80 ANNI - 1943-2023 -
dall'eccidio della Divisione Aqui a Cefalonia
La testimonianza del reduce Iannacci Giovanni, deportato nel lager di Zeithain vicino a Dresda, candidato all'installazione di una pietra d'inciampo
LA VITA
E
LA GRANDE STORIA
I ragazzi del “Vögel Bar Morunni” https://archive.org/details/i-ragazzi-del-vo-gel-bar-morunni primo caffè letterario di Ururi, la cui denominazione esprime la vocazione e la memoria personale di un combattente della eroica “Divisione Acqui” di Cefalonia, durante la 2^ guerra mondiale, deportato dai nazisti nel campo di concentramento di Zeithain Stalag IV B come recitano le “Fonti dell'Archivio Anrp - MEF - Cofinanziato dal fondo italo-tedesco per il futuro” https://www.lessicobiograficoimi.it/index.php/caduti/show/44302 il suo nome è Giovanni Iannacci, candidato, alla memoria, all'installazione di una pietra d'inciampo da parte della Fondazione Gunter Demnig www.stolpersteine.eu
DALLA “URURESINA” AL “VÖGEL BAR” AL “BAR MORUNNI”
La sua prima latteria “Ururesina”, toponimo del proprio paese, diventa “Vögel Bar” denominato poi “Bar Morunni” come omaggio a Luigi Incoronato https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Incoronato il locale è un punto di ritrovo, discussioni, letture ed accoglienza di giornalisti, studenti, maestri, presidi, professori,
cfr. on line: Giovanni Iannacci Xhuàni Vògël Fëlòsëfi, legate specialmente all'eccidio di Cefalonia 22 settembre 1943 «una delle azioni più arbitrarie e disonorevoli nella lunga storia del combattimento armato», come fu definito a Norimberga.
http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/static/resources/minireader/box.html?width=500&book_id=1293774
LA “DIVISIONE ACQUI” DI CEFALONIA
Giovanni è stato militare della “Divisione Acqui” di Cefalonia che, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, fu trucidata dai nazisti, cfr. “Il massacro della divisione Acqui da parte dei tedeschi. Un'epopea di eroi dimenticati, Milano 2001.Viva l'Italia! - Pagina 99 - https://books.google.it › books Aldo Cazzullo · 2010 Political Science”, e i cui sopravvissuti scelsero la prigionia per non combattere a fianco dei nazifascisti, scelta che costituisce, secondo gli storici, il primo vero e proprio atto della Resistenza e che Giovanni testimoniò nelle scuole e in convegni, cfr. Testimoni della Acqui https://www.iveser.it/?s=divisione+acqui “Ho scelto la prigionia” di Vittorio Vialli e Guareschi il papà di Don Camillo e Peppone https://it.wikipedia.org/wiki/Don_Camillo_e_l%27onorevole_Peppone, che “fu uno dei 600 mila Internati Militari Italiani. Giovannino Guareschi, tenente d'artiglieria, scrive de “la dignità e la forza d’animo con cui, nonostante la drammaticità della situazione, gli Internati Militari Italiani affrontarono la lunga stagione della prigionia. La fame la sporcizia, il freddo, le malattie, la disperata nostalgia delle nostre mamme e dei nostri figli, il cupo dolore per l’infelicità della nostra terra non ci hanno sconfitti. Non abbiamo dimenticato mai di essere uomini civili, uomini con un passato e un avvenire. Fummo peggio che abbandonati, ma questo non bastò a renderci dei bruti: con niente ricostruimmo la nostra civiltà” https://www.giovanninoguareschi.com/1943-1945 https://www.youtube.com/watch?v=msb0YTeQStU&t=14s
Giovanni faceva parte del 3° gruppo artiglieria contraerea corpo d'armata 32}IANNACCI GIOVANNI C.LE M. URURI CAMPOBASSO http://www.associazioneacqui.it/it/pagine/reducimp/3oGR-CA-CA.pdf come è riportato dall'Archivio degli Internati Militari Italiani in Germania https://www.lessicobiograficoimi.it/index.php/caduti/show/44302 e dal sito della “Divisione Acqui” https://www.google.com/searchq=Iannacci+Giovanni+Ururi&sxsrf=ALiCzsbzwI0qao7pEE_liuCsjuFvvsBm0A:1654435703835&ei=d6-cYq7AMp
Vxc8Psviu4A8&start=10&sa=N&ved=2ahUKEwju17ijtZb4AhWfSvEDHTK8C_wQ8NMDegQIARBR&biw=1366&bih=657&dpr=1
Le carte su Cefalonia, numero di pratica 1188, erano rimaste chiuse per mezzo secolo nell'”armadio della vergogna”, lo storico e giornalista Alfio Caruso scrive di Giovanni Iannacci “Ho letto Italiani dovete morire mentre ero in vacanza a Cefalonia... personalmente confermatami dal Caporale Maggiore Giovanni Iannacci che lei chiama Sergente M”. in “Italiani dovete morire”a pag.212 ricerca con cui ha riportato al centro della storia nazionale il massacro dei nostri soldati a Cefalonia. https://www.medioq.com/XX/Unknown/331674704088210/Cefalonia”
Nel 1966, alla presenza dell’onorevole Aldo Moro, Presidente del Consiglio dei Ministri, Giovanni, come ex combattente e testimone dell'eccidio, prende parte a Verona all'inaugurazione del monumento nazionale dedicato alla “Divisione Acqui”
GJELLË: LA PRIMA RIVISTA DEL PAESE
Giovanni fonda, nel 1968, il primo giornale di Ururi, cfr. “Gjellë - BookLibrary - Vatra Arbereshe http://www.vatrarberesh.it › biblioteca-on-line: Ururi si trova in Italia - Dizionario arberesh in mio possesso Gjellë, il rimpianto notiziario diretto da Giovanni Iannacci diazilla.com https://diazilla.com › doc › scaricare-ebook---vatra-arbë, “Nel mese di marzo vide la luce il primo numero del giornale Gjellë, la rivista fondata e diretta da Giovanni Iannacci e Luis De Rosa (una sorta di diòscuri dell'anima poetica ururese), agli inizi parve riscuotere, subito, entusiasmi e consensi. In seguito, dopo appena una diecina di numeri, dovette ammainare la bandiera per la tetragona insipienza degli amministratori politici locali. Tuttavia un seme preziosissimo era stato gettato, nella eventuale speranza di un futuro migliore. Difatti la gloriosa Gjellë (Vita), era destinata a trovare la sua degna erede cui passare il testimone a Kamastra che arriverà ad ospitare ben duecentottantotto firme.” (da: Preambolo estemporaneo, gennaio 1968).
PUBBLICAZIONI
E nel corso degli anni, Giovanni pubblica testi inerenti il paese e la sua gente, le tradizioni popolari, il mondo agricolo, le tematiche sul mondo del lavoro, prosegue l'attività poetica e l'impegno sociale e civile.
Il tema dei Trasporti sostenibili è già anticipato, negli anni '60, nel suo pamphlet “Da Ururi se un giorno dovessi viaggiare cosi” - dal Molise l'Italia in autobus / di Giovanni Iannacci, cfr. Repertorio di Libri e Pubblicazioni su: Italia (ART-DIZ).
Scrive, poi, la presentazione del testo di Giuseppe Fiorilli “Ururi si trova in Italia” presente nella Biblioteca Comunale.
FILM: I GOOGLE MAPS ANTE LITTERAM
Alcune pubblicazioni diventano anche dei filmini ove l'autore, illustra strade e abitazioni del paese segnalando le persone che vi hanno abitato: è, di fatto, una google maps ante litteram.
BIBLIOTECHE
Le pubblicazioni di Giovanni Iannacci sono reperibili presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, la Biblioteca Comunale di Ururi e di Campobasso https://www.medioq.com › Unknown ›.
RECENSIONI
Le sue pubblicazioni sono recensite dai seguenti giornalisti: Cefaratti Enrica, De Lisio Gabriella, Giordano Augusto, Parente Marilena,Tabasso Giuseppe,Venditti Stefano, Orizzonti, e studiosi: Nicolino Iavasile, Antonio Ferdinando Salvatore, Tiberio Occhionero.
UN UOMO CHE GRIDAVA NEL DESERTO: IL DISINCANTATO AÈDO NAIF DELLA URURI CHE FU
di
Tiberio Occhionero
Ricordando uno straordinario nostro concittadino di nome Giovanni Iannacci, nato sotto il Pontificato di Papa Benedetto XV Della Chiesa (1854-1922), nel 17^ anno di Regno di Vittorio Emanuele III (1869-1947), vigendo il Ministero sacerdotale del Parroco don Francesco Blanco e durante la Sindacatura dell'avvocato Vincenzo Tanassi (1885-1946).
Liberato, nell'aprile 1945, da un campo di concentramento della Germania nazista grazie alle truppe americane, Giovanni raggiunge Ururi nel settembre dello stesso anno.
Un caso unico ed emblematico quello di Iannacci.
Le terribili vicende belliche, legate specialmente all'eccidio di Cefalonia, 22 settembre 1943, costituiranno per lui un incredibile viatico psicologico e morale che lo accompagnerà nel lacerante e difficilissimo viaggio per “ritrovare” sé stesso, per capire e condividere socraticamente le sofferenze altrui.
Queste ultime, difatti, troveranno, a nostro umile giudizio, ampia e generosa ospitalità nella sua produzione filosofico-poetica, quantunque di “sapore” naïf, degli anni a venire.
Confesso, sinceramente, che non è agevole esprimere un parere e, tanto meno, formulare un giudizio sulla copiosa attività letteraria dell'Eroe di Cefalonia.
E questo per due buoni motivi:
1^ Di lui si sono già occupati, ad abundantiam ed a vario titolo, recensori bravissimi come Alfio Caruso, Enrica Cefaratti, Giuseppe Fiorilli, Fabrizio Fantini, Antonio Frate, Gianni Frate, Gianluca Frate, Nicola Intrevado, Paolo Mieli, Eugenio Occhionero, Fernanda Pugliese, Ferdinando Salvatore, Pardo Spina, Giuseppe Tabasso e una non meglio precisata signora Angela;
2^ il Nostro (uno straordinario “enfant terrible” di appena... ottantasei anni!) è giusto consideralo solo un autore naif oppure gli va riconosciuto anche, in parte, lo status di letterato secondo tutti i crismi?
Ecco il dilemma my opinion, come direbbero gli inglesi, è che bisogna avere il buon senso di seguire e vagliare, con obiettività e senza pregiudizio alcuno, l'intero e singolarissimo percorso intellettuale di Iannacci.
Desidero andare oltre.
Il suo modo di scrivere e poetare “rischia” di indurre qualche lettore a dei paragoni impensabili.
Prendiamo, ad esempio, il libro Il Paese di Nessuno: interessante ed arguta la prefazione a firma di Antonio Salvatore.
Si avverte la necessità, considerando la trama narrativa (apparentemente sincopata e scollegata) ed i contenuti intrisi di immagini paesaggistiche naif, di pensare, seppure timidamente e con le dovute riserve, a D'Annunzio e al pittore emiliano-romagnolo Antonio Ligabue.
Al pari del primo, anche il nostro concittadino merita di essere considerato poeta e soldato, eroe superstite di Cefalonia; per di più il suo cognome è più bello di quello del “collega” pescarese.
Come, non lo sapevate?
Il Vate d'Abrzzo si chiamava, in realtà, Gabriele Rapagnetta.
Con Ligabue, stupenda l'interpretazione televisiva offerta, molti anni fa, dall’eccezionale attore molisano Flavio Bucci, invece Iannacci condivide il bisogno assoluto ed ancestrale di vivere, osservare e ritrarre la quotidianità immerso in un commovente e puerile disincanto.
Desidero, adesso, riservare ma manciata di secondi all'ultima “fatica biblica” dell'inesauribile Testaparlante.
Ovvio il riferimento alla Miscellanea antologica ururese, uscita in due volumi: il primo nel giugno 2002 e il secondo nell'aprile 2003.
Certamente è una m'idea encomiabile e lungimirante ridare alle stampe contributi giornalistici e letterari sortiti dalla fertile e multiforme intelligenza dei nostri concittadini.
Accanto a nomi già consegnati alla Storia cittadina come: Luigi Incoronato (1^ vol.), Antonio Occhionero e Ettore Frate, magna pars del 2^ vol., è doveroso segnalare la presenza di importanti scrittori: Alberindo Grimani, Giuseppe Fiorilli, Antonio Libertucci, Vincenzo Varanese, Costantino Frate, Antonio Frate, mons. Nicolino Fratangelo e poeti: Luis De Rosa, Ferdinando Antonio Salvatore, Luigi Plescia, Maria Vincenza Gianfelice, Giacinto Plescia, Vincenzo Croce, Vincenzo Peta.
Una menzione speciale, inoltre, anche per il quotato pittore Gino Iannacci.
E venne un uomo chiamato Giovanni. Il nostro Iannacci, per nostra fortuna, non è più costretto a parlare da solo e in pieno “deserto”.
La sua Ururi ha imboccato, finalmente e dopo decenni di torpore sociale e culturale, la strada che la condurrà verso una lenta ma salutare catarsi.
IL PAESE DI NESSUNO
da
Orizzonti
In una splendida giornata di sole, intenta a riordinare il garage, ritrovo un vecchio libro, stampato nel 1990, scritto da Giovanni Iannacci, che si firma come Gioia dei Giardini. https://www.ultimavoce.it/12190-2/
Il libro si intitola “Il Paese di nessuno” e racconta, attraverso una serie di colloqui che due giornalisti immaginari tengono con le persone del posto, la vita di un piccolo paese.
Il motivo per cui vi parlo di questo libro, e della gioia che provo ancora adesso nell’averlo ritrovato, è perché lo scrittore era un mio compaesano e il libro racconta del mio paese: è un piccolo paesino del Molise.
Ricordo ancora, quando da piccola, mi recavo nella sua casa, e lui, seduto sulla sedia, a leggere il giornale.
Era un uomo umile e gentile, per quel poco che lo ricordo, mi regalava i suoi libri, e leggendoli, in questo momento, rimpiango di non averlo conosciuto adesso, di non avergli potuto raccontare quanta bellezza mi ha trasmesso questo libro, e quindi per ringraziarlo gli dedico questo mio articolo.
Ma tornando al libro, il caro Giovanni racconta di quanto il paese sia cambiato, e di quanto la voglia di cancellare il passato si sia trasformata in realtà.
Leggendo ho scoperto il mio paese come mai nessuno l’aveva raccontato.
La vita che prima si viveva qui (come in molti altri paesi) le attività che il popolo intero svolgeva insieme, cose che adesso non accadono più.
Rileggere di un paese vivo, del significato che ogni abitante dava a quello che faceva, scoprire che addirittura vi era un giornale.
Sembrano cose banali, ma nella realtà di adesso, nei paesi dove l’invidia e le malelingue vanno di pari passo, scoprire che prima, regnava la vita insieme alla discordia, è una speranza, un sospiro di sollievo.
Se qualcosa è esistito potrà ancora esserci.
C’è un discorso, che si svolge durante il racconto: quando i due giornalisti arrivano nel Paese di nessuno, fermano il primo che passa per quelle strade, un ragazzino di quindici anni e gli domandano:
- E’ il paese del ministro?
No, non è il paese del ministro, lui, il Ministro, è di questo paese e non il paese del ministro. E poi cosa significa? Di ministri sono così pochi, di persone c’è ne sono a milioni.
Si, ma sa, avere un ministro del paese, oggi, significa avere un tesoro, è più di quanto si ha un deputato o senatore.
Non è sempre vero caro giornalista: se quelle personalità dovessero badare al proprio paese o alla propria città, soltanto mille paesi verrebbero amministrati e gli altri sette mila che compongono questa nazione cosa farebbero? Starebbero a guardare le nuvole?
E vengono a dire tutti le stesse scemenze. Paese del Ministro e paese del Ministro. Ci hanno scocciati. Il paese non è di nessuno.
Hai visto? Hai sentito?
E’ vero - dice il collega in missione - si può essere cittadini modello anche a quindici anni, indipendentemente da dove si nasce o dove si vive; in un paese che non ha nemmeno un albergo, né un bagno pubblico, crescono persone di così spiccata sagacia e finezza di giudizio“.
Ebbene è questo quello che io vorrei, ora l’albergo dove poter dormire c’è, i bagni pubblici anche, vorrei queste persone che il giornalista stima, ma non solo nel mio paese, in ogni paese del mondo, l’evoluzione non c’è nelle strutture, ma nella cultura, che prima, benché poveri di vestiti e soldi e strutture vi erano uomini pieni di ideali umanità e unione.
Questo vorrei. Se è esistito potrà ancora esserci.
Questo libro, purtroppo, non è mai uscito dal proprio paese, e sono sicura che nel paese pochi conoscono la sua esistenza.
Spero vivamente che queste 147 pagine escano dal buio dove sono state messe, e trasmettano quello che hanno trasmesso a me.
Grazie Giovanni.
CEFALONIA:
IL PRIMO VERO E PROPRIO ATTO DELLA RESISTENZA CONTRO IL NAZIFASCISMO
Il 1° marzo 2001, preceduto dal ministro della Difesa Sergio Mattarella che ha già preso parte a Cefalonia all'annuale cerimonia di commemorazione dell'eccidio, il Presidente C. A. Ciampi si reca a Cefalonia dove il 23 settembre 1943, al termine di dieci giorni di combattimenti, oltre 9400 soldati italiani furono massacrati dalle truppe tedesche https://presidenti.quirinale.it/Elementi/182868
Ciampi visita il sacrario dedicato ai militari italiani accompagnato da un gruppo di superstiti della divisione Acqui (11500 soldati), che presidiava l'isola al comando del generale Antonio Gandin.
Le parole di Ciampi: «A voi», dice, «alla fine del lungo travaglio causato dal colpevole abbandono» (del governo Badoglio) furono poste tre alternative: combattere coi tedeschi, cedere le armi, tenerle e combattere» https://www.raiplay.it/video/2020/11/Il-Presidente-tricolore---Ciampi-commemora-leccidio-di-Cefalonia-53d5f49d-e529-4e82-ab0d-c1b5004dbaf4.html
Ecco, l'inedito referendum fra soldati in guerra che aveva come posta combattere e morire.
«Vi fu chiesto, in circostanze del tutto eccezionali in cui mai un' unità militare dovrebbe trovarsi, di pronunciarvi» e «con un orgoglioso passo avanti faceste la vostra scelta: unanime, concorde, plebiscitaria: combattere». In quel modo «decideste consapevolmente il vostro destino, e dimostraste che la Patria non era morta. Anzi con la vostra decisione ne riaffermaste l'esistenza». Fu esattamente su «queste fondamenta» che «risorse l'Italia». https://www.raiplay.it/video/2020/11/Il-Presidente-tricolore---Ciampi-commemora-leccidio-di-Cefalonia-53d5f49d-e529-4e82-ab0d-c1b5004dbaf4.html
La prima testimonianza dell'eccidio fu il libro “Cefalonia” di Giuseppe Moscardelli, pubblicato nel 1945 a Roma da Tipografia Regionale. Alfio Caruso ha svelato che nel 1957 la procura di Roma aveva aperto un procedimento https://www.google.it/books/edition/Viva_l_Italia/70KVARdCIbAC?hl=it&gbpv=1&dq=cefalonia+di+alfio+Caruso&pg=PA99&printsec=frontcover
Il volume ripercorre l'orrendo massacro perpetrato dalla Wehrmacht contro la divisione Acqui nell'isola di Cefalonia, all'indomani dell'armistizio che l'8 settembre 1943 lasciò l'esercito italiano abbandonato a sé stesso. Caruso riporta 1.300 italiani morti durante i combattimenti
Anche Arrigo Petacco è su questa linea di pensiero, stimando i caduti di Cefalonia in oltre 400 ufficiali e 5.000 soldati.
Nelle battaglie morirono 9406 soldati: oltre 1300 caddero durante gli accaniti combattimenti che si svilupparono in tutta l'isola, in particolare tra il 15 e il 22 settembre, oltre 5000 vennero passati per le armi o fucilati dopo la resa, altri 3000, fatti prigionieri, scomparvero in mare a bordo di tre navi che urtarono delle mine https://www.amazon.it/Italiani-dovete-morire-Alfio-Caruso/dp/8830418439
Alfio Caruso ha ricostruito la tragica sequenza di quelle giornate con rigore storico e un'appassionata ricostruzione di quei giorni in “Italiani dovete morire: Il massacro della Divisione Acqui” books.google.com › books Cefalonia, settembre 1943, books.google.com › books di cui si riportano alcuni passaggi: “Che speranza avevano coloro che, dopo la resa di Cefalonia, furono trucidati o inviati nei campi di prigionia. Cefalonia insegna la forza dello spirito di corpo... chiamati a dover scegliere tra la vita e l'onore, scelsero l'onore sacrificando la vita” https://www.medioq.com/XX/Unknown/331674704088210/Cefalonia.
A ventun anni dall'aver scritto il nome della Divisione Acqui nel Pantheon della memoria, torna “Italiani dovete morire”, il libro che ha riportato al centro della storia nazionale il massacro dei nostri soldati a Cefalonia.
Arricchito di nuovi capitoli e di nuove testimonianze, racconta i vani sforzi condotti dal 2000 dalla magistratura militare e ordinaria di portare a giudizio i militari tedeschi che si macchiarono dell'immonda strage (oltre cinquemila soldati e ufficiali passati per le armi dopo la resa).
L'eccidio non è caduto nell'oblio grazie anche alle pagine di questo commovente e straziante libro che ne ricostruisce la tragica vicenda https://www.mondadoristore.it › eai978885452270.
Nessun commento:
Posta un commento