giovedì 19 giugno 2025

Il Tempo, l'Arte e la Quantistica: Dialoghi con la AI


Il Tempo, l'Arte e la Quantistica Dialoghi con la AI

Il tempo della scienza, per Bergson, è spazializzato, Chronos, e quantificabile: non corrisponde all’esperienza interiore, al tempo vissuto all' élan vital, slancio vitale, alla indivisibile durée: dove il passato si conserva nel presente e genera il futuro.

La visione classica del tempo viene sovvertita dalla quantistica per cui non c'è più un tempo assoluto né uno spazio assoluto: il tempo per Rovelli è relazionale, composto da eventi e scorre a velocità diverse a seconda della gravità secondo la Relatività Generale.

Per la quantistica dei loop, lo spazio-tempo emerge da interazioni: “non esiste un presente assoluto, universale: il mondo è fatto di eventi, non di cose” (Rovelli).

Sia Bergson sia Rovelli abbandonano la linearità del tempo, convergono in un’idea di tempo come creazione, instabilità e trasformazione: non qualcosa che misura l’Essere, ma che lo fa emergere e considerano l’evento come struttura portante della realtà.


Ne Il Tempo, l'Arte e la Quantistica, il tempo non è una dimensione lineare, ma un tempo che non ha inizio né fine misurabili: è un campo di relazioni e trasformazioni dove un evento si dà e si ritrae, accade per intensità e durata: è un tempo transfinito.

Il tempo ontopoietico

Il tempo autentico, non cronologico ma qualitativo, intuitivo, aurorale e crepuscolare ci viene restituito dall'arte come trama poetica dell’evento estetico/ontologico che sospende il tempo cronologico e lo curva.

Il tempo come flusso continuo e creativo risuona nell’idea di risonanza, transonanza e transvedenza nell'arte. 

L’opera d’arte e il campo quantico condividono un principio strutturale: non sono cose, ma spazi di accadimentosingolarità che emergono, forme che nascono dall’instabilità.

L’opera d’arte è una singolarità temporale, una cristallizzazione dell’essere nel caos, il tempo artistico-quantico è la dimensione dell'esperienza, non misura, non-lineare ma fluttuante ove ogni istante è una soglia e ricorda la quantistica dove l’osservazione crea la realtà.

L’Opera d’Arte e l'Evento Ontopoietico

L’evento non è un accadimento cronologico è ontopoietico: è la forma con cui l’essere si dà, emerge: l'evento destabilizza, trascina, trasforma è ex-stasis, un dischiudersi dell’essere nel Sublime.

L’opera d’arte non è un oggetto ma evento ontologico per eccellenza che emerge dal nulla, una singolarità che non rappresenta ma manifesta ed eventua l’Essere: un campo in cui l’essere si plasma, si biforca, si trasforma.

L'Ontoestetica e la Fisica

L’artista e il fisico s'interrogano sul medesimo enigma: come si manifesta qualcosa dal nulla? Che cos’è un evento? Come si forma... una forma?

Come il fisico calcola probabilità di accadimenti quantistici, l’artista evoca possibilità dell’essere: entrambi operano nella soglia tra visibile e invisibile, tra entità e vuoto.

Il legame tra arte e fisica, e in particolare l’idea di opera d’arte come “campo quantico”, significa confrontare due sfere solo apparentemente distanti: l’estetica e la fisica teorica.

Ne Il Tempo, l'Arte e la Quantistica, questo dialogo diventa possibile, perché l' ontologia dell’opera d’arte è già pensata in termini di evento, instabilità e emergenza proprio come nella fisica quantistica.

L’evento è il nucleo comune tra arte, vita e fisica: è il luogo in cui l’essere si disvela come metamorfosi.

La Nascita della Venere di Botticelli e un'equazione

La nascita della Venere di Botticelli è l'opera d’arte poetica-filosofica, simbolica del disvelarsi dell’evento, emblema del suo emergere dal nulla: incarna l’essenza dell’evento come soglia tra arte, scienza e ontologia.

L’evocazione di La nascita di Venere serve: a rendere sensibile il processo dell’evento non il suo contenuto; ad incarnare un simbolo dell’esserci, dove la forma è sempre instabile: l’acqua, la conchiglia, il vento; a ricordare che l’opera d’arte è ritorno del mito, cioè atto originante.

Questa scelta è coerente con la concezione dell'arte come: “figura non della rappresentazione, ma dell’assenza che si fa trasparenza”.

Una formula fisica significativa come l’equazione di Einstein per la curvatura dello spazio-tempo, mette in relazione geometria e materia, cioè forma ed evento: la materia dice allo spazio come curvarsi e lo spazio dice alla materia come muoversi.

In Poesia: l’evento piega l’universo per lasciar essere la bellezza, in Fisica: la materia e la geometria sono eventi.

L’Equazione di Einstein

G<sub>μν</sub> + Λg<sub>μν</sub> = 8πGT<sub>μν</sub>

non è inserita come elemento tecnico, ma come verso: la sua presenza rompe la linearità del testo, curva la narrazione, proprio come lo spazio si curva nella relatività.

Nel contesto poetico:

  • G<sub>μν</sub> è il campo gravitazionale: l’effetto dell’evento sullo spazio.

  • T<sub>μν</sub> è il contenuto materiale: la forma, l’incarnazione.

  • Λg<sub>μν</sub> introduce il vuoto stesso come forza generatrice (la “costante cosmologica”).

Categorie per una rilettura artistica della Quantistica

Sublimatione ≈ Fluttuazione quantica

L’opera d’arte si “sublima”, si dà come trasformazione: esattamente come una particella è una fluttuazione localizzata in un campo.

Transonanza ≈ Interferenza quantica

L’opera produce risonanze invisibili, come i fenomeni d’interferenza quantistica: onde che si rafforzano, si cancellano, si moltiplicano.

Diradanza ≈ Decoerenza

Come una particella perde coerenza nell’osservazione, l’opera si dirada nel tempo e nello sguardo: non si impone, ma si disvela, nella contingenza.

Chaosmos ≈ Campo unificato

L’universo è un chaosmos fatto di eventi e metamorfosi: come l’universo teorico della teoria delle stringhe o delle brane, in cui realtà diverse emergono da fluttuazioni topologiche.

L’essere è evento non-lineare, l’estetica è  fisica del divenire, e il vuoto è matrice creativa che Plescia porta al cuore dell’arte e dell’ontologia poetica..

La Realtà, l'Evento e l’Universo

La realtà e tutto ciò che accade non è fatta di oggetti, è una successione ininterrotta di eventi: la realtà non risiede in un fondamento ultimo ma emerge dal nulla come rete di interazioni in quanto nulla esiste al di fuori delle interazioni: la stessa conoscenza è relazione tra eventi osservabili.

L’evento, richiamando Bergson, è inseparabile dal fluire della durée e ha natura qualitativa: non è misurabile ma intuibile e lo si coglie nella memoria vissuta.

L’evento è imprevedibile, irriducibile, irripetibile: non è mai isolato in quanto nodo nella continuità del divenire.

L'evento è un'interazione localizzata tra campi quantici, una differenza che accade: è la struttura di base dell’universo che, a sua volta, è una trama di eventi, un mare quantico di eventi relazionali.

In natura non c'è una sostanza ma accadimenti, non ci sono entità autosufficienti, ma relazioni, forme temporanee e trasformazioni.

L’universo non è fondato su una sostanza, ma su un evento originario, potrebbe essere originato da una fluttuazione del nulla: una singolarità caotica che evolve.

Spazio e tempo non sono contenitori degli eventi, ma emergono dalla rete di eventi.

Il Vuoto e il Nulla

Il vuoto quantistico, QFT, è il falso vuoto: contiene fluttuazioni, coppie virtuali di particelle e antiparticelle che si creano e si annichilano costantemente.

La particella non descrive sostanze, non è un oggetto, è un evento di eccitazioni temporanee di campi, configura stati e nasce da fluttuazioni del vuoto quantico: è probabilistica, metastabile ed indeterminata.

La particella si dà in una rete di interazioni, lo spazio stesso è emergente, relazionale, soggetto a metamorfosi topologiche.

In fisica, il vuoto non ha senso se non in relazione a ciò che accade, il nulla non è mai davvero vuoto, ma uno stato di instabilità e potenzialità: nella teoria quantistica dei campi, la realtà non è fatta di “oggetti” ma di campi fluttuanti.

Il vuoto è un campo energetico minimo, non uno “spazio vuoto”: è ciò da cui può emergere la realtà fisica, tramite instabilità o transizioni di fase come l'inflazione cosmica.

Il vuoto quantico è dinamico: produce fluttuazioni, salti, creazioni e annichilazioni.

Nella teoria delle stringhe il vuoto è multidimensionale, morfogenetico: le entità non sono punti, ma vibrazioni, stringhe, brane, flussi, membrane. 

Il Nulla in filosofia

Ne Il Tempo, l'Arte e la Quantistica il nulla ha senso proprio, anche prima dell’evento.

Il Nulla ontopoietico è un cambio di paradigma della metafisica classica: l’essere non è più stabile, identico a sé stesso, ma è ciò che si dà come evento nel vuoto.

Heidegger pensa il Nulla come fondamento dell’evento il Nulla non è il semplice “non essere” ma l’apertura che consente all’Essere di apparire mentre l’angoscia è lo stato in cui il nulla si manifesta, rivelando la gettatezza dell’esistenza.

Ne Il Tempo, l'Arte e la Quantistica, il Nulla non è una semplice negazione dell’Essere, ma il suo nucleo poetico e originante: il Nulla è ciò che consente l’evento dell’Essere: “l’Essere sublime si dà nella sua assenza”: è un Nulla ontologico, un abisso creativo.

Il Nulla Sublime

Il Nulla è il cuore del Sublime: è ciò che assentemente presente, si manifesta nel “non-fondamento” abisso, Ab-grund, ma anche diradanzadiafanèaletheia è sublime perché incute paura e incanta: “assenza presente” e “vuoto denso”.

Il nulla è generatività ontologica: l’opera d’arte nasce dal Nulla ed il Sublime emerge dal vuoto: l'Essere stesso è “gettato” nel nulla, ma non per annientarsi, bensì per manifestarsi.

Nella fisica quantistica e per Plescia, il Nulla non è assenza pura, ma uno spazio potenziale, gene - rativo, capace di eventuare realtà: il campo quantico è ciò da cui emergono singolarità ed entità.

La “physis che sorge dal nulla”: l’origine è instabile e proprio per questo creativa e il Nulla Sublime, intraducibile nella matematica, resta irrinunciabile come fondamento poetico e ontopoietico.

Il Tempo, l'Arte e la Quantistica, è concepito come soglia poetico-filosofica, un  evento della parola, non una descrizione è pensato per incarnare l’evento non spiegarlo, mettendolo in scena nel linguaggio, esattamente come avviene per l’opera d’arte.

Struttura tripartita:

Evento e tempo: la sospensione del tempo - il tempo come evento, non come cronologia.

Arte: l’evento viene visualizzato attraverso la Venere di Botticelli, figura mitopoietica dell’emergere dell’Essere dal Nulla, una forma sublime.

Fisica: il testo si chiude con l’equazione einsteiniana, che diventa poesia del reale, una formula che “dice il mondo”.

Questa struttura riprende il pensiero per soglienulla → evento → forma.

La poetica dell’evento

La parte iniziale de Il Tempo, l'Arte e la Quantistica, richiama in modo diretto il concetto di eventuanza sublime: qui l’evento non è fenomeno empirico, ma ontofania, un disvelarsi che ha la forma del sublime, cioè del perturbante, dell’originario.

L’essere non è presente, ma si presenzializza come accadimento, questa idea è tradotta poeticamente nell’immagine della Venere di Botticelli che sorge dalla spuma: figura emblematica della forma che emerge dal nulla, del darsi inatteso di ciò che non ha fondamento.

La teoria dell’evento come pensiero integrato

Il testo non si limita a evocare immagini poetiche, ma propone una visione integrata dell’evento:

Fisica: Rovelli → evento come interazione relazionale.

Filosofia: Bergson → evento come novità creativa nella durata.

Ontologia estetica: Plescia → evento come sublimazione dell’essere dal nulla.

In questo senso, Il Tempo, l'Arte e la Quantistica è anche un piccolo trattato poetico che si muove oltre l’essere-stabile verso un'ontologia del divenire, della soglia e della forma instabile.

Nel far vivere l’evento invece di descriverlo, Il Tempo, l'Arte e la Quantistica, produce un senso esperienziale, non solo razionale: un invito a pensare la realtà come intersezione di linguaggi tra arte, fisica, poesia, in questa visione: un’equazione e un’opera d'arte diventano un atto poetico-filosofico performativo in quanto l’Essere non si spiega ma accade e l’opera d'arte, come il mondo, non è rappresentazione ma disvelamento.

L’Opera d’Arte si dà quale Essere che re-esiste nella Radura Abissale, non necessariamente epistemica, ma ontologicamente ontopoietica.”

La fisica lavora in termini predittivi e calcolabili, mentre Plescia esplora il nulla come esperienza estetica, etica e ontologica: “La verità dell’Essere soggiorna nell’immagine dell’Opera d’Arte quale singolarità ontologica che si disvela dal Nulla”.

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