che articola l'integrazione di industria, urbanistica, cultura e ambiente, capace di rispondere alle sfide dell’Antropocene.
Il progetto Eco-Formativa: infrastruttura allosterica e città sinecistica per il Tecnozoico
L’industria allosterica è la forma di un nuovo ecosistema: il Tecnozoico, dove la tecnica non domina il mondo ma lo co-crea: un'era non più accumulativa ma morfogenetica e relazionale.
Il progetto non mira semplicemente a “ristrutturare” l’industria, ma a riplasmarla come processo vitale, come forma d’arte ecologica e relazionale e propone una nuova estetica e ontologia del produrre, in grado di generare forme co-evolutive in simbiosi con i territori e le intelligenze che li abitano.
Il progetto traduce, sul piano pratico, i concetti di allosteresi industriale e sinecismo morfogenico, per una nuova architettura della produzione integrata nello spazio vitale.
L'allosteresi architettonica
Le strutture industriali non sono prefabbricate, ma progettate per mutare nel tempo:
i moduli adattivi sensibili a parametri ecologici (aria, luce, suolo);
le infrastrutture ibride: produzione, coltivazione, ricerca, performance;
un'architettura che possa incorporare intelligenze artificiali non-direzionali, capaci di apprendere e modificare il layout.
Obiettivi strategici
Creare nodi produttivi sensibili che reagiscano ai flussi ambientali, energetici e cognitivi del territorio;
favorire l’ibridazione tra industria, ricerca, arte, natura e comunità;
promuovere forme spaziali co-evolutive attraverso l’interazione tra infrastruttura e ambiente urbano;
generare un modello replicabile di sviluppo post-industriale non estrattivo e ontopoietico.
Sinecismo morfogenico urbano
La fabbrica non è un corpo separato dalla città, ma si intreccia ai suoi flussi vitali con:
la convergenza tra attività produttive, spazi culturali e biotopi naturali;
l'integrazione con reti di mobilità dolce, orti urbani, scuole, musei, coworking;
il co-design partecipato tra cittadini, artisti, scienziati, operai e studenti.
Temporalità co-evolutive
La struttura è pensata come organismo transitorio e riformabile:
con cicli temporali di metamorfosi: ogni 5 anni, riformulazione morfogenica basata su dati reali;
con un'evoluzione open-source: ogni nodo comunica con gli altri, condividendo pattern di trasformazione.
Tecnologie integrate
Sensoristica ambientale per la risposta allosterica (aria, temperatura, pH, rumore);
realtà aumentata per la visualizzazione delle trasformazioni morfogeniche;
blockchain ecologica per la tracciabilità dei cicli produttivi e della forma;
sistemi generativi (AI+machine learning) per la progettazione continua dello spazio.
Prototipo pilota: “Nodo Delta”
Location: area post-industriale bonificata sul delta del Po
Descrizione: insediamento produttivo sperimentale che integra: produzione leggera circolare (bioplastiche, microalghe, materiali bio-based);
laboratori di co-design e arte computazionale;
spazi di interazione uomo-macchina-natura: eco-teatri, paludi sonore, serre-laboratori;
infrastrutture “semisenzienti” che rispondono a stimoli del paesaggio.
Obiettivo: diventare esempio replicabile di fabbrica-post-territoriale, nodo di un’intelligenza collettiva distribuita.
Implicazioni etico-politiche
Ridefinizione del lavoro: da mansione ripetitiva a cura formativa del paesaggio tecnico
Implicazioni ontologiche
La visione allosterica e sinecistica non è solo un contributo tecnico o urbanistico, ma una proposta ontologica per cui l’industria muta la sua forma: da apparato chiuso a organismo plastico, da macchina funzionale a ecosistema relazionale, da un mondo costruito a un mondo in-formazione continua, dove la tecnica è un atto poietico, non una forza cieca.
Ontologicamente, l'allosteresi implica la rinuncia a un’essenza fissa: l’”essere industriale” non è più definibile in termini di macchine, produzioni o capitali, ma come relazione dinamica tra flussi, tra energie, forme, codici, materiali e desideri.
Il sinecismo morfogenico diventa un'urbanizzazione simbolico-materiale, dove le strutture tecniche, biologiche, cognitive e sociali emergono insieme in un processo di co-implicazione: qui possiamo leggere l’eco di Deleuze e Guattari di città come “macchina desiderante”, assemblaggio rizomatico.
Il progetto non è una forma conchiusa, ma un processo in atto: un unfolding costante.
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