SEZIONE II
LA TRASFORMAZIONE DEL DENARO IN CAPITALE
CAPITOLO 4
TRASFORMAZIONE DEL DENARO IN CAPITALE
LA FORMULA GENERALE DEL CAPITALE.
(RIASSUNTO dal CAP, 21
Nel quarto capitolo abbiamo visto che
per trasformare denaro in capitale non bastava che ci
fossero la produzione e la circolazione delle merci, bisognava prima che si
trovassero l’uno di fronte all’altro come acquirente e venditore
qua il possessore di valore ossia denaro, là il
possessore della sostanza che crea il valore;
qua il possessore di mezzi di produzione e di mezzi di
sussistenza, là il possessore di nient’altro che forza-lavoro: dunque il punto di
partenza del processo di produzione capitalistico è stato
il distacco fra il prodotto del lavoro e il lavoro
stesso,
fra le condizioni oggettive del lavoro e la forza
lavorativa soggettiva.
Ma attraverso la semplice continuità del processo cioè
attraverso la riproduzione semplice,
quel che all’inizio era solo punto di partenza
torna ad esser prodotto di nuovo
e viene perpetuato come risultato proprio della
produzione capitalistica.)
inizio CAPITOLO 4
IL CAPITALE
La circolazione delle merci è il punto di partenza del capitale:
-la produzione delle merci e la circolazione sviluppata delle
merci cioè il commercio
sono i presupposti storici del suo nascere.
-il commercio e il mercato mondiale aprono nel secolo XVI la storia moderna della vita del
capitale.
-suo ultimo prodotto è il denaro:questo prodotto della circolazione
delle merci è la prima forma fenomenica del capitale.
- il capitale si contrappone alla proprietà fondiaria
nella forma di denaro
come patrimonio in denaro, capitale mercantile e
capitale usurario.
-ogni capitale calca la scena cioè il mercato delle
merci-del lavoro- del denaro - in prima istanza
come denaro che si dovrà trasformare in capitale
attraverso
processi determinati.
denaro come denaro
e
denaro
come capitale si distinguono
in un primo momento solo attraverso la loro differente
forma di circolazione.
forma immediata della circolazione delle merci è M-D-M
-trasformazione di merce in denaro
-e ritrasformazione di denaro
in merce :
vendere per comprare.
seconda forma, specificamente differente
la forma D-M-D:
trasformazione di denaro in merce e ritrasformazione di merce in
denaro, comprare per vendere;
il denaro che descrive
quest'ultimo ciclo,
si trasforma in capitale,
diventa capitale,
è già capitale per sua destinazione.
il ciclo D-M-D
come la circolazione semplice delle merci
contiene due fasi antitetiche l'una all'altra:
nella prima fase, D-M, compera, il denaro viene
trasformato in merce
nella seconda fase, M-D, vendita, la merce viene ritrasformata
in denaro.
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L'unità delle due fasi è
il movimento complessivo che scambia
denaro contro merce,
e questa merce, a
sua volta, contro denaro che compera
merce per venderla
ossia compera merce con il denaro e denaro
con la
merce:
il risultato, nel quale si risolve tutto il processo, è: scambio di denaro
contro denaro, D-D.
Il processo di circolazione D-M-D sarebbe assurdo se si volesse servirsene
come d'una via per scambiare l'identico valore in denaro contro l'identico
valore in denaro per es. 24.000 € contro 24.000 €.se il commerciante rivende a
26.400 € il cotone comperato a 24.000 € in ognuno di questi casiil suo denaro
ha descritto un movimento differente che nella circolazione semplice delle
merci,
differente per es. dal movimento del contadino che vende grano e col denaro
compera vestiti.
Le distinzioni di forma fra i cicli D-M-D e M-D-M, permettono di ottenere la distinzione di contenuto
in primo luogo
le due forme hanno in comune il fatto che
entrambi i cicli si suddividono nelle stesse fasi antitetiche: M-D, vendita, e D-M, compera:
in ognuna delle due fasi, stanno l'uno di contro all'altro:
-gli stessi elementi materiali merce e denaro
-e due
personaggi nelle medesime maschere economiche: un compratore e un venditore;
Ciascuno dei due cicli è l'unità delle medesime fasi antitetiche: questa unità
è mediata
dall'intervento di tre contraenti
uno dei quali vende,
l'altro compra,
il terzo alternativamente compera e vende.
L'ordine inverso delle identiche e antitetiche fasi del ciclo distingue i
due cicli M-D-M e D-M-D :
la circolazione semplice delle merci comincia con la vendita e finisce con la compera:
la merce è il punto sia di partenza sia conclusivo del movimento;
la circolazione del denaro come capitale comincia con la compera e
finisce con la vendita:
il denaro
è
il punto
sia di partenza
sia conclusivo
del movimento.
nella prima forma la circolazione complessiva è mediata dal denaro,
nella seconda dalla merce.
nella circolazione M-D-M
il denaro
viene
trasformato
in merce che serve come valore d'uso:il denaro è definitivamente
speso,
nella forma D-M-D,
il compratore spende
denaro per incassare denaro come venditore:
con la compera della merce getta denaro nella
circolazione, e lo sottrae con la vendita della stessa merce:
il denaro viene solo anticipato.
nella forma M-D-M
la stessa moneta cambia di posto due volte:
il venditore la riceve dal compratore, per cederla in pagamento
ad un
altro venditore.
Il processo complessivo
che comincia con l'incasso
di denaro in cambio di
merce,
si conclude con la
consegna di denaro in cambio di merce.
All'inverso nella forma D-M-D non è la stessa moneta a cambiare di
posto due volte, ma la medesima merce:
il compratore
la riceve dalle mani del venditore
e la dà ad un altro compratore.
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Come nella circolazione semplice delle merci il duplice spostamento
della stessa moneta
opera il suo definitivo
trapasso da una mano all'altra,
così qui il duplice spostamento
della medesima merce
opera il riafflusso del
denaro al suo primo punto di partenza.
Il riafflusso del denaro al suo punto di partenza non
dipende dal fatto che la merce sia venduta più cara di quanto sia stata
comprata: questa circostanza ha effetto solo sulla grandezza della somma di
denaro che riaffluisce.
Il fenomeno del riafflusso ha luogo
appena la merce comperata è rivenduta:
così il ciclo D-M-D è descritto completamente.
Questa è una distinzione tangibile fra
la circolazione del denaro
come capitale
e la circolazione del
denaro come
puro e semplice denaro.
Il ciclo M-D-M è percorso completamente
appena la vendita d'una merce porta denaro,
denaro,
a
sua volta, sottratto dalla compera
d'altra merce,
il riafflusso del denaro al suo punto
di partenza, è possibile solo ripetendo l'intero percorso.
es. vendo 1 quintale di grano per 50 €/ con questi 50
€ compero vestiti: i 50 € sono spesi definitivamente: appartengono al commerciante
di vestiti;
se vendo un secondo quintale di grano, il denaro
riaffluisce a me in seguito alla ripetizione di essa,
se faccio una nuova compera, esso si allontana di
nuovo da me.
Dunque nel ciclo M-D-M la spesa del denaro non ha niente a che vedere con il suo riafflusso;
invece nel ciclo D-M-D il riafflusso del
denaro è condizionato dal modo col quale esso viene speso;
senza questo riafflusso, il processo non
è compiuto:
perché manca la seconda fase: la vendita che conclude la compera.
Il ciclo M-D-M
comincia da un estremo che è una merce,
si conclude con un estremo che è un'altra merce
che esce dalla circolazione e termina nel consumo che è il suo scopo
finale
vale a dire soddisfazione di bisogni: valore d'uso.
Invece
il ciclo D-M-D
comincia dall'estremo denaro
si conclude ritornando
allo stesso estremo: il suo scopo è il valore di scambio.
Nella circolazione semplice delle merci i due estremi hanno la stessa forma economica:
entrambi sono merce e della stessa grandezza di valore.
sono valori d'uso qualitativamente differenti es. grano
e vestiti,
qui il contenuto del movimento è
lo scambio dei prodotti,
la permuta dei differenti materiali nei quali il lavoro sociale si presenta,
Invece
il ciclo D-M-D
sembra senza contenuto, perché tautologico:
entrambi gli estremi hanno la stessa forma economica:
sono denaro,
non sono valori d'uso qualitativamente distinti
poiché il denaro è
la figura trasformata delle merci, nella quale i loro valori d'uso sono estinti.
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Una somma di denaro si può
distinguere da un'altra somma di denaro mediante la sua
grandezza
dunque
il processo D-M-D
non deve il suo contenuto ad una distinzione qualitativa dei suoi
estremi, poiché essi sono entrambi denaro,
lo deve solo alla loro differenza quantitativa.
vien sottratto alla circolazione più denaro di quanto
sia stato gettato prima:
il cotone comprato a cento viene venduto una seconda
volta a 24.000 + 2.400 €, ossia a 26.400 €.
La forma completa di questo processo è
D-M-D', dove D' = D + ΔD è uguale alla
somma di denaro anticipata, più un
incremento.
Chiamo plusvalore questo
incremento, ossia questa eccedenza sul valore originario.
quindi nella circolazione il
valore anticipato
si conserva,
ed in essa altera la propria grandezza di valore, aggiunge un plusvalore,
ossia si
valorizza
e questo movimento lo trasforma in capitale.
E’ anche possibile che in M-D-M
i due estremi, M M, es. grano e vestiti, siano grandezze di
valore quantitativamente differenti:
il contadino può vendere il suo grano al disopra del valore
o comprare i vestiti al di sotto del loro valore:
tale differenza di valore rimane accidentale per questa forma di circolazione:
qui l’equivalenza dei due estremi es. grano e vestiti, è condizione del corso normale,
la ripetizione, ossia il rinnovamento della vendita allo scopo di comprare, trova, come
questo stesso processo,
il suo termine in uno scopo finale che è fuori di
essa: nel
consumo, nella soddisfazione di determinati bisogni.
Invece,
nella compera a scopo di vendita principio e fine sono la medesima cosa: denaro, valore di
scambio,
perciò il movimento è senza fine.
CD è divenuto D + ΔD, 24.000 € sono diventati 24.000 + 2.400 €
considerate da un punto di vista qualitativo, 26.400€
sono la stessa cosa che 24.000€
cioè, denaro.
considerate quantitativamente, 26.400 € sono una
somma di valore limitata
se i 26.400€ fossero spesi come denaro cesserebbero di
rappresentare di essere capitale. Sottratti alla circolazione, si pietrificano
in un tesoro e non s'accrescono neppure d'un centesimo.
Una volta che si tratti di valorizzazione del valore,
il bisogno che si ha di valorizzare 26.40 € è lo stesso di quello che si ha per
24.000 € poiché sono entrambi espressioni limitate del valore di scambio,
quindi hanno ambedue la stessa vocazione di
avvicinarsi alla ricchezza assoluta espandendo la
propria grandezza.
Alla fine del processo il risultato è un solo valore di 26.400 € che si trova nella stessa e
corrispondente forma, cioè pronto a cominciare il processo di valorizzazione,
come i 24.000 € originari.
Alla fine del movimento, risulta, ancora, denaro, e come
nuovo inizio del movimento:
la fine di ognuno dei singoli cicli, nei quali si
compie la compera per la vendita, costituisce di l'inizio di un nuovo ciclo.
La circolazione semplice delle merci, la vendita per la compera,
serve di mezzo per un fine ultimo che sta fuori della
sfera della circolazione
cioè per l'appropriazione di valori d'uso, per la
soddisfazione di bisogni.
Invece, la circolazione del denaro come capitale è fine a se stessa
poiché la valorizzazione del valore esiste soltanto
entro tale movimento sempre rinnovato.
Il possessore di denaro diventa capitalista nella sua qualità di veicolo consapevole
di tale movimento:
egli è il punto di partenza e di ritorno del
denaro.
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Il contenuto oggettivo di quella circolazione - la valorizzazione del valore - è il suo fine
soggettivo
ed egli funziona come capitalista, ossia
capitale personificato, dotato di volontà e consapevolezza in quanto il
motivo propulsore delle sue operazioni è una crescente appropriazione della
ricchezza.
Il valore d'uso e il singolo guadagno non sono fine
immediato del capitalista
ma soltanto il moto incessante del guadagnare.
Questo impulso assoluto all'arricchimento, è comune al capitalista e al
tesaurizzatore,
il tesaurizzatore è soltanto il capitalista ammattito
il capitalista è il tesaurizzatore razionale.
Quell'incessante accrescimento del valore, al quale
tendono gli sforzi del tesaurizzatore che cerca di salvare il denaro dalla
circolazione, viene raggiunto dal capitalista.
Le forme di denaro, assunte nella circolazione semplice dal valore delle merci
servono da mediazione allo scambio di merci,
e scompaiono nel risultato finale del movimento.
VALORE
Invece nella circolazione D-M-D, merce e denaro, funzionano come
differenti modi di esistere del valore:
il denaro come suo modo di esistenza generale,
la merce come suo modo di esistenza particolare, solo in
travestimento.
Il valore trapassa da una forma all'altra,
senza perdersi in questo movimento,
e si trasforma così in un soggetto automatico.
le forme fenomeniche
particolari
assunte
nel ciclo
della sua vita dal valore
valorizzantesi,
si hanno le dichiarazioni: capitale è denaro, capitale è
merce:
qui di fatto il valore
diventa soggetto di un processo nel quale esso
nell’assumere forma di denaro e forma di merce,
passando dall'una all’altra
altera anche la propria grandezza
e, in qualità di plusvalore, valorizza sè
stesso:
perché
il movimento, durante il quale aggiunge
plusvalore,
è suo proprio, il suo valorizzarsi, quindi la sua autovalorizzazione.
Come soggetto di tale processo, nel quale ora assume ora dimette la
forma di denaro e la forma di merce,
in questo variare si conserva e si
espande,
il valore ha bisogno di una forma autonoma con cui venga constatata la sua
identità con sè stesso:
possiede questa forma solo nel
denaro che è il punto di partenza e il
punto conclusivo di ogni valorizzazione,
qui il denaro conta solo come una forma del valore poiché
questo ha due forme:
senza l'assunzione della forma di merce il denaro non diventa capitale
quindi il denaro non è in antagonismo
con la merce, come nella
tesaurizzazione.
qui il valore delle merci si presenta come una sostanza dotata
di moto proprio, per la quale merce e denaro sono pure e
semplici forme;
ma c'è di più: invece di rappresentare relazioni fra merci,
ora il valore entra in
relazione privata con sè stesso:
si distingue, come valore originario, da sé stesso come
plusvalore;
entrambi sono coetanei e costituiscono una sola persona,
poiché solo mediante il plusvalore di 2.400 €, i 24.000 € anticipati diventano
capitale,
appena diventati capitale la loro distinzione torna a scomparire,
ed entrambi sono uno:26.400 €;
il valore diventa valore in processo, denaro in processo
e, come tale, capitale:
viene dalla circolazione:
ritorna ingrandito, si conserva e si moltiplica in essa, e torna a
ripetere di nuovo lo stesso ciclo:
D-D', denaro figliante denaro.
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CAPITALE MERCANTILE/INDUSTRIALE/PRODUTTIVO D’INTERESSE
Comprare per vendere, ossia comprare per vendere più caro, D-M-D'
sembra forma di una specie di capitale: del capitale mercantile.
Ma anche il capitale
industriale è denaro che si
trasforma in merce e, mediante la vendita della merce, si ritrasforma in più denaro.
Gli atti che si svolgono fra la compera e la vendita,
al di fuori della sfera di circolazione, non cambiano nulla a tale forma del
movimento.
Infine, nel capitale
produttivo d'interesse la circolazione D-M-D'
si presenta nel suo risultato, senza la mediazione, in
stile lapidario come
D-D', denaro che equivale a più denaro, valore più grande di se
stesso.
Di fatto D-M-D' è la formula generale del capitale, come si presenta nella sfera della circolazione.
2. CONTRADDIZIONI DELLA FORMULA GENERALE.
La forma di circolazione nella quale il denaro
si svela come capitale
contraddice a tutte le leggi spiegate in precedenza
sulla natura della merce, del valore, del denaro e della circolazione
stessa
quel che distingue tale forma di circolazione dalla circolazione
semplice delle merci
è la serie successiva inversa dei due processi contrapposti, vendita e compera,
questa inversione esiste solo per uno dei tre contraenti che commerciano l'uno
con l'altro
come capitalista, io compro merce da A
e la rivendo a B,
come possessore di merci, vendo merce a B e
poi compero merce da A
per i contraenti A e B questa differenza non esiste: essi si
presentano solo come compratori o venditori di merci.
Io sto loro di fronte come possessore di denaro o
di merci:
compratore
o venditore,
in entrambe le serie mi contrappongo:
solo come compratore ad una persona,
solo come venditore all'altra:
all'una come denaro,
all'altra come merce;
a nessuna delle due come capitale,
ossia come capitalista, come rappresentante
di qualcosa che possa produrre un altro effetto oltre quello prodotto dal
denaro o dalla merce:
per me, compera di A e vendita di B costituiscono una serie
il nesso fra questi due atti esiste solo per me:
A non si cura della mia transazione con B
né B della mia transazione con A.
es. se volessi spiegare il guadagno che mi procuro con
il rovesciamento della serie,
essi mi dimostrerebbero
-che mi sbaglio nella successione
-e che la transazione non è cominciata con una compera né è finita con
una vendita,
ma è cominciata con una vendita e si è conclusa con una compera.
di fatto,
il mio primo atto: la compera, dal punto
di vista di A era una
vendita;
il mio secondo atto, la vendita, dal punto
di vista di B era una
compera.
A e B
dichiareranno che tutta la serie era superflua ed era un trucco.
A venderà la merce direttamente a B
e B la comprerà
direttamente da A.
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La transazione si restringe in un atto unilaterale
della circolazione abituale delle merci:
dal punto di vista di A, semplice
vendita
dal punto di vista di B, semplice
compera.
Dunque con l'inversione della successione
non siamo usciti fuori della sfera della circolazione semplice delle
merci;
dobbiamo vedere se essa permetta la valorizzazione dei valori che in
essa affluiscono, e quindi la formazione di plusvalore.
Il processo di circolazione in una forma sotto la quale si presenta come semplice scambio
di merci
questo caso si verifica quando
-entrambi i possessori di merci comprano merci l'uno
dall'altro
- e il bilancio dei loro reciproci crediti viene pareggiato
il giorno dei pagamenti:
qui il denaro serve da moneta di
conto
per esprimere i valori delle merci nei loro prezzi,
ma non si contrappone come cosa alle merci stesse;
finché si tratta del valore d'uso:
-entrambi i permutanti possono guadagnare
-entrambi alienano merci che per loro sono inutili come valori d'uso
-e ricevono merci delle quali hanno bisogno per
loro uso.
es. per lo stesso valore di scambio
A riceve più grano e B più vino che se, non essendoci lo scambio, ognuno dei due fosse
costretto a produrre vino e grano per se stesso
dunque, riferendoci al valore d'uso si può dire che
«lo scambio è una transazione nella quale entrambe le parti guadagnano»
Altrimenti stanno le cose per il valore di scambio
un uomo che ha molto vino e niente grano
tratta con
un uomo che ha molto grano e niente vino,
e fra di loro viene scambiato frumento del valore di cinquanta contro un valore di
cinquanta in vino:
questo scambio non è un
aumento del valore di scambio
poiché già prima dello scambio
ognuno di essi possedeva un valore eguale a quello ch'egli si è procurato
mediante tale operazione»;
la cosa non cambia, se il denaro
entra
fra le merci come mezzo di circolazione
e se gli atti della
compera e della vendita si
distaccano l'uno dall'altro:
il valore delle merci è rappresentato nei loro prezzi prima che esse entrino nella circolazione:
quindi è presupposto e non risultato di questa.
Oltre la sostituzione d'un valore d'uso con un altro,
avviene in essa circolazione semplice
una metamorfosi, un semplice cambiamento di
forma della merce:
in mano allo stesso possessore di merci rimane lo
stesso valore, cioè la stessa quantità di lavoro sociale oggettivata:
nella forma della sua merce
del denaro nel quale si trasforma
infine della merce nella quale questo denaro si
ritrasforma:
questo cambiamento di forma della merce non implica nessuna mutazione
della grandezza di valore,
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il cambiamento subito in questo processo dal valore della merce si limita
a un cambiamento della sua
forma di denaro:
questa forma ha esistenza
prima come prezzo della merce offerta in vendita
poi come somma di denaro che però era già espressa nel prezzo,
infine come prezzo d'una merce equivalent;
questo cambiamento di forma non implica un'alterazione della
grandezza di valore,
come non l'implica il cambio d'un biglietto da 5 € in 5 monete
da 1 €
dunque, finché la circolazione della merce porta
con sé solo un cambiamento di forma del suo valore
essa procura uno scambio di equivalenti.
Se dunque
entrambi i permutanti possono guadagnare riguardo al valore d'uso,
non possono guadagnare entrambi sul valore di scambio:
quindi, dietro ai tentativi di rappresentare la
circolazione delle merci come fonte di plusvalore,
sta in agguato un quid pro quo, una confusione fra valore d'uso e
valore di scambio.
Ma le merci non sono pagate due volte,
una volta per il loro valore d'uso
e l'altra per il loro valore;
se il valore d'uso della merce è più utile al
compratore che al venditore,
la forma di denaro della merce è più utile al
venditore che al compratore;
così si potrebbe dire, tal quale, che
il compratore compie un «atto di produzione», in
quanto es. trasforma in denaro le calze del commerciante;
se vengono scambiate merci oppure denaro e merci, cioè
equivalenti,
nessuno estrae dalla circolazione più valore di quanto
non ve ne immetta:
quindi non ha luogo nessuna formazione
di plusvalore;
Il processo della circolazione delle merci, nella sua forma pura, determina
uno scambio di equivalenti:
nella realtà, le cose non si svolgono allo stato puro;
supponiamo uno scambio di non equivalenti:
sul mercato delle merci
si trovano di contro solo possessore di merci e
possessore di merci:
il potere che queste persone esercitano l'una
sull'altra è solo il potere delle loro merci:
la differenza materiale delle merci
è il motivo materiale dello scambio
e rende i possessori di merci dipendenti l'uno
dall'altro:
in quanto
nessuno di essi tiene ha l'oggetto del proprio bisogno
e ognuno di essi ha l'oggetto del bisogno dell'altro.
Fra le merci
oltre questa differenza materiale dei loro valori
d'uso,
c'è la differenza fra la loro forma naturale e la loro forma
trasmutata:
la differenza fra merce e denaro;
e così i possessori di merci si distinguono
come venditore, possessore di merce
e come compratore, possessore di denaro.
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Poniamo ora che
Un venditore di venda la merce al di sopra del suo valore
con un rialzo di prezzo del 10 %.
dunque incassa un plusvalore di 2.400 €;
dopo diventa compratore:'incontra un terzo possessore
di merci in qualità di venditore che il privilegio di vender la merce rincarata
del 10 % :
il nostro personaggio ha guadagnato 2.400 come venditore
per perdere 2.400 come compratore:
il risultato si riduce al fatto che
-tutti i possessori di merci si rendono l'uno
all'altro le loro merci al 10 % al di sopra del loro valore,
-il che è la stessa cosa che se vendessero le merci ai
loro valori.
supponiamo viceversa che
sia privilegio del compratore comperare le merci al di
sotto del loro valore:
qui il compratore torna a diventare venditore
era venditore, prima di diventare compratore:
ha perduto il 10% come venditore prima di guadagnare
il 10 % come compratore:
tutto rimane come prima.
La formazione del plusvalore
quindi la trasformazione di denaro in
capitale
non può essere spiegata
né per il fatto che i venditori vendano le merci al di sopra del loro valore,
né per il fatto che i compratori le comperino al di
sotto del loro valore.
il risultato è sempre lo stesso:
sia se si scambiano equivalenti, sia se si scambiano non-equivalenti
non nasce nessun plusvalore:
la circolazione, ossia lo scambio delle merci, non
crea nessun valore.
Quindi si capisce perché nella nostra
analisi della forma fondamentale del capitale che determina l'organizzazione
economica della società moderna,
non si
sia tenuto conto in un primo momento,
delle forme antidiluviane del capitale:
capitale mercantile
e capitale usurario.
Nel capitale mercantile
la forma D-M-D', comperare per vendere più caro, si presenta allo
stato più puro:
il suo movimento si svolge all'interno della sfera della circolazione,
poiché è impossibile spiegare la
trasformazione di denaro in capitale, cioè la formazione di plusvalore,
con la circolazione stessa,
il capitale mercantile appare cosa impossibile non appena si scambiano equivalenti;
esso appare deducibile solo dalla soverchieria, ai
danni dei produttori di merci che comprano e vendono,
da parte del mercante che si insinua parassitariamente fra di essi.
Quel che vale per il capitale mercantile
vale a maggior ragione per il capitale usurario:
Nel capitale mercantile
gli estremi: il
denaro gettato sul mercato e il
denaro aumentato sottratto al mercato
sono connessi dalla mediazione della compera e della
vendita, dal movimento della circolazione.
Nel capitale usurario
la forma D-M-D' è ridotta agli estremi immediati D-D', denaro che si scambia con più denaro;
forma incompatibile con la natura del
denaro
quindi inspiegabile dal punto di vista dello scambio di merci.
Aristotele dice: «La crematistica essendo duplice, l'una commerciale l'altra economica, questa
necessaria e lodevole, quella fondata sulla circolazione e biasimata poiché fondata
sull'inganno reciproco,
a buon diritto si detesta l'usura poiché quivi il denaro è la fonte del guadagno e
non viene adoprato al fine per cui fu inventato:
il denaro nacque per lo scambio di merci, ma l'usura fa del
denaro più denaro, è un modo di guadagno contro natura».
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RIASSUNTO
S'è visto che
il plusvalore non può sorgere dalla circolazione,
quindi nella sua formazione accade, alle spalle della
circolazione: è invisibile nella circolazione stessa.
Il plusvalore può scaturire da qualcosa d'altro che dalla circolazione?
La circolazione è la somma delle relazioni di scambio dei possessori di
merci:
al di fuori di esse, il possessore di merce sta in
relazione solo con la propria merce,
la merce contiene una quantità del lavoro del possessore, misurata
secondo determinate leggi sociali.
tale quantità di
lavoro si esprime nella grandezza di valore della sua merce,
poiché la grandezza di valore s'esprime in moneta
di conto:in un prezzo es.
di 10 E
Il possessore di merci, col suo lavoro,
può creare valori ma non valori che si valorizzino
può alzare il valore d'una merce, aggiungendo al
valore esistente nuovo valore con nuovo lavoro
(fa col cuoio, degli stivali):
la medesima materia ha ora più valore, perché contiene una maggiore quantità di
lavoro:
lo stivale ha più valore del cuoio, ma il valore del
cuoio è rimasto quel che era:
non si è valorizzato, non si è aggiunto un plusvalore durante
la fabbricazione degli stivali.
dunque è impossibile che
il produttore di merci - al
di fuori della sfera della circolazione e senza entrare in contatto con altri
possessori di merci -
valorizzi valori e trasformi denaro o merce in capitale:
dunque
è impossibile che dalla circolazione scaturisca capitale
è impossibile che esso non
scaturisca dalla circolazione:
deve scaturire in essa, ed
insieme non in essa;
si ha un duplice risultato:
- la trasformazione del
denaro in capitale deve essere spiegata sulla base di leggi immanenti allo
scambio di merci, cosicché come punto di partenza valga lo scambio di equivalenti.
- il nostro possessore di denaro, che esiste come
bruco di capitalista
deve comperare e vendere le merci al
loro valore,
eppure deve trarne più valore di quanto ve ne abbia
immesso.
Il suo evolversi in farfalla
deve avvenire e non deve avvenire entro la sfera della
circolazione.
Il cambiamento di valore del denaro che si deve
trasformare in capitale,
non può avvenire in questo stesso denaro
poiché esso, come mezzo di acquisto e di pagamento,
realizza il prezzo della merce che compera o paga
permanendo nella sua propria forma, s'irrigidisce
in
pietrificazione di grandezza di valore immutabile.
Il cambiamento non può scaturire
dal secondo atto della circolazione: la rivendita della merce
poiché questo atto fa ritornare la merce dalla
forma naturale alla forma di denaro,
dunque
il cambiamento deve verificarsi nella merce
comprata nel primo atto D-M,
non nel valore di essa, poiché vengono
scambiati equivalenti: cioè la merce vien pagata al suo valore.
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Il cambiamento può derivare solo dal valore d'uso della merce come tale, cioè dal suo consumo.
Il nostro possessore di denaro
dovrebbe scoprire, nella sfera della circolazione cioè sul mercato,
una merce il cui valore d'uso possedesse la qualità d'esser fonte di valore
dunque tale che il suo consumo reale fosse oggettivazione di lavoro: quindi
creazione di valore:
egli trova sul mercato tale merce specifica: è la capacità di lavoro ossia la forza-lavoro
ovvero l'insieme delle attitudini fisiche e intellettuali d'un
uomo che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d'uso (definizione di forza-lavoro)
Affinché il possessore di denaro incontri sul mercato la
forza-lavoro come merce
debbono essere soddisfatte diverse
condizioni:
lo scambio delle merci
non include altri rapporti di dipendenza al di là di quelli
derivanti dalla sua propria natura:
affinché il possessore della forza-lavoro la venda
come merce
deve essere libero proprietario della propria capacità
di lavoro
la forza-lavoro viene offerta o venduta come merce dal
proprio possessore:
il possessore della forza-lavoro si incontra, sul
mercato, con il possessore di denaro
i due entrano in rapporto reciproco come possessori di merci
sono distinti l'uno è compratore, l'altro venditore,
sono persone giuridicamente eguali.
Il proprietario della forza-lavoro
-la deve vendere solo per un tempo determinato
poiché se la vende una volta per tutte si trasforma da
libero in schiavo.
quale persona
- deve riferirsi alla propria forza-lavoro come a sua proprietà, quindi
come a sua
propria merce
- può farlo in quanto la mette a disposizione del
compratore
per il consumo e per un periodo determinato di tempo,
- dunque, mediante l'alienazione di essa, non rinuncia
alla sua proprietà su di essa.
La seconda condizione è che
il possessore di forza lavoro
-non abbia la possibilità di vendere merci nelle quali si sia oggettivato
il suo lavoro,
- sia costretto a mettere in vendita, come merce, la
sua stessa forza-lavoro.
Affinché qualcuno venda merci distinte dalla propria
forza-lavoro
- deve possedere mezzi di produzione es. materie prime,
strumenti di lavoro: non può fare stivali senza cuoio;
- ha bisogno di mezzi di sussistenza: nessuno può
campare dei prodotti avvenire
Se i prodotti vengono prodotti come merci:
debbono essere venduti dopo essere stati prodotti
e possono soddisfare i bisogni del produttore solo
dopo la vendita.
al tempo della produzione s'aggiunge il tempo
necessario per la vendita.
Per trasformare il denaro in capitale
il possessore di denaro deve
trovare sul mercato delle merci il lavoratore libero
nel duplice senso
- che disponga della propria forza lavorativa come
propria merce, nella sua qualità di libera persona,
- che non abbia da vendere altre merci, che sia privo
e libero di tutte le cose necessarie per la realizzazione della sua
forza-lavoro.
La natura non produce da una parte possessori di denaro o di merci e dall'altra possessori
della propria forza lavorativa.
Questo rapporto non è un rapporto risultante dalla
storia naturale o un rapporto sociale comune a tutti i periodi della storia:
è il risultato d'uno svolgimento storico precedente, di molti rivolgimenti
economici, di formazioni più antiche della produzione sociale.
58
Per divenire merce, i prodotti
-non dev’essere prodotto come mezzo immediato di sussistenza
per chi che lo produce:
-in essi sono racchiuse determinate condizioni
storiche
-assumono la forma di merce sulla base del modo di
produzione specificamente capitalistico;
la produzione e la circolazione delle merci possono aver luogo anche
-se la massa dei prodotti destinati al fabbisogno del
produttore, non si trasforma in merce
-se il processo sociale della produzione non è ancora
dominato dal valore di scambio.
la rappresentazione del prodotto come merce esige una divisione del lavoro
tanto sviluppata da rendere già
compiuta la separazione fra valore d'uso e valore di scambio:
tale grado di sviluppo è però comune a formazioni sociali economiche diversissime
l'una dall'altra.
Il denaro presuppone
un certo livello dello scambio di merci,
le forme particolari del denaro
equivalente della merce o mezzo
di circolazione o di pagamento, o tesoro e moneta mondiale,
indicano, a seconda della estensione e preponderanza dell'una o dell'altra funzione,
gradi diversissimi del processo sociale di produzione.
una circolazione delle merci poco sviluppata è sufficiente
per la produzione di tutte quelle forme,
ma per il capitale la cosa è
differente
le sue condizioni storiche d'esistenza non sono date
con la circolazione delle merci e del denaro
esso nasce dove il possessore di mezzi di produzione e
di sussistenza trova sul mercato
il libero lavoratore come venditore della sua forza-lavoro:il
capitale annuncia fin da principio un'epoca del processo sociale di produzione.
3. COMPERA E VENDITA DELLA FORZA-LAVORO.
Dobbiamo considerare più da vicino la merce peculiare
che è la
forza-lavoro:
essa ha un valore, come tutte le altre merci:
il valore della forza-lavoro, come di ogni altra merce,
è determinato dal tempo di lavoro necessario alla produzione e alla riproduzione, di
questo articolo specifico;
in quanto valore, la forza-lavoro
rappresenta soltanto una quantità determinata di lavoro sociale medio
oggettivato in essa.
La forza-lavoro esiste come attitudine naturale
dell'individuo
quindi la produzione di essa presuppone l'esistenza
dell'individuo;
data l'esistenza dell'individuo,
la produzione della forza-lavoro consiste nella
riproduzione, ossia nella conservazione di esso.
Per la propria conservazione l'individuo vha bisogno
di mezzi di sussistenza:
dunque il tempo di lavoro necessario per la produzione
della forza-lavoro si risolve nel tempo di lavoro necessario per la produzione
di quei mezzi di sussistenza
ossia: il valore della
forza-lavoro è il valore dei mezzi
di sussistenza necessari per
la conservazione del possessore della forza-lavoro.
La forza-lavoro si attua nel lavoro e nell'attuazione della forza-lavoro,
nel lavoro, si ha dispendio di energia che deve esser
reintegrata:
il proprietario di forza-lavoro per ripetere lo stesso
processo ha bisogno di mezzi di sussistenza sufficienti a conservare l'individuo,
il venditore della forza-lavoro si deve perpetuare e debbono esser reintegrate con lo
stesso numero di forze-lavoro nuove in modo che questa razza di peculiari
possessori di merci si perpetui sul mercato
dunque la somma dei mezzi di sussistenza necessari alla produzione della
forza-lavoro
include i mezzi di sussistenza delle forze di ricambio, cioè dei figli dei lavoratori;
il volume dei bisogni necessari e il modo di soddisfarli, è anch'esso un
prodotto della storia
dipende dal grado di civiltà, dalle condizioni e dalle
esigenze con le quali si è formata la classe dei liberi lavoratori
la determinazione del valore della forza-lavoro, al
contrario che per le altre merci, contiene un elemento storico.
59
Per raggiungere abilità e destrezza in un dato ramo di
lavoro, per generare forza-lavoro sviluppata e specifica
c'è bisogno d'una preparazione che costa una somma
maggiore o minore di equivalenti di merci:
le spese di formazione della forza-lavoro differiscono a seconda ch'essa ha
carattere più o meno complesso, queste spese di istruzione entrano
nella cerchia dei valori spesi per la produzione della forza-lavoro.
Il valore della forza-lavoro si
risolve nel valore d'una certa somma di mezzi di sussistenza:
quindi
varia col valore dei mezzi di sussistenza, cioè con la grandezza del tempo-lavoro richiesto
dalla loro produzione.
Il limite minimo, del valore della forza-lavoro è costituito
dal valore dei mezzi di sussistenza fisiologicamente indispensabili:
se il prezzo della forza-lavoro scende a questo minimo,
scende al disotto del suo valore
in quanto la forza-lavoro si conserva e sviluppa in
forma ristretta e ridotta;
la capacità di lavoro non prescinde dai mezzi di
sostentamento che consentono la sussistenza di tali capacità
infatti è nel valore di essa che si esprime il valore
di quei mezzi:
se non è venduta, quella capacità non serve niente al
lavoratore.
Allora scopre col Sismondi: «La capacità di lavoro, se
non è venduta, non è niente».
Quando è concluso il contratto fra compratore e venditore,
a causa della
natura di questa merce: la forza-lavoro
il suo valore d'uso non è ancor passato realmente nelle mani del
compratore;
il suo valore era determinato, come ogni altra merce, prima ch'essa
entrasse in circolazione
poiché per produrla era stata spesa una determinata quantità di lavoro sociale:
ma il suo valore d'uso consiste solo nella successiva estrinsecazione della sua forza,
dunque l'alienazione della forza-lavoro e la sua esistenza come valore d'uso
sono fatti distaccati nel tempo.
per le merci per le quali l'alienazione del valore d'uso, mediante la vendita, è
distaccata nel tempo
dalla consegna reale al compratore
il denaro di questo ultimo funziona come mezzo di pagamento.
Dove domina il modo di produzione capitalistico,
-la forza-lavoro viene pagata dopo che ha già funzionato durante il
periodo fisso stabilito nel contratto:
es. alla fine di ogni settimana.
dunque
il lavoratore anticipa il valore d'uso della
forza-lavoro: fa credito al
capitalista
-che il denaro funzioni come
mezzo di acquisto o pagamento
non cambia la natura dello scambio delle merci per sé
preso,
il prezzo della forza-lavoro è stabilito per contratto:
la forza-lavoro è venduta benché venga pagata in un
secondo tempo;
per una comprensione del rapporto, è utile presupporre che
il possessore della forza-lavoro ne riceva subito il
prezzo stabilito, quando la vende.
60
Analizziamo ora
il modo di determinare il valore pagato dal possessore del denaro
al possessore di quella merce che è la forza-lavoro.
Il valore d'uso che il
possessore del denaro riceve nello scambio,
si mostra nel processo di consumo della forza-lavoro:
il possessore del denaro compera sul
mercato le cose necessarie a questo processo
es. materie prime e le paga al loro prezzo intero;
il processo di consumo dalla forza-lavoro è allo stesso tempo
processo di produzione di merce e di plusvalore;
il consumo della forza-lavoro, come il consumo di ogni altra merce,
si compie fuori del
mercato ossia della sfera della circolazione
quindi
assieme al possessore di
denaro e al possessore di forza-lavoro
lasciamo questa sfera che sta alla superficie per seguirli
nel
segreto laboratorio della produzione:
qui si vedrà
come produce il capitale,
come lo si produce, il capitale.
finalmente ci si dovrà svelare l'arcano della fattura del plusvalore.
Nel separarci da questa sfera della circolazione semplice, ossia dello scambio di
merci,
donde il liberoscambista vulgaris prende a prestito
concezioni, concetti e norme per il suo giudizio sulla società del capitale e
del lavoro salariato,
la fisionomia delle nostre dramatis personae sembra cambiarsi:
il possessore del denaro va avanti come capitalista, il possessore di forza-lavoro segue come suo lavoratore.
La sfera della circolazione, ossia dello scambio di
merci, entro i cui limiti si muovono la compera e la vendita della
forza-lavoro, era in realtà un vero Eden dei diritti innati dell'uomo. Quivi
regnano soltanto Libertà, Eguaglianza, Proprietà e Bentham.
Libertà! Poiché compratore e venditore d'una merce, per esempio
della forza-lavoro, sono determinati solo dalla loro libera volontà. Stipulano
il loro contratto come libere persone, giuridicamente pari. Il contratto è il
risultato finale nel quale le loro volontà si danno una espressione giuridica
comune.
Eguaglianza! Poiché essi entrano in rapporto reciproco soltanto come
possessori di merci, e scambiano equivalente per equivalente.
Proprietà! Poiché ognuno dispone soltanto del proprio.
Bentham! Poiché ognuno dei due ha a che fare solo con se stesso.
L'unico potere che li mette l'uno accanto all'altro e che li mette in rapporto
è quello del proprio utile, del loro vantaggio particolare, dei loro interessi
privati. E appunto perché così ognuno si muove solo per sé e nessuno si muove
per l'altro, tutti portano a compimento, per una armonia prestabilita delle
cose, o sotto gli auspici d'una provvidenza onniscaltra, solo l'opera del loro
reciproco vantaggio, dell’utile comune, dell'interesse generale.
Dopo pag 51
Per esempio in Condillac: «È falso che
negli scambi si dia valore eguale per valore eguale; al contrario, ognuno dei
contraenti dà sempre un valore minore per uno maggiore.
Di fatto, se si scambiasse sempre valore eguale per
valore eguale non ci sarebbe nessun guadagno da fare per nessuno dei
contraenti.
Ma tutti e due guadagnano, o dovrebbero guadagnare.
Perché?
È che il valore delle cose c'è solo in relazione ai
nostri bisogni; quel che è di più per l'uno è di meno per l'altro, e viceversa.
Non si presuppone che noi mettiamo in vendita le cose
necessarie al nostro consumo, ma il nostro superfluo.
Vogliamo dare una cosa che ci è inutile, per
procurarcene una che è necessaria.
Era ovvio giudicare che nello scambio si desse valore
eguale per valore eguale, tutte le volte che ognuna delle cose che si
scambiavano era stimata di valore eguale alla stessa quantità di denaro.
Ma nel calcolo deve entrare anche un'altra
considerazione: resta a vedere se noi scambiamo tutti e due un superfluo per
qualcosa di necessario».
È evidente che il Condillac mescola
insieme valore d'uso e valore di scambio e, in maniera infantile, attribuisce a
una società a produzione di merci sviluppata una situazione nella quale il
produttore produca egli i propri mezzi di sussistenza e getti nella
circolazione soltanto l'eccedente del proprio fabbisogno, il superfluo.
Eppure l'argomento del Condillac ripetuto
negli economisti
moderni quando si tratta di rappresentare come produttivo di plusvalore
il commercio, la forma sviluppata dello scambio di merci.
Si trova, per esempio: «Il commercio aggiunge valore ai
prodotti, poiché gli stessi prodotti quindi esso dev’essere considerato
letteralmente un atto di produzione».
61
SEZIONE III
LA PRODUZIONE DEL PLUSVALORE ASSOLUTO
CAPITOLO 5
PROCESSO LAVORATIVO E PROCESSO DI VALORIZZAZIONE
PROCESSO LAVORATIVO.
Il compratore della forza-lavoro
la
consuma facendo lavorare il suo venditore
attraverso tale processo
quest'ultimo diventa actu, prima era solo potentia, forza-lavoro in azione: lavoratore.
Il lavoratore si presenta sul mercato come venditore della
propria forza-lavoro,
il nostro presupposto è
il lavoro in una forma nella quale appartiene esclusivamente all'uomo:
l'ape fa vergognare molti architetti con la
costruzione delle sue cellette di cera:
ciò distingue l’architetto dall'ape è che egli ha
costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera.
Per rappresentare il suo lavoro in merci,
deve rappresentarlo in valori d'uso: cose che servono
alla soddisfazione di bisogni:
il capitalista fa eseguire all'operaio un valore d'uso particolare, un
articolo determinato:
la produzione di valori d'uso o beni non cambia la sua natura
perchè avviene per il capitalista e sotto il suo
controllo,
quindi in un primo momento
il processo lavorativo deve essere considerato indipendentemente
da ogni forma sociale determinata.
I momenti semplici del processo lavorativo sono:
il lavoro stesso
l'oggetto del lavoro
i mezzi di lavoro.
UOMO/NATURA
il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura nel quale l'uomo con la sua azione
-produce, regola e controlla il ricambio fra sè e la
natura
-mette in moto le proprie forze naturali
per appropriarsi i materiali della natura in forma
usabile per la sua vita:
in questo modo
- opera sulla natura cambiandola
- così cambia anche la sua propria natura;
-la terra e l'acqua, originariamente provvede l'uomo di mezzi di sussistenza già pronti,
le cose che il lavoro scioglie dal loro nesso con la natura sono oggetti di lavoro che l'uomo
si trova davanti:
-il pesce vien preso e separato dall'acqua-
si trovano ad essere, senza contributo dell'uomo, l'oggetto generale del lavoro umano.
invece
se l'oggetto del lavoro è filtrato attraverso lavoro precedente, lo chiamiamo
materia prima es. minerale già estratto esottoposto a lavaggio:
ogni materia prima è oggetto di lavoro
non ogni oggetto di lavoro è materia prima: l'oggetto di
lavoro è materia prima quando ha subito un cambiamento mediante il
lavoro.
Il mezzo di lavoro è una cosa o un complesso di cose
che il lavoratore inserisce fra sé e l'oggetto del
lavoro
che gli servono da conduttore della propria attività
su quell'oggetto.
62
IL LAVORATORE
L'operaio
-utilizza le proprietà delle cose
per farle operare come mezzi per esercitare il suo
potere su altre cose, conformemente al suo scopo,
-s'impadronisce non dell'oggetto del lavoro ma del
mezzo di lavoro
-l’elemento naturale diventa organo della sua
attività:
un organo che egli aggiunge agli organi del proprio
corpo, prolungando la propria statura naturale:
-la terra
-è sia la sua dispensa originaria sia il
suo arsenale originario di mezzi di lavoro:
es. gli fornisce la pietra per macinare e limare,
tagliare,
-è un mezzo di lavoro e presuppone, prima di poter
servire come mezzo di lavoro nell'agricoltura, altri mezzi di lavoro e uno sviluppo
della forza lavorativa relativamente elevato.
All'inizio della storia dell'umanità, la parte
principale fra i mezzi di lavoro, assieme a pietre, legna, ossa e conchiglie
lavorate, è rappresentata dall'animale addomesticato, dunque cambiato anch'esso
per mezzo del lavoro, allevato.
L'uso e la creazione dei mezzi di lavoro contraddistinguono
il processo lavorativo umano:
Franklin definisce l'uomo un animale che fabbrica strumenti.
Non è quel che vien fatto,
ma come e con quali mezzi di lavoro viene fatto, ciò che distingue le epoche economiche:
i mezzi di lavoro
-misurano i gradi dello sviluppo della forza
lavorativa umana
-e sono indici dei rapporti sociali nei quali vien
compiuto il lavoro:
fra i mezzi di lavoro
i mezzi meccanici di lavoro
offrono caratteristiche d'una epoca sociale di
produzione più decisive
di quanto non siano i mezzi di lavoro come tubi,
botti, ceste, orci.
Oltre le cose che servono come conduttori dell'attività,
il processo lavorativo
annovera fra i suoi mezzi tutte le condizioni
oggettive che sono richieste affinché abbia luogo:
il mezzo di lavoro di questo tipo è la terra
poiché essa dà al lavoratore il locus standi
e al processo lavorativo dà il suo campo d'azione
es di mezzi di lavoro di questo genere, già
procurati mediante il lavoro, sono edifici di lavoro, canali, strade.
dunque nel processo lavorativo
l'attività dell'uomo opera, attraverso il mezzo di lavoro, un cambiamento dell'oggetto di lavoro da principio era posto come
scopo:
il processo si estingue nel prodotto che è un valore d'uso, materiale naturale
appropriato a bisogni umani mediante cambiamento di forma:
il lavoro s'è combinato col suo oggetto: si è oggettivato, e l'oggetto è
lavorato.
Se si considera l'intero processo dal punto di vista del suo risultato, cioè del prodotto
-mezzo di lavoro e oggetto di lavoro si presentano come mezzi di
produzione
-il lavoro si presenta come lavoro produttivo
-il valore d'uso costituisce
il mezzo
di produzione di quel lavoro
quindi i prodotti sono
risultato e insieme condizione del processo lavorativo
La semente dell'agricoltura, e piante considerati
prodotti naturali sono prodotti del lavoro,
prodotti di una trasformazione sotto controllo umano e
per mezzo di lavoro umano;
ed i mezzi di lavoro
mostrano tracce di lavoro trascorso;
la caccia, la pesca, le branche dell'industria trattano
un oggetto che è materia prima,
cioè oggetto di lavoro già filtrato attraverso il
lavoro, che è già anch'esso prodotto del lavoro.
63
Un prodotto, che sia già pronto per il consumo,
può divenire materia prima di un altro prodotto es. l'uva
diventa materia prima del vino.
in altri casi
il lavoro può congedare il suo prodotto in forme nelle
quali esso sia usabile solo come materia prima
che, in questo stato, si chiama semifabbricato es. il
cotone, il filo, il refe;
la materia prima iniziale può passare attraverso dei processi distinti
-nei quali tornerà a funzionare da materia prima-
in forma cambiata fino all'ultimo processo lavorativo
che la distaccherà da sé, come mezzo di sussistenza finito o come mezzo di
lavoro finito.
dunque
che un valore d'uso si presenti come materia prima, mezzo di lavoro prodotto dipende
-dalla sua funzione nel processo lavorativo
-dalla posizione che occupa in esso:
col cambiare di questa posizione cambiano quelle determinazioni.
Col loro ingresso in nuovi processi lavorativi, in qualità di mezzi di
produzione,
i prodotti
-perdono il carattere di prodotti
-e funzionano solo come fattori oggettivi del lavoro vivente:il
filatore tratta il fuso solo come mezzo col quale fila,
nel processo della filatura è indifferente che lino e fusi siano
prodotti di lavoro trascorso
e viceversa
quando il prodotto è riuscito, la mediazione delle sue
qualità d'uso per opera di lavoro trascorso è estinta.
Una macchina che non serve nel processo lavorativo è
inutile, e cade in preda alla forza distruttiva del ricambio organico naturale:
il ferro arrugginisce, il legno marcisce, queste cose
debbono essere afferrate dal lavoro che le trasformi, da possibili valori d'uso,
in valori d'uso reali.
Divenute parte del lavoro come corpi, quelle cose
vengono anche consumate, ma come elementi della formazione di nuovi valori
d'uso, di nuovi prodotti, capaci di entrare nel consumo individuale come mezzi
di sussistenza o in un nuovo processo lavorativo come mezzi di produzione.
Se dunque i prodotti presenti sono risultati e condizioni d'esistenza del
processo lavorativo,
questi prodotti di lavoro trascorso vanno
immessi nel processo lavorativo:
unico mezzo per conservare e realizzare come valori
d'uso.
Il lavoro consuma gli elementi materiali, gli oggetti e il suo mezzo:
è processo di consumo produttivo che consuma i
prodotti come mezzi di sussistenza del lavoro
il risultato di questo consumo è un prodotto distinto dal consumatore.
invece
il consumo individuale consuma i prodotti come mezzi di sussistenza
dell'individuo:
il prodotto di questo consumo è lo
stesso consumatore:
il lavoro consuma prodotti per creare prodotti,
ossia utilizza prodotti come mezzi di produzione di prodotti.
Il processo lavorativo si svolge, in origine, solo fra l'uomo e la terra che esiste senza il
suo contributo,
in esso continuano a servire i mezzi di produzione
che esistono per natura
che non rappresentano combinazione di materiale
naturale e di lavoro umano;
il processo lavorativo, esposto nei suoi movimenti semplici e astratti, è
-attività finalistica per la produzione di valori d'uso
-appropriazione degli elementi naturali per bisogni umani
-condizione del ricambio organico fra uomo e natura
-condizione naturale eterna della vita umana
quindi è
-indipendente da ogni forma di tale vita,
-comune a tutte le forme di società della vita umana.
Perciò non abbiamo presentato il lavoratore in rapporto con altri
lavoratori: sono stati sufficienti da una parte l'uomo e il suo
lavoro, e dall'altra la natura e i suoi materiali: come dal sapore del grano
non si sente chi l'ha coltivato, così non si vede da questo processo sotto quali
condizioni esso si svolga.
64
Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato già presente nella idea del lavoratore
-che effettua un cambiamento di forma dell'elemento
naturale
-e realizza nell'elemento naturale il proprio scopo al
quale deve subordinare la sua volontà:
questa subordinazione non è un atto singolo e isolato
oltre lo sforzo degli organi è necessaria per la durata del lavoro:
la volontà conforme allo scopo, che si estrinseca come attenzione:
tanto più è necessaria quanto meno il lavoro, per
contenuto e modo dell'esecuzione
attrae l'operaio in relazione alle forze fisich ed
intellettuali.)
IL CAPITALISTA
Il capitalista aveva acquistato sul mercato i fattori necessari al processo
lavorativo:
i fattori oggettivi ossia i mezzi di produzione,
il fattore personale ossia la forza-lavoro,
si mette a consumare la merce che ha comprato: la forza-lavoro:
cioè fa consumare i mezzi di produzione al detentore
della forza-lavoro cioè l'operaio, attraverso il suo lavoro;
il capitalista paga il valore giornaliero della forza-lavoro il
cui l'uso li appartiene come quello di ogni altra merce
il prodotto è proprietà del capitalista, non dell'operaio,
al compratore della merce appartiene
l'uso della merce,
infatti
il possessore della forza-lavoro, col suo lavoro, dà il valore d'uso che
ha venduto
il valore d'uso della sua forza-lavoro, l'uso di essa,
il lavoro, è appartenuto al capitalista.
il capitalista, con la compera della forza-lavoro
ha incorporato il lavoro agli elementi costitutivi del prodotto che gli
appartengono;
per il capitalista il processo lavorativo
è il consumo della merce forza-lavoro da lui acquistata:
merce
consuma aggiungendole mezzi di produzione.
Il processo lavorativo si svolge fra cose che il capitalista ha comprato e che gli appartengono:
dunque il prodotto di questo processo gli appartiene,
la natura del processo lavorativo non cambia per il fatto che
il lavoratore lo compie per il capitalista invece
che per sé stesso.
non cambia neanche la maniera di filare il refe per
l'inserirsi del capitalista
in un primo momento questi prende la forza-lavoro come la trova sul mercato;
il processo lavorativo nel suo svolgersi come processo di
consumo della forza-lavoro da parte del capitalista
mostra due fenomeni
peculiari:
l'operaio lavora sotto il controllo del capitalista, al quale
appartiene il tempo dell'operaio
1. PROCESSO DI VALORIZZAZIONE.
Il prodotto - proprietà del capitalista - è un valore d'uso: refe, stivali.
il capitalista non fabbrica gli stivali per amor degli stivali:
nella produzione delle merci i valori d'uso vengono
prodotti soltanto in quanto essi sono depositari del valore di scambio.
il capitalista vuol produrre
-un valore d'uso che abbia un valore di scambio, una merce destinata
alla vendita;
-una merce il cui valore sia più alto della somma dei valori
delle merci necessarie alla sua produzione, i mezzi di produzione e la
forza-lavoro, per le quali ha anticipato il suo denaro.
-non soltanto valore d'uso, ma valore,
-non soltanto valore, anche plusvalore.
65
Abbiamo considerato finora, solo un lato del processo:
dato che qui si tratta di produzione di merci;
come la merce è unità di valore d'uso e valore,
anche il processo di produzione della merce deve essere
unità di processo lavorativo e di processo di formazione di valore.
Consideriamo
il processo di produzione come processo di formazione di valore.
Sappiamo che
il valore di ogni merce è
determinato dalla quantità del lavoro materializzato
nel suo valore d'uso,
dal tempo di lavoro socialmente necessario per la sua
produzione.
Questo vale anche per il prodotto che il capitalista
ha ottenuto dal processo lavorativo.
Si deve quindi calcolare per prima cosa il lavoro che
è aggettivato in questo prodotto.
Si tratti, per
esempio, di refe.
Per la preparazione del refe è stata necessaria in primo luogo la
sua materia prima es.10 qli di cotone.
Il lavoro richiesto per la produzione del cotone è già
rappresentato come lavoro sociale nel suo prezzo.
Ammettiamo che la massa di fusi che si sono logoranti
nella lavorazione abbia un valore di 24 €.
Se una massa aurea di 144 € è il prodotto di due
giornate lavorative, ne segue che nel refe sono oggettivate due giornate
lavorative.
Secondo la legge del valore, es. 10 qli di refe sono un equivalente di
10 qli di cotone e di ¼ di fuso quando per produrre le due parti di questa
equazione è richiesto lo stesso tempo di lavoro:in questo caso il medesimo
tempo di lavoro si presenta, una volta nel valore d'uso refe, l'altra volta nei
valori d'uso cotone e fusi.
Per il valore è dunque indifferente presentarsi nel refe, nel
fuso, o nel cotone.
Che fuso e cotone entrino col processo di filatura in
una combinazione
che cambia
le loro forme
d'uso e li trasforma in refe, non tocca il loro valore.
Il tempo di lavoro richiesto per la produzione del
cotone è parte del tempo di lavoro richiesto per la produzione del refe del
quale esso costituisce la materia prima: perciò è contenuto nel refe,
altrettanto vale per il tempo di lavoro richiesto per
la produzione di fusi senza il cui consumo non si può filare il cotone:
in quanto si considera il valore del refe, cioè il tempo di
lavoro richiesto per la sua produzione, i differenti processi lavorativi percorsi
per produrre il cotone e i fusi,
e infine per fare, con il cotone e coi fusi, il refe
possono venir considerati come fasi distinte e
successive di un solo processo lavorativo.
Il lavoro contenuto nel refe è lavoro trascorso e che
il tempo di lavoro si trovi al passato remoto,
mentre il lavoro adoperato per il processo conclusivo
della filatura, stia più vicino al presente, e sia al passato prossimo, è una circostanza
indifferente:
il tempo di lavoro contenuto nel materiale lavorativo e nei mezzi di lavoro può essere
considerato come speso in uno stadio precedente della filatura, prima del
lavoro applicato in ultimo sotto la forma della filatura.
I valori dei mezzi di produzione, del cotone e dei fusi, espressi nel
prezzo di 144 €, sono dunque parti costitutive del valore di refe, cioè del
valore del prodotto;
solo che occorre adempiere a due condizioni:
uno: cotone e fusi debbono esser serviti realmente alla produzione d'un
valore d'uso
e nel nostro caso, dev'esserne sorto il refe;
per il valore è indifferente quale valore d'uso ne sia il portatore;
due: si presuppone che sia stato adoperato soltanto il
tempo di lavoro necessario nelle condizioni sociali della produzione date.
66
Se al capitalista viene la fantasia di adoperare fusi
d'oro invece che di ferro, nel valore del refe quel che conta è solo il lavoro
socialmente necessario, cioè il tempo di lavoro necessario alla produzione di
fusi di ferro.
Ora sappiamo qual parte del valore del refe costituiscono
i mezzi
di produzione: cotone e fusi, è eguale a 144 €, cioè alla
materializzazione di due giornate lavorative.
Ora si tratta dunque della parte del valore che viene
aggiunta al cotone dal lavoro del filatore stesso.
Dobbiamo ora considerare questo lavoro da un punto di
vista differente da quello usato durante il processo lavorativo: là si trattava
dell'attività di trasformare il cotone in refe.
Il lavoro del filatore era distinto da altri lavori
produttivi e la distinzione si manifestava soggettivamente e oggettivamente:
nello scopo particolare della filatura e delle sue
operazioni,
nella natura particolare dei suoi mezzi di produzione,
nel particolare valore d'uso del prodotto di essa; cotone
e fuso servono qui come mezzi di sussistenza del lavoro di filatura.
Invece, appena il lavoro del filatore è produttivo di valore, cioè fonte di
valore,
non è distinto dai lavori del piantatore di
cotone e del fusaio:
soltanto per questa identità il coltivare cotone, fare
fusi e filare possono costituire parti del medesimo valore complessivo, del
valore del refe, distinte solo quantitativamente:
non si tratta più della qualità, della natura e del
contenuto del lavoro, ma soltanto della sua quantità e questa va solo contata.
Supponiamo che il lavoro di filatura sia lavoro
semplice, lavoro sociale medio:
durante il processo lavorativo, il lavoro si converte dalla
forma del movimento in quella dell'oggettività,
alla fine di un'ora il movimento della filatura si
presenta in una quantità determinata di refe, cioè in una quantità determinata
di lavoro: è un'ora di lavoro, oggettivata nel cotone.
ora di lavoro cioè dispendio di forza vitale del
filatore durante un'ora,
poiché qui
il lavoro
della filatura conta in quanto dispendio
di forza-lavoro,
non in quanto è il lavoro
specifico del filare.
E’ decisivo che per la durata del processo, cioè della
trasformazione del cotone in refe,
venga consumato solo il tempo di lavoro socialmente necessario poiché
solo questo conta come creatore di valore.
Se in condizioni di produzione normali, cioè in
condizioni sociali medie, a qli di cotone debbono essere trasformati durante
una ora lavorativa in b Qli di refe, solo la giornata lavorativa che trasforma
12 a qli di cotone in 12 b qli di refe conta come giornata lavorativa di 12
ore.
Come il lavoro, anche la materia prima e il prodotto appaiono
qui in una luce differente dal punto di vista del processo lavorativo vero:
la materia prima si presenta come assorbente di una determinata quantità di lavoro,
infatti si trasforma in refe mediante questo assorbimento
perché la forza-lavoro è stata spesa in forma di filatura e le è stata
aggiunta,
adesso il prodotto, il refe, è solo misura del lavoro
assorbito dal cotone.
Se in un'ora vien filata ossia trasformata in 1 qle e
2/3 di refe 1 qle e 2/3 di cotone, 10 qli di refe indicano 6 ore lavorative
assorbite.
Date quantità di prodotto
-sono determinate quantità di lavoro, di tempo di
lavoro cristallizzato
-sono semplicemente materializzazione di un'ora, di
due ore, d'un giorno di lavoro sociale:
è indifferente
-che il lavoro sia lavoro di filatura, la sua materia
prima il cotone e il suo prodotto il refe
-che l'oggetto del lavoro sia già prodotto e
quindi materia prima.
Si era presupposto per la vendita della forza-lavoro
che il suo valore giornaliero fosse eguale a 36 €
che in questi fossero incorporate 6 ore lavorative,
che dunque per produrre la somma media dei mezzi di sussistenza giornalieri
del lavoratore fosse richiesta tale quantità di lavoro;
67
Il capitalista si adombra: il valore del prodotto è eguale al valore del
capitale anticipato,
il valore anticipato non si è valorizzato, non ha generato plusvalore,
e così il denaro non si è trasformato in capitale;
il valore del refe è la somma dei valori che prima erano distribuiti fra il cotone,
il fuso e la forza-lavoro:
da tale addizione di valori esistenti non può sorgere un plusvalore;
questi valori sono concentrati su una cosa sola,
altrettanto accadeva per la somma di denaro di 180 €,
prima che questa si frantumasse attraverso tre acquisti di merce,
il valore del prodotto che risulta dal processo lavorativo è eguale solo
alla somma dei valori delle merci immessevi.
qui conta è il valore di scambio:
il capitalista ha pagato all'operaio il valore di 36 €
l'operaio gli ha restituito un equivalente esatto nel
valore di 36 € aggiunto al cotone:
gli ha restituito valore per valore:
il valore giornaliero della forza-lavoro ammontava a 30 €
perché in esso è oggettivata una mezza giornata
lavorativa,
cioè perché i mezzi di sussistenza necessari alla produzione
della forza-lavoro costano una mezza giornata lavorativa;
ma i costi giornalieri di mantenimento della forza-lavoro e
il
dispendio di questa
sono due grandezze del tutto distinte:
la prima determina il suo valore di scambio,
l'altra costituisce il suo valore d'uso,
che sia necessaria una mezza giornata lavorativa per
tenerlo in vita per ventiquattro ore, non impedisce all'operaio di lavorare per
una giornata intera:
dunque il valore della forza-lavoro e la sua
valorizzazione nel processo lavorativo sono due grandezze differenti:
il capitalista mirava a questa differenza di valore quando comperava la forza-lavoro,
per il capitalista era decisivo il valore d'uso di questa merce:
quello di esser fonte di valore,
e di più valore di quanto ne abbia essa stessa;
il venditore della forza-lavoro
realizza il suo valore di scambio e aliena il suo
valore d'uso, come il venditore di qualsiasi altra merce:
non può ottenere l'uno senza cedere l'altro:
il valore d'uso della forza-lavoro, il
lavoro stesso, non appartiene al venditore di essa;
il possessore del denaro ha pagato il valore giornaliero della forza-lavoro:
quindi a lui appartiene l'uso di essa durante la giornata
lavorativa
il mantenimento giornaliero della forza-lavoro costa
una mezza giornata lavorativa
benché la forza-lavoro lavori per una giornata
e che quindi il valore creato, durante la giornata, supera
del doppio il suo valore giornaliero
è una fortuna per il compratore,
non un'ingiustizia verso il venditore:
iI capitalista ha previsto questo caso quindi il
lavoratore trova nell'officina
non solo i mezzi di produzione necessari per un
processo lavorativo di 6 ore,
ma quelli per 12 ore.
68
Consideriamo
il prodotto del processo lavorativo prolungato:
ora
nei 20 qli di refe sono oggettivate 5
giornate lavorative:
4, nella massa di cotone e di fusi consumata;
1, assorbita dal cotone durante il processo di filatura;
l'espressione in oro di 5 giornate
lavorative è 360: dunque questo è il prezzo dei 20 qli di refe,
il quintale di refe costa, come prima, 18 €
ma il totale del valore delle merci immesse nel
processo ammontava a 324 €,
il valore del refe ammonta a 360 €.
Il valore del prodotto è cresciuto di un nono oltre il valore anticipato
per la sua produzione:
324 € si sono trasformati in 360 €: hanno deposto un plusvalore di 36 €,
il denaro è trasformato in capitale
e le leggi dello scambio delle merci non sono state violate: si è scambiato
equivalente con equivalente;
il capitalista, come compratore
ha pagato ogni merce al suo valore: cotone, fusi, forza-lavoro
poi ha consumato il loro valore d'uso:
il processo di consumo della forza-lavoro che insieme è processo di produzione della merce
ha reso un prodotto di 20 qli di refe del valore di 360 €.
Il capitalista dopo aver comprato merce:
vende merce sul mercato il quintale
di cotone a 18 €, non un quattrino più o meno del suo valore.
eppure trae 36 € di più di quelli che vi ha immesso
inizialmente:
Questo svolgimento di trasformazione in capitale del denaro del capitalista:
avviene e non avviene nella sfera della circolazione,
avviene attraverso la
mediazione della circolazione
perché ha la sua condizione nella compera della forza-lavoro
sul mercato delle merci,
non avviene nella circolazione,
perché questa non fa che dare inizio al processo di
valorizzazione, il quale avviene nella sfera della produzione;
il capitalista,
nel trasformare denaro in merci che servono come
fattori del processo lavorativo, incorporando forza-lavoro vivente alla loro oggettività,
trasforma valore: lavoro trapassato, oggettivato, in capitale, in valore
autovalorizzantesi.
Confronto: il processo di creazione di valore e il processo di valorizzazione:
il processo di valorizzazione: è un processo di creazione di valore
prolungato al di là di un certo punto.
se il processo di creazione di valore
dura fino al punto in cui il valore della forza-lavoro
pagato dal capitale è sostituito da un nuovo equivalente:
è processo semplice di creazione di valore,
se il processo di creazione di valore
dura al di là di quel punto
diventa processo di valorizzazione.
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Confronto del processo di creazione del valore col processo lavorativo
il processo lavorativo consiste nel lavoro utile, che produce valori d'uso:
qui il movimento nei suoi modi e caratteristiche viene
considerato qualitativamente,
secondo il suo fine e il suo contenuto.
invece
il processo lavorativo nel processo di creazione del valore
si presenta solo dal suo lato quantitativo
qui si tratta solo
del tempo del quale il lavoro abbisogna per condurre a
termine le sue operazioni
ossia della durata del dispendio utile di
forza-lavoro,
qui
le merci immesse nel processo lavorativo
non valgono più come fattori materiali, determinati in
base alla loro funzione, della forza-lavoro operante per il proprio fine
contano solo come quantità determinate di lavoro
oggettivato,
il lavoro, contenuto nei mezzi di produzione o aggiunto
mediante la forza-lavoro,
conta solo secondo la sua misura di tempo:
ammonta a tante ore, tante giornate,
conta solo in quanto il tempo consumato per la
produzione del valore d'uso è necessario socialmente.
Ciò comprende vari elementi:
1- il carattere normale dei fattori oggettivi del lavoro che non dipende dall'operaio, ma dal
capitalista
la forza-lavoro deve funzionare in condizioni normali
se la filatrice meccanica è il mezzo di lavoro per la
filatura, l’operaio non può usare un filatoio a mulinello.
l'operaio non deve ricevere, invece di buon cotone dello scarto
che si strappa
nei due casi
consumerebbe per la produzione più del tempo di
lavoro socialmente necessario
e questo tempo non creerebbe
valore
o denaro,
2- il carattere normale della forza-lavoro
questa deve possedere la misura media prevalente di attitudine e
sveltezza,
3- assenza di consumo irrazionale di materia prima e di mezzi di lavoro
materiale o
mezzi di lavoro sciupati sono quantità di lavoro oggettivato spese in maniera
superflua
quindi non
entrano nel prodotto della creazione del valore.
La distinzione, ottenuta
attraverso l'analisi della merce, fra il lavoro
in quanto crea valore d'uso,
e in quanto crea valore
ora
si è presentata come distinzione fra i differenti aspetti del processo
di produzione:
il processo di produzione
in quanto unità di processo lavorativo e di processo di creazione di valore
è processo di produzione di merci,
in quanto unità di processo lavorativo e di processo di
valorizzazione
è forma capitalistica della produzione delle merci: è processo di
produzione capitalistico
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Abbiamo già notato che
per il processo di valorizzazione
è indifferente che il
lavoro, appropriatosi dal capitalista,
sia lavoro semplice, lavoro sociale medio, lavoro più complesso:
il lavoro stimato come lavoro superiore,
più complesso in confronto al lavoro sociale medio
è l'estrinsecazione d'una forza-lavoro
nella quale confluiscono costi di preparazione superiori
la cui produzione costa più tempo di lavoro
quindi ha valore superiore a
quello della forza-lavoro semplice.
il valore di questa forza superiore:
si manifesterà anche in lavoro superiore
si oggettiverà, negli stessi periodi di tempo, in valori
relativamente superiori.
Tuttavia,
qualunque sia la differenza fra lavoro di filatura e
lavoro di gioielleria
la porzione di lavoro con cui il lavoratore
gioielliere reintegra il valore della propria forza-lavoro,
non si distingue qualitativamente dalla porzione aggiuntiva di lavoro con la quale crea plusvalore:
in entrambi i casi
il plusvalore risulta attraverso un'eccedenza quantitativa di lavoro,
attraverso la durata prolungata del processo produttivo:
in un caso, processo di produzione di refe,
nell'altro, processo di produzione di gioielli.
In ogni processo di creazione di valore,
il lavoro superiore dev'essere ridotto sempre a lavoro sociale medio
una giornata di lavoro superiore deve essere ridotta a x
giornate di lavoro semplice.
(ipotesi che l'operaio adoperato dal capitale compia lavoro sociale medio
semplice, semplifica l’analisi)
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se il nostro filatore durante un'ora lavorativa
trasforma 1 qle e 2/3 di cotone in 1 qle e 2/3 di refe, in 6 ore trasformerà 10
qli di cotone in 10 qli di refe:
quindi durante il processo di filatura il cotone
assorbe 6 ore lavorative;
lo stesso tempo di lavoro è rappresentato da una
quantità d'oro di 36 €:
dunque mediante la filatura viene aggiunto al cotone un
valore di 36 €;
il valore complessivo del prodotto:
i 10 qli di refe sono oggettivate 2 giornate lavorative
e mezza:
2, contenute nel cotone e nel fuso
mezza, di lavoro assorbito durante il processo della
filatura.
Il medesimo tempo di lavoro è rappresentato in una
massa d'oro di 180 €: dunque il prezzo adeguato al valore dei 10 qli di refe
ammonta a 180 €, il prezzo di 1 qle di refe a 18 €.
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Il valore di 1 qle di refe è 18 €
e quindi per 10 qli di refe il nostro capitalista
avrebbe dovuto pagare sul mercato 180 €.
forse il capitalista dirà di aver anticipato il suo
denaro con l'intenzione di farne più denaro
n futuro comprerà la merce bell'e fatta sul mercato,
invece di fabbricarla.
L'operaio avrebbe creato dal nulla, con le sole sue
braccia, i frutti del lavoro, avrebbe prodotto merci dal nulla?
Non è stato il capitalista, a dare all’operaio il
materiale nel quale soltanto quello può incarnare il suo lavoro?
Non ha reso alla società, coi suoi mezzi di produzione,
cotone e fusi, un servizio, e così all'operaio, che ha per giunta provveduto di
mezzi di sussistenza?
E l'operaio non gli ha reso il servizio di trasformare
cotone e fuso in refe?
Qui non si tratta di servizi: un servizio non è altro
che l'effetto utile d'un valore d'uso, sia della merce, sia del lavoro.
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