Vasco Ursini in La filosofia del futuro https://www.corrierenazionale.net/2024/03/17/la-filosofia-futura/ affronta i rilievi critici che Emanuele Severino pone nel recensire il saggio "Il dilemma verità dell'essere o nichilismo?" Book Sprint Edizioni, 2013 e nel nuovo testo "Una filosofia per il tempo che viviamo" Edizioni Nuova Prhomos,2021 https://emanueleseverino.com/2021/04/15/vasco-ursini-una-filosofia-per-il-tempo-che-viviamo-edizioni-nuova-prhomos-180-pagine-2021-indice-del-libro-e-modalita-di-acquisto/ riporta il carteggio con Emanuele Severinohttps://it.wikipedia.org/wiki/Emanuele_Severino e nei capitoli seguenti attraverso le figure di Husserl, Heidegger, Wittgenstein e Freud ci consente un percorso che ha segnato il pensiero contemporaneo fino ai nostri giorni.
L'indecidibilità viene vissuta in prima persona dal prof. Ursini, a proposito del dilemma sul "destino della verità", l'autore resta avviluppato nel problema in cui è gettato e Severino annota, nel recensire "Il dilemma verità dell'essere o nichilismo?" che "trovarsi nel dilemma è un modo di negare, è un aver scelto già scelto anche se si crede di trovarsi al di qua della scelta".
Ursini https://www.facebook.com/groups/995555343856790 rileva come ogni posizione "altra" dalla propria, per Severino sono forme dell'errare.
Gli studi e le riflessioni ne "Una filosofia per il tempo che viviamo" si concentrano, nei primi capitoli su Husserl per il quale il metodo scientifico, esemplificato dalla figura di Galileo, separa il soggetto conoscente dall'oggetto dell'indagine.
La coscienza è sempre intenzionale, la conoscenza del reale avviene attraverso il soggetto. Non si può astrarre dal soggetto per Husserl.
Il mondo scientifico si fonda sul mondo della vita e lo scienziato è "compreso" in questo mondo "anche" durante la propria attività scientifica.
L'errore delle scienze: occultare la dimensione pre-categoriale, pre-riflessiva: "l'abito ideale fa sì che prendiamo per vero essere quello che è un metodo".
Lo scienziato nell'oggettivare il mondo dimentica di essere "soggetto della scienza".
Non a caso, in fisica, Heisenberg mostra come sia l'osservatore a "perturbare" il processo osservativo e non sia possibile prescindere dal soggetto.
Col teorema di Gödel dell'incompletezza, dell'indecidibilità, la crisi dei fondamenti è esemplificata.
Il Tractatus logico-philosophicus https://it.wikipedia.org/wiki/Ludwig_Wittgenstein è incentrato sui fondamenti della matematica, sulla logica e sul linguaggio ma è nelle "Ricerche Logiche" che Ursini rileva una svolta in Wittgenstein, in relazione al linguaggio, che consente un confronto con Heidegger.
L'autore ravvisa una simbiosi sia pur con delle differenze e specificità tra i due pensatori.
Il linguaggio visto come "fenomeno biologico", nelle Ricerche, equivale a "rifondare il modo di fare filosofia" e considerare l'uomo immerso in quella "fatticittà e storicità" di cui parla Heidegger.
Wittgenstein non critica, come Carnap e Hilbert, la prolusione "Che cos'e la metafisica" in cui Heidegger affronta i temi dell'angoscia e del nulla.
Per dirla con Volpi "L'isola della descrittibilità logica" del Tractatus logico-philosophicus come conferma la "Conferenza sull'Etica", è circondata "dall'oceano delle questioni etiche" attraversata dal dubbio, immersa su "instabilità e incertezza".
La filosofia non è riducibile alla verifica della validità logica delle proposizioni, è invece alla ricerca e alle "aperture di senso" scrive Ursini.
Perché l'essere e non il niente?
Una domanda cui non si danno risposte univoche e qui ancora una volta e sempre il pensiero risponde alla sua " vocazione" : interrogarsi e tentare risposte.
Ed anche a volgere un nuovo sguardo alla scienza che ha consolidato una sua Kehre e "pensa" e richiede un confronto con la Filosofia.
Se non possiamo non essere heideggeriani, siamo anche post heideggeriani.
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