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martedì 10 giugno 2025

Morfie d’una nuova progettualità: dialoghi con la AI


Morfie d’una nuova progettualità dialoghi con la AI

Morfie d’una nuova progettualità: dialoghi con la AI

Il lavoro, nel post-industriale, non è più riducibile a un dato economico o funzionale e va pensato come evento morfologico, come spazio in cui la soggettività e la collettività si co-implicano in un processo continuo di individuazione e desideranza: il lavoro è un campo metastabile in cui si giocano tensioni e crisi.

La crisi della grande industria non rappresenta un crollo economico, ma il venir meno di un modello di riconoscimento sociale, di un’immagine del sé condivisa e interiorizzata: da qui emerge il bisogno di nuove forme - non solo lavorative, ma cognitive, estetiche, esistenziali.


La ricostruzione dell’immaginario sociale

La ricostruzione dell’immaginario sociale, dove la qualità del lavoro non è funzione del tempo impiegato ma si relaziona con l'aderenza tra soggettività e spazio espressivo, tra ciò che si fa e ciò che si è, è un processo inevitabile: al centro dei processi lavorativi, il soggetto trasforma i propri strumenti lasciandosi trasformare, come in Simondon: la soggettività non è data, ma è il risultato di una transduzione tra socialità e media di produzione.

La ricerca è il tentativo di dare forma all'informe ovvero di costruire modelli epistemici non riduttivi capaci di accogliere la complessità dei processi sociali in quanto, come in Whitehead, il reale è un insieme di concrescenze, e ogni evento è una relazione tra passato e futuro, tra soggetto e mondo, tra individuo e collettivo.

Formalizzazione topologica

È utile immaginare una cartografia per esplorare il lavoro contemporaneo e per individuare resistenze e trasformazioni quindi per ripensarlo come processo che eccede le forme date e le reinventa: un pensiero inattuale che interroga il presente a partire da ciò che esso rimuove, è escluso oppure è ancora inespresso: la conoscenza non è rappresentazione di stati stabili, ma una cartografia di trasformazioni.

Le forme non emergono dal nulla, ma dalla dissipazione, dal disordine creativo come ricorda Prigogine eppure occorre un passaggio ulteriore ovvero un metodo di formalizzazione che integra anche aspetti simbolici, culturali e soggettivi, rendendo visibile il legame tra scienza e immaginario.

Le morfie e la desideranza sociale: morfogenesi dell’inattuale

In particolare, i modelli non riduzionisti dispiegano transizioni sociali, crisi del lavoro, immaginario collettivo e desideranza, sono capaci di accogliere le complessità del lavoro e della socialità

Ogni morfia è un punto di biforcazione, una forma-ponte che traduce ldesideranza - cioè la forza di immaginazione sociale - in configurazioni che possono essere stabili, instabili, chimeriche o dissolventi.

La desideranza è motore di trasformazione sociale:

in Derrida, ogni forma è già nella différance: il lavoro “pieno” o “autentico” è sempre spostato, sempre in attesa, sempre in tensione tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere,

in Deleuze l’essere non è altro che differenza in attouna molteplicità che si piega, mai si totalizza.

per Plescia, il lavoro e la socialità non sono “cose”, ma forme in divenire come in topologia ogni processo sociale è differenziazione attiva, e la stabilità è sempre locale e precaria, mai totale.

La formalizzazione

La formalizzazione proposta col ricorso alla topologia delle catastrofi, serve a dare struttura ai cambiamenti qualitativi - difficilmente rappresentabili con le sole categorie sociologiche, economiche o i dati quantitativi - tramite modelli morfogenetici del lavoro - come le spirali catastrofiche, metaedri rotanti, sfere ombelicali, collane di catastrofi - i nuovi modelli vanno oltre Thom.

L’introduzione di un linguaggio topologico consente di vedere ciò che nei paradigmi sociologici ordinari resta invisibile: la tensione tra soggettività e media, tra desiderio e struttura, tra flusso e forma.

Le transizioni e le morfie. cuspide, farfalla, ombelico iperbolico, coda di rondine non sono metafore, ma operatori cognitivi capaci di catturare le dinamiche reali della vita lavorativa e sociale.

Le morfie rappresentano archetipi della trasformazione, tensioni tra innovazione e continuità, visioni desideranti e stabilità strutturale: le “sfere ombelicali” e “metaedri topologici” sono strumenti per pensare la molteplicità senza ridurla alla linearità della causalità meccanica.

Il “nuovo” nasce solo rompendo l’equilibrio: il momento della crisi - della catastrofe - non è solo perdita ma nascita di profondi cambiamenti, occasione di biforcazione, di emergenza di nuovi attractor morfologici: da qui l'importanza della "spirale catastrofica", dove è l’instabilità a generare forme.

I nuovi modelli

La tetrafarfallacuspide modello topologico che rappresenta le tensioni e trasformazioni tra socialità e media, composto da una cuspide e una farfalla - due tipi di catastrofi thomiane - moltiplicato in quattro direzioni, ognuna esprimente una diversa traiettoria evolutiva es. una società post-industriale in cui una nuova generazione di lavoratori rifiuta sia il lavoro in fabbrica sia il precariato nel digitale.

Si formano: un gruppo che inventa nuovi mestieri creativi (es. artigiani digitali → direzione farfalla), e un gruppo che ricade nel mercato tradizionale (es. freelance inglobati da piattaforme → direzione cuspide), altri che si autoescludono (no job, no work) → ombelico iperbolico, altri che organizzano cooperative di mutuo aiuto → ombelico parabolico.

La classificazione

un metaedro, figura astratta, rappresenta la complessità del “nuovo lavoro” non con un solo destino ma con quattro possibili esiti topologici;

l'ombelico parabolico è una figura che esprime il dispiegarsi di creatività sociale tangibile, e la cristallizzazione di una novità sociale, qui: l’intelligenza collettiva raggiuge una forma concreta ed efficace es. un gruppo di donne fonda una rete di economia solidale, creando un modello auto-sostenibile, stabile e riconosciuto e la desideranza collettiva cristallizza in una forma lavorativa nuova e stabile;

l'ombelico iperbolico esprime l’eccedenza e l'instabilità dell’intelligenza collettiva, ancora non oggettivata, es. movimenti giovanili che rifiutano il lavoro tradizionale, sperimentano comunità autonome, ma senza riuscire a dar loro una continuità o un modello replicabile: qui permangono flussi instabili, ispiranti ma evanescenti;

la coda di rondine esprime la morfogenesi che emerge da equilibri dinamici, ma potenzialmente non innovativi e rappresenta una transizione che evolve ma senza innovare realmente è una continuità mascherata da cambiamento es. un’impresa passa da produzione industriale a smart working ma riproduce le stesse gerarchie e alienazioni: è un cambiamento apparente, una nuova forma, in una struttura datata;

la spirale catastrofica e collana esprime l'evoluzione dinamica e ricorsiva tra diverse catastrofi come crisi, trasformazioni es. una città post-industriale subisce cicli di declino, rigenerazione urbana, gentrificazione, abbandono, innovazione. Non c’è un punto finale, ma un movimento spiraleggian -te continuo tra crisi e rilancio;

la sfera ombelicale è una struttura in cui da un centro emergono molteplici traiettorie creative: la pluralità delle innovazioni possibili es. l'ecosistema delle startup che nascono da università e makerspace: presenta molte traiettorie che si irradiano da un centro di creatività condivisa;

la farfallacuspide in dissolvenza rappresenta la desideranza che non riesce a prendere forma, si dissolve es. le promesse della gig economy: presentate come libertà e innovazione, si dissolvono in precarietà e sorveglianza algoritmica;

la farfalla, novità, si unisce alla cuspide, determinismo, e si dissolvenon presenta alcuna vera liberazione.

Le forme fantasma e le forme chimeriche

Le “forme fantasma” e “forme chimeriche” sono tracce di possibilità svanite o ancora in potenza, come scritture nella sabbia dell’inconscio collettivo, sono poli estremi dell’immaginario collettivo;

forma fantasma: ciò che è esistito ma è svanito es. la “sicurezza del posto fisso”, forma fantasma, idealizzata, scomparsa.

forma chimerica: ciò che non è mai stato e forse non sarà mai es. la “piena libertà creativa retribuita”, forma chimerica, desiderata, ma irrealizzata.

Lavoro, alienanza, e desideranza

La qualità del lavoro: non è data dalla quantità, es. ore lavorate, ma dalla percezione soggettiva e sociale, in relazione all’alienazione e alla separazione tra produzione e vita;

l'alienanza: è la misura della distanza tra soggettività e media di produzione che si manifesta come scissione tra mente e corpo, tra lavoro e vita, tra maschile: sopravvivenza e femminile: riproduzione/armonia).

Infine, la desideranza sociale è la forza collettiva immaginativa e trasformativa che si manifesta come spinta verso nuove forme di organizzazione del lavoro e della socialità.

Media di produzione e alterità

I media di produzione  - strumenti, tecnologie, istituzioni - sono l’oggettivazione del sapere, ma anche elementi di separazione se non vengono rinegoziati dalla socialità;

l’alterità nasce quando la socialità non si riconosce nei media: può portare a conflitto creativo oppure chiusura regressiva.

Transizione postindustriale

Il passaggio all’epoca postindustriale non è lineare né necessariamente innovativo: spesso ripropone morfie preindustriali in mancanza di un vero industrialismo.

L’autoimpiego e le forme ibride di lavoro rappresentano ambiti di sperimentazione e ambivalenze: professionalità nuova vs insicurezza, creatività vs alienazione persistente.

Archetipi e desideranza

L’archetipo è la forma metastabile che emerge dall’interazione tra la soggettività sociale e le condizioni materiali.

Ldesideranza agisce su un paesaggio epigenetico, su un sistema morfologico non deterministico ma sensibile a condizioni iniziali, interferenze e fluttuazioni: ldesideranza è energia trasformativa che genera nuove possibilità non ancora codificate: è l’impossibile come origine dell’innovazione.

L’invarianza dei media, gli strumenti, può essere superata solo con salti morfogenetici, che interrompono la ripetizione del noto.

Critica alla società e al potere

La critica è rivolta alla società che esclude, non riconosce e produce l’alienazione e la riduzione della creatività a funzione strumentale.

Critica all’alienazione: tutti denunciano, seppur con linguaggi diversi, le forme di alienazione derivanti da rigidità sistemiche o strutturali.

La resistenza avviene nella forma di alterità progettuale, desideranza di mondi altri che si esprimono nell’immaginario, nel linguaggio, nell’etica.

Conclusione

Il lavoro di Plescia sviluppa un'ontologia morfogenetica, un'epistemologia critica del lavoro: un dispositivo morfogenetico per pensare e agire il cambiamento, riconnettere produzione e riproduzione, maschile e femminile, lavoro e vita, qui: l’intelligenza collettiva, la desideranza e l’alterità agiscono su un paesaggio mutevole, in conflitto con le rigidità dei media produttivi.

Morfie d’una nuova progettualità dispiegante quali-quantità del lavoro si sviluppa all’incrocio tra sociologia critica del lavoro, teoria della forma, topologia delle catastrofi di René Thom, filosofia della soggettività collettiva ma non è solo un testo teorico in quanto tenta di ricostruire una nuova progettualità.

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