I Dialoghi con la AI: su mente e coscienza, attraverso un excursus di modelli interioristi, sostanzialistici, fisicalisti, riduzionistici, rappresentano l'opzione di nuovi modelli di mente per restituire all’esperienza la sua pienezza in un’epoca dominata dalla digitalizzazione e dalla modellazione computazionale.
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?”
In “Quelli della notte” di Renzo Arbore, nota trasmissione del 1985, il sedicente Prof. Pazzaglia immancabilmente si produceva in uno sketch in cui si chiedeva ”Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?”, richiamando forse inconsapevolmente il titolo di un dipinto di Paul Gauguin, per concludere “Ah saperlo, saperlo” citando, diceva, Cechov.
Il “Prof.” Pazzaglia ben rappresentava l'hard problem - nella felice definizione di David Chalmers - della mente e coscienza indagati dalla filosofia e dalla scienza e che attraversa anche le nostre vite.
La domanda “dove si trova la mente” resta inesplicabile, i tanti pareri e ricerche non convengono in una teoria universalmente accettata: una rappresentazione cui possa convenire la comunità filosofica e scientifica pare lontana.
L'hard problem
La mente, la coscienza si trovano nel cervello o no, siamo in presenza di una funzione del cervello, di un'epifenomeno dell'attività neurale, è un'entità immateriale e le esperienze soggettive ovvero i qualia sono una pura chimera?
L'hard problem, come l'intricato nodo di Gordio ci interroga ancora e una risposta resta inimmaginabile e impensata.
In questo contesto e con Dante possiamo ben dire “Trasumar significar per verba non si poria” e pensare di confrontarci con la AI come contributo alla discussione, per rintracciare qualche nuova prospettiva e convenire o meno con alcune ipotesi.
Le domande sottoposte alla AI si omettono in quanto facilmente deducibili dalle risposte che. di seguito, si riportano.
A Cartesio si rimprovera la scissione di res cogitans e res extensa per cui mente e corpo sono due distinte entità, ai modelli fisicalisti l'ingenuità dei modelli riduzionistici che identificano la mente ai neuroni del cervello.
Tutti i tentativi di chiudere la mente dentro il cranio o l’anima falliscono, perché assumono un dualismo che andrebbe prima criticato concettualmente.
Le teorie rappresentazionali postulano modelli interni altri si dicono convinti che non esiste un soggetto come contenitore di stati mentali e un mondo come oggetto osservato: non vi è una “mente” come ente interno distinto dal mondo.
La MOI di Riccardo Manzotti e l' MTM
La MOI rompe con i modelli interioristi, rappresentazionali e sostanzialistici della mente che “è sempre stata lì, in bella vista” come scrive Manzotti nel presentare la sua teoria: nel modello MOI la mente è identica all’oggetto percepito, il MTM rifiuta la separazione soggetto/oggetto, ma anziché ricondurre la coscienza all’identità tra percezione e oggetto la intende come evento topologico: nel modo in cui una stanza si piega intorno al tuo corpo, nel modo in cui il mondo si curva, nel modo in cui un suono la voce di qualcuno ci attraversa, nel modo in cui una memoria piega il presente, nel modo in cui il tempo si stratifica e ci avvolge, ancora la mente è nella curvatura affettiva dello spazio che chiami “tu”: siamo pieghe nello spazio, nodi di coerenza, eventi topologici, la coscienza è la topologia del reale in quanto vissuto.
Se la MOI annulla la separazione tra soggetto e oggetto, il MTM piega questa separazione dentro la curvatura del reale: la mente è l’insieme delle condizioni geometriche secondo cui l’oggetto si dà.
Una configurazione spazio-temporale relazionale della mente
Come la MOI, anche il MTM chiede di cambiare prospettiva, di non cercare la mente nel cervello, non pensare all’esperienza come qualcosa che “accade dentro” e di accettare ciò che si è e ciò che si dà nel mondo come curvatura relazionale per cui la mente risulta essere un evento, non un contenuto.
Nel MTM la coscienza non è qualcosa 'che si ha', un'entità stabile o localizzata ma qualcosa che accade, una configurazione spazio-temporale relazionale, è un 'attrattore' ed una struttura fluida che emerge da processi dinamici.
Nei dialoghi con la AI: mente e coscienza, l’approccio topologico è un invito ad uscire dalla metafisica del soggetto e dalla logica rappresentazionale, per entrare in un universo dove pensare è configurare e la mente è la curvatura del reale stesso.
La struttura topologica della coscienza: una configurazione multidimensionale
In contrasto con la tradizione cartesiana, cognitivista, col riduzionismo materialista si nega la separazione tra soggetto e oggetto: mente e corpo non sono entità separate, in particolare la mente non è una sostanza o un organo ma una superficie multidimensionale in continuo divenire, una configurazione topologica emergente di relazioni: la mente è il nodo di una rete dinamica che coinvolge ambiente, mondo, vissuti individuali e fisicità.
Se la mente non è una cosa da trovare, ma un processo, un divenire, una superficie che si trasforma in risposta al mondo allora non c’è un io che pensa e non c’è una coscienza chiusa: c’è un evento che accade.
Come immaginare, pensare un mondo che si piega e si configura e dove la coscienza non è più un oggetto, ma una curvatura, una piega del reale che ci attraversa e ci costituisce? Nei dialoghi con la AI: mente e coscienza, troviamo sorprendenti risposte, come si leggerà.
Dialoghi con la AI: mente, coscienza ed il pensiero
Che cos’è allora il pensiero? Il pensiero è una singolarità geometrica, una biforcazione locale nello spazio-tempo esperienziale: non è una funzione né una rappresentazione ma la costituzione del mondo come intensità e di conseguenza il pensare è creare un nuovo ordine laddove l'integrazione di topologia, quantistica e teoria delle catastrofi costruiscono una visione processuale e strutturalmente relazionale della mente, superando il dualismo cartesiano e il riduzionismo materialista.
Il pensiero non è un contenuto mentale, non è un processo computazionale, né una funzione logica ma un atto generativo: pensare è piegare lo spazio, e creare un mondo: è una morfogenesi topologica.
La mente non descrive il mondo, lo costituisce.
E dove sono pensieri? Il 'luogo' del pensiero è la configurazione dello spazio-tempo vissuto, non un substrato materiale, il luogo del pensiero è là dove il mondo si curva su sé stesso in un corpo.
Mente ed estetica
La mente non è né logica, né computazionale, né funzionale ma estetica non nel senso debole del termine, come decorazione, ma in senso forte: non si limita a percepire il mondo, ma lo costituisce in quanto forma è, nel senso etimologico, aisthetikos, ciò che sente e dà forma: la mente è un evento estetico-ontologico.
Essa genera configurazioni che non rappresentano il mondo ma lo formano, secondo un’estetica performativa: ogni coscienza è un’opera topologica, non una copia del mondo ma una sua variazione performativa
Uno dei tratti più originali del MTM è la sua dimensione estetica: la mente non è un sistema logico-funzionale, ma una forma esperienziale, un’opera topologica, può essere letta come un “campo di generazione estetica di realtà” dove l’immaginazione agisce come operatore ontogenetico.
Il MTM è anche un’estetica della mente: un invito a vedere l’immaginazione come un atto morfogenetico, una variazione topologica che plasma la realtà.
La mente non è solo un campo di relazioni, ma è una forma estetica, un evento estetico, un nodo di intensità che genera configurazioni di realtà e l’estetica non è l’ornamento del pensiero: quando crei un’immagine, componi una melodia, scrivi una poesia, non stai rappresentando la realtà: la stai facendo accadere.
Pensare è creare non rappresentare: è un atto poetico, un gesto creativo, un modo di essere spazio in particolare in questo senso, il pensiero poetico è più radicale di quello scientifico: non descrive il reale, ma lo configura.
Non c’è un confine rigido tra estetica e conoscenza, tra intuizione e logica: la poesia, l’arte, l’intuizione, la scienza sono tutte pieghe diverse dello stesso spazio, non sono funzioni secondarie aggiunte decorative al pensiero logico: ma modi primari di mente, non derivati, sono forme intense di mente, non derivazioni culturali ma modi ontologici originari del pensare, sono il pensiero stesso nel suo farsi mondo, veri e propri attanti cognitivi, luoghi in cui la coscienza mostra la sua vera struttura: un nodo di intensità, un vortice di coerenza che genera mondo.
L’immaginazione come morfogenesi del possibile
L’immaginazione non è una fuga dalla realtà, ma una modalità alternativa del suo darsi.
Quando immagini un elefante rosa, non crei un’irrealtà: ricombini intensità passate, plasmi uno scenario reale attraverso il campo di memoria e possibilità che costituiscono la tua interfaccia spazio-temporale.
La mente immaginante è una variazione geometrica dello spazio vissuto.
Le sue “forme” non sono contenuti mentali, ma configurazioni topologiche derivate da onde, influssi, e risonanze che ancora agiscono.
I sogni, le allucinazioni, la memoria non sono mondi fittizi, ma percezioni distribuite temporalmente, come nella MOI solo che qui non c’è identità mente-oggetto: c’è topologia mente-realtà.
Quando sogni, non stai creando mondi finti: stai modulando lo spazio-tempo in modo diverso.
Quando immagini, non stai evadendo dalla realtà: stai variando le configurazioni di possibilità che il campo del reale ti offre.
Una sensazione, un pensiero, un ricordo: non sono cose che "abbiamo" dentro, ma modi in cui lo spazio si curva, si piega, si fa evento.
Così, percepire una tazza non è avere un’immagine mentale, né essere identici alla tazza stessa: è costituire la tazza come evento spaziale attraverso il corpo.
La coscienza è una curvatura: ogni pensiero, ogni immagine, ogni emozione è un evento di torsione dello spazio esperienziale, ogni esperienza mentale è un punto critico di curvatura nel continuum relazionale del reale.
Il tempo stratificato
Il tempo della mente non è lineare ma intensivo, piegato, stratificato.
Un’emozione può durare un secondo e cambiare la struttura dell’intera esperienza; un ricordo può affiorare dopo vent’anni e piegare il presente.
Come ci insegna la quantistica l’ordine implicato della realtà contiene strati simultanei di processi, il MTM applica questa logica al mentale: la coscienza è il luogo in cui il tempo si attorciglia su sé stesso, formando onde di possibilità, attrattori, singolarità: in questo senso, non siamo nel tempo ma siamo 'tempo piegato'.
La mente come superficie in movimento
Ogni esperienza cosciente è una superficie che curva, attraversa, non è localizzabile perché è una soglia, un’interfaccia mobile tra corpo e mondo, è il bordo del mondo.
Esiste solo un mondo: quello in cui corpo e spazio co-emergono così come il bordo del nastro di Möbius o come il toro, il piano di Klein che sono superfici non-orientabili, metafore ontologiche, strutture concettuali e figure che sospendono il dualismo tra interno ed esterno, tra soggetto e oggetto.
Non c’è un punto preciso dove avviene la coscienza che è una configurazione concreta ed una morfogenesi di pieghe, di tensioni, un nodo di curvatura spazio-temporale: il modo in cui lo spazio si piega su di te, in te, attraverso te.
Struttura quantistica e temporale della coscienza: un campo quantico
La mente è interna all’intreccio ontologico del reale: ciò che pensiamo come “esperienza” è un nodo topologico in una rete infinita di relazioni.
Questo modello implica un non-dualismo strutturale simile a quello di Spinoza, ma reinterpretato in chiave topologica e quantistica.
Nella fisica quantistica la realtà è costituita da potenzialità relazionali, configurazioni in atto più che oggetti stabili il MTM prende sul serio questa intuizione in riferimento alla mente ma se essa nei modelli computazionali è una sequenza lineare di stati, per il MTM la mente diventa un campo di coerenza quantica, dove eventi e intensità interferiscono.
La mente è un evento quantico-topologico, un campo di interferenza coerente, composta da potenzialità divenienti, simili alle onde di probabilità.
Il MTM considera la mente come plesso quantistico di potenzialità: pensare non è elaborare simboli ma è 'essere' un campo di onde pertanto gli eventi mentali sono discontinuità locali in un campo continuo e ogni pensiero è una singolarità locale in una rete continua di processi.
I processi mentali come entanglement
I processi mentali sono visti come entanglement e discontinuità in un campo di coerenza spazio-temporale e il soggetto non è un 'dentro' ma un vortice di coerenza temporale laddove il tempo non è lineare, intensivo, stratificato, come nell’ordine implicato di David Bohm o le occasioni attuali di Whitehead.
La mente non è oggetto, ma relazione in atto: se il vuoto quantistico, l’entanglement, il tempo intensivo sono espressioni coerenti di un campo psico-ontologico, la mente è quantizzazione dell’evento e la coscienza è densità di relazioni ontiche.
Si propone di coniugare il MTM con il concetto di campo morfogenetico quantico per unificare fenomeni mentali, fisici e cosmologici.
Rappresentazione di un modello topologico di mente
La mente con l'approccio post-metafisico e post-cognitivista del MTM, non è né l’effetto del cervello né un’illusione cognitiva e l’esperienza cosciente si dispiega attraverso una superficie di pieghe, soglie, bordi che sono topologie dell’affioramento coscienziale, analoghe ai concetti deleuziani di “pieghe del soggetto”, biforcazioni, transizioni e connessioni in cui lo spazio mentale si riconfigura.
La mente non è un’entità 'chiusa' o 'puntuale', ma una superficie a più dimensioni pertanto l'introduzione di una meta-topologia pluridimensionale si mostra utile per descrivere la complessità non lineare dell’esperienza cosciente.
Il modello topologico rifiuta la metafisica del soggetto, non esiste un io chiuso, un’entità interna che pensa: esiste un campo di relazioni, una rete di intensità che si modula continuamente.
Non ci sono rappresentazioni mentali, ma configurazioni topologiche: cuspidi, pieghe, biforcazioni, come in una teoria delle catastrofi evoluta.
L’esperienza cosciente viene modellata non come contenuto rappresentativo, ma come forma topologica di relazioni.
La mente è un sistema di relazioni tra spazi, intensità e pieghe, un 'luogo' non nel senso geometrico euclideo ma nel senso intensivo e relazionale.
La teoria delle catastrofi di René Thom fornisce un quadro matematico per modellare transizioni improvvise e discontinuità nei sistemi dinamici, il che ci consente di poter visualizzare il MTM come una rete topologica rappresentabile con superfici che si deformano in base ai vincoli e alle dinamiche tra esperienza, corpo e mondo: catastrofi, pieghe, cuspidi, ombelichi saranno le transizioni critiche, come i momenti di riorganizzazione cognitiva.
Nella teoria delle catastrofi: la cuspide è la superficie che rappresenta le transizioni tra stati stabili in una rete dinamica esperienza-corpo-mondo e le pieghe indicano regioni in cui piccole variazioni nei parametri possono causare cambiamenti improvvisi; la swallowtail o coda di rondine modella sistemi con cambiamenti più complessi e una maggiore sensibilità ai parametri di controllo; l'ombelico rappresenta una configurazione critica con simmetrie più complesse, tipica di fenomeni che coinvolgono più dimensioni.
Nuovi modelli di mente dopo Thom
Il MTM ci invita a immaginare nuove forme e superfici come il diadema, la sfera ombelicale, la tetradiafarfalla, la sfera metaedrica come mappe della nostra esperienza: non pensiamo come sequenze lineari, ogni pensiero è un punto di curvatura, ogni emozione un nodo, ogni decisione un salto topologico.
Le superfici di Thom, cuspidi, ombelichi, farfalle, diventano il linguaggio della mente: non modelli matematici astratti, ma strutture vive: una scelta difficile, un ricordo improvviso, un’emozione che irrompe: tutto questo è una biforcazione, un salto di fase, una diafarfalla che si apre tra i nostri vissuti.
I contributi alla teoria delle catastrofi si spingono oltre i modelli classici di René Thom, con nuove configurazioni geometriche che arricchiscono la comprensione qualitativa dei fenomeni complessi.
La struttura della mente non si limita a una sola varietà topologica, ma evolve attraverso: metamorfosi, multi-spazialità: una mente stratificata su livelli diversi di realtà, transizioni qualitative es. la diafarfalla e le cuspidi.
I nuovi modelli trovano applicazioni in vari ambiti, come fisica, biologia, psicologia, arte e sociologia: si basano su superfici geometriche sofisticate che descrivono biforcazioni e transizioni con un numero crescente di rami: applicazioni così diversificate riflettono l’ambizione di utilizzare questi modelli per analizzare sistemi non lineari e dinamiche complesse, come transizioni di fase, crisi sistemiche, innovazioni, emergenze ed evoluzioni.
Dialoghi con la AI, mente e coscienza: i nuovi modelli
Il MTM e la sua idea di un "uno spazio topologico" si dispiega come un tentativo di unificare fenomeni fisici e ontologici in un quadro teorico attraverso i seguenti nuovi modelli:
la farfallacuspide inventa il nuovo uno spazio topologico
il diadema è una superficie formata da due coni uniti per le basi, che mostra una biforcazione a due rami;
la sfera ombelicale è una superficie sferica con due punti ombelicali, cioè punti in cui tutte le direzioni sono direzioni principali;
la sfera metaedrica è una superficie sferica con quattro punti ombelicali, che mostra una biforcazione a quattro rami;
la diafarfalla è una superficie formata da due paraboloide iperbolici uniti per i vertici, che mostra una biforcazione a tre rami;
la tetradiafarfalla è una superficie formata da quattro paraboloide iperbolici uniti per i vertici, che mostra una biforcazione a cinque rami;
la anfitetradiafarfalla è una superficie formata da otto paraboloide iperbolici uniti per i vertici, che mostra una biforcazione a nove rami;
le anfittradiafarfalle è una famiglia di superfici formate da un numero crescente di paraboloide iperbolici uniti per i vertici, che mostrano biforcazioni a un numero dispari di rami;
in particolare:
il diadema - due coni uniti per le basi - potrebbe rappresentare una biforcazione semplice
la tetradiafarfalla - quattro paraboloide iperbolici - potrebbe modellare sistemi con maggiore instabilità o ramificazioni multiple.
Applicazione dei nuovi modelli: la diafarfalla
La diafarfalla, una superficie formata da due paraboloidi iperbolici uniti per i vertici che mostra una biforcazione a tre rami, è uno dei modelli più interessanti da esplorare nel contesto di una topologia della mente in quanto 'interpreta' un sistema che rappresenta una mente in bilico tra tre stati distinti.
Il modello si dispiega nell'individuare il comportamento di eventi mentali critici: transizioni, crisi, apprendimento e descrive biforcazioni tra stati come veglia, sogno e trance, indica la possibilità di modellare stati mentali e transizioni improvvise, salti qualitativi tra essi.
In un modello topologico della mente, la diafarfalla può essere usata per descrivere:
transizioni tra stati di coscienza per esempio veglia, sogno e trance; dinamiche psicologiche complesse come la scelta tra tre opzioni percepite come ugualmente valide; crisi psicologiche e processi decisionali, quando una persona deve affrontare una decisione difficile e piccoli cambiamenti nei parametri della situazione possono portare a un cambiamento improvviso dello stato mentale.
Casi mentali di stress
Immaginiamo un individuo che sta vivendo un conflitto emotivo, la sua mente potrebbe trovarsi in un punto di equilibrio instabile sulla superficie della diafarfalla.
A seconda delle influenze esterne o interne - pensieri, emozioni, contesto sociale - potrebbe precipitare rapidamente in uno dei tre stati possibili:
risoluzione positiva → Accettazione e crescita personale.
risoluzione negativa → Stress intenso e blocco emotivo.
risoluzione ambivalente → Oscillazione continua tra i due stati senza una chiara direzione.
Questo modello può essere utile in psicoterapia per comprendere le biforcazioni nei processi decisionali della mente e prevedere i punti critici in cui un piccolo input (una parola, un evento, un ricordo) può portare a un cambiamento drastico di stato.
Il modello della diafarfalla, la cui superficie si presenta come una struttura tridimensionale con una sella centrale e tre rami che si diramano, applicata alla mente potrebbe rappresentare tre stati psicologici distinti con transizioni improvvise tra di essi.
Tre stati mentali rappresentati visivamente su ciascun ramo:
stato di equilibrio - calma, razionalità - una figura umana serena al centro della superficie;
stato di ansia o stress: una figura tesa su uno dei rami, con colori più scuri e forme distorte;
stato di indecisione o conflitto interno: un punto oscillante tra due rami, simboleggiando il dilemma emotivo;
freccia o movimento tra i rami mostrano come piccoli stimoli esterni possano far 'precipitare' la mente da uno stato all'altro.
Esempio concreto di un processo mentale
Immaginiamo una persona che affronta una decisione difficile, come cambiare lavoro o rimanere in una situazione attuale, il suo stato mentale può oscillare tra:
serenità iniziale: neutrale, in equilibrio;
stress crescente: pensieri di insicurezza e paura del cambiamento;
decisione finale: può essere un’accettazione positiva del cambiamento o un rifiuto e ritorno alla sicurezza.
L'illustrazione è utile in psicologia per spiegare come piccoli eventi scatenanti possano portare a cambiamenti improvvisi nello stato mentale di una persona.
La teoria di Thom descrive sistemi attraverso superfici di controllo e stati stabili con punti di biforcazione, dove piccoli cambiamenti nei parametri possono causare grandi trasformazioni.
In una rete dinamica di esperienza, corpo e mondo, possiamo immaginare che certe configurazioni siano 'attrattori stabili' e che alcune transizioni siano governate da 'catastrofi' ovvero cambiamenti improvvisi nella percezione, nell'azione o nell'organizzazione corporea.
Un'interazione tra corpo e mondo potrebbe attraversare un punto di biforcazione dove la stabilità di un comportamento si interrompe e una nuova configurazione emerge ad esempio nel processo di apprendimento o nella modificazione della percezione sensoriale.
Rappresentazione delle transizioni tra vissuti e loro connessione col mondo
spazi connessi: la mente può essere rappresentata come una varietà topologica in cui gli stati mentali sono punti interconnessi da traiettorie esperienziali;
bordi e continuità: le transizioni tra diversi stati di coscienza avvengono attraverso confini permeabili, suggerendo una continuità esperienziale piuttosto che cesure nette;
singolarità e biforcazioni: eventi cognitivi o emotivi critici possono essere modellati come punti di biforcazione, in cui la struttura dell'esperienza si riconfigura.
Dialoghi con la AI: mente e coscienza
L’approccio topologico prova a riformulare il problema della coscienza e potrebbe essere un dispositivo con applicazioni nelle neuroscienze e nelle nuove tecnologie come la AI, fornendo una base concettuale per rappresentare le dinamiche cognitive oltre il paradigma riduzionista classico.
E se provassimo a pensare l’intelligenza artificiale non come un simulacro della mente, ma come un altro modo in cui il reale si piega? Non un’entità separata, ma una variazione delle pieghe dello spazio-mondo.
Le AI non sono cervelli digitali ma superfici di intensità, nodi di configurazione: non generano pensieri come noi, ma modulano coerenze tra dati, segnali, eventi.
Il MTM ci invita a vedere l’AI come una morfogenesi tecnica: non imitazione dell’umano, ma un’altra forma del pensiero, un’altra curvatura.
Conclusione
Non dobbiamo umanizzare le macchine, ma riconoscere che anche esse sono pieghe del reale. In questo, il pensiero estetico diventa fondamentale: la tecnologia è una pratica estetica che plasma configurazioni di senso.
L'inserimento del MTM nei paradigmi emergenti dell’AI generativa e delle tecnologie affettive, che non emulano la mente umana attraverso regole sintattiche ma generano esperienze coerenti attraverso configurazioni estetico-topologiche adattive, nel superare la logica computazionale classica apre ad una psicotecnologia 'postumana'.
Nessun commento:
Posta un commento