“E' la medesima realtà il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo mutando son questi”.
Il fuoco: dapprima mare, del mare una metà terra, l’altra soffio cosmico: dinamica reciproca di tutte le cose col fuoco e del fuoco con tutte le cose, come delle merci con l’oro e dell’oro.
Poiché il fuoco non è una sostanza statica ma sempre mutevole, Eraclito postulò una dinamica dell’Essere, alla base di tutti i fenomeni.
Il panta rei è uno stato continuo di flusso: la faccia nascosta della natura, macroscopica e microscopica.
Il cosmos, in Eraclito è pólemos, conflitto, è dynamis: tutto avviene secondo contesa e necessità o eristica: lì vige la morfogenesi.
Eraclito: la misura e l'incommensurabile
La biforcazione della “dynamis”
Etereo fuoco della fiamma, leggero, a sé medesimo da ogni parte identico, e rispetto all’altro non identico: opposto o in contrastanza con la notte oscura, di struttura densa e pesante: è la dynamis quale ordinamento del mondo.
Il mondo trae origine dalla molteplicità delle forme della dynamis visibile e invisibile nelle dinamiche materiali e immateriali.
Non è solo una caratteristica fisica della materia ma anche la struttura ontologica della dynamis.
Fin dall'origine, nella dynamis è presente una biforcazione quale coesistenza di due dynamis: dell'ente e l'eristica dinamica interna, dis-cordia dell'entità.
La storia della dynamis è intrisa di due contemporaneità, sorgenti in simultanea, tra nascita dei fondamenti e crisi degli stessi: la contrapposizione tra il nihil est sine ratione, niente è senza ragione ovvero nessun ente può esistere senza un fondamento che è il primo assioma logico della razionalità moderna, e l'affermazione di A. Silesio per cui la “rosa è senza perché; poiché fiorisce di sé, non gliene cale; non chiede d'essere vista”.
La “dynamis” e la forma-mito
Nel Simposio di Platone l’amore, Eros, è figlio di “bisogno” e “povertà”, “penìa” e “poros”, è mancanza e desiderio generati anche dal taglio del cordone ombelicale: il “nodo” rompe la simbiosi con la madre e crea una “mancanza” (il riferimento platonico, ante litteram, alla topologia) rappresentata dal vuoto del “toro” nella psicoanalisi topologica di Lacan per il quale legami e separazioni sono costitutivi dell’inconscio: qui l'analisi si innesta a quella delle superfici: dal nastro di Möbius alla teoria dei tori, anelli, nastri e nodi che Leopardi preconizza quando scrive “questo globo ove l'uomo è nulla, sconosciuto è del tutto... nodi quasi di stelle”.
Oltre agli elettroni e ai quark, c'è un altro livello di struttura, un piccolo filamento di energia vibrante; questi filamenti vengono piegati, arrotolati, in una configurazione descrivibile dalla teorie delle stringhe di Gabriele Veneziano.
Il vuoto di cui canta Lucrezio è già l'indeterminazione di Heisenberg e Planck.
Una dimensione metamorfica, dinamica è registrata, all'inizio del novecento, anche nell'arte, si pensi all'espressionismo ed al futurismo.
La decostruzione della physis tra pratica ontologica, ermeneutica ed epistemica
“Ci sono asserzioni formulate in modo esatto che non sono né vere né false” per Gödel e per Thom “La matematica rimette in discussione la possibilità di misurazione” le riflessioni sui fondamenti della filosofia, della fisica, della matematica i problemi ontologici e fondazionali della meccanica quantistica, relative alla realtà subatomica, e le nanotecnologie consentono una interpretazione ontopoietica della natura capace di concepire l’Essere nelle sue trasformazioni ovvero nel suo chaosmos e portano verso una costruzione e decostruzione della physis oscillante tra pratica ontologica, ermeneutica ed epistemica.
Forma materia e spazio
Anassagora propose non solo che la materia fosse infinitamente divisibile, sia nello spazio che nel tempo, ma che la divisione generasse un sistema infinito ulteriormente divisibile all’infinito, quale varietà di tutti i fenomeni fisici.
La materia e la forma non sono separabili l’una dall’altra, la materia non sempre si lascia dominare dalla forma, a volte le si oppone: eterna è invece la loro vicenda di trasformazione, poiché sempre si trasformano l'una nell'altra.
Il mondo è in continuo cambiamento e la discordia è necessaria perché ci sia mutamento e movimento dei fenomeni naturali.
Pare che il luogo coincida con ciò che delimita un corpo, con la sua forma, e la sua estensione sia commisurata alle dimensioni della grandezza delimitata della materia del corpo, di cui la forma è limite.
Ma è impossibile, dal momento che la forma e la materia non sono separabili da un corpo, mentre il luogo può esserlo.
Corpi e luogo sono tra loro distinti, ma correlati, in contatto ma non sovrapponibili, l'uno è contenente, l'altro contenuto; l'uno in funzione dell'altro, ma l'uno è ciò in cui qualcosa è contenuto, l'altro invece ciò che è in qualcos'altro ed essi non appaiono coincidenti né all'evidenza né al ragionamento.
Si può perciò dire che ogni cosa è in un luogo come in un recipiente, è cioè circondata da qualcosa che la contiene e la delimita e che è perciò ad essa commisurato, ma non si identifica con essa né con la sua forma.
Il luogo è quindi il limite primo del contenente, ossia ciò che immediatamente delimita un corpo in quanto suo recipiente, ma non è parte del contenuto, il luogo è un intervallo che si frappone nei corpi come una porzione di grandezza capace di sussistere separata e per sé, indipendentemente dal movimento.
La morfogenesi
La morfologia del vivente è l'esito di metamorfosi regolate da leggi geometrico-topologiche ed è al centro di molte riflessioni da Goethe a Geoffroy-Saint-Hilaire a d’Arcy Thompson: “Ci si dovrebbe chiedere se la maggioranza delle forme biologiche non sono costrette, a causa della loro stabilità interna, a una fissità di principio, così che il salto da una ‘forma-tipo’ad un'altra dovrebbe determinarsi catastroficamente” (Thom).
Le forme hanno una loro dinamica e, accanto ai domini di stabilità, si osservano situazioni nelle quali piccole modifiche provocano grandi cambiamenti.
I modelli scientifici della fisica non sono in grado di spiegare il comportamento dei fenomeni di produzione delle forme a differenza dei modelli catastrofici che forniscono intelligibilità ad eventi apparentemente molto diversi tra loro.
L'immagine retinica di un oggetto varia in continuazione, tuttavia esso viene percepito come lo stesso oggetto finché le sue variazioni non lo perturbano troppo allora emerge una nuova forma, cioè si produce una catastrofe, un nuovo livello di stabilità strutturale del fenomeno.
La dinamica non lineare da Poincaré a Thom, ha stabilito che le traiettorie nello spazio geometrico sono strutturalmente stabili solo per un certo intervallo, fuori da quell’intervallo si salta su traiettorie diverse con una transizione rapida: la biforcazione, a volte discontinua: nasce una catastrofe e le singolarità ne sono i centri organizzatori.
Dalle tecnologie del macro alle micro
Nell’era del virtuale si conclude la fase post-moderna e post-industriale per lasciare spazio ad una nuova téchne: le tecnologie del macro si identificano sempre più in quelle del micro.
E' la singolarità della progettualità e dell’innovazione: una isteresi dal macroprogetto, al metaprogetto e al microprogetto, o dalle macrotéchne, alla microtéchne, mobile, flessibile ma anche isologica, isomorfica: è l'era dell'isomorfing.
L’imperativo pare essere, quello di abitare poeticamente la téchne, l’immaginario, il virtuale, il progetto, l’architettura del micro, locale, particolare e del macro globale.
Le esperienze raccolte paiono abbandonare il ritorno del classico, del gotico o del barocco o del moderno, per gettare le fondamenta di eventi e singolarità isomorfici tra tecnologia ed estetica, tra progetto e preesistenza architettonica, tra virtuale ed immaginario.
Consideriamo fenomeni nuovi quali: l'eccedenza di spazio, la desideranza spaziale, l'innovazione continua, permanente delle scienze e delle tecniche, il passaggio dall'elettromagnetismo, all'elettronica, alla fotonica, l'assunzione dell'estetica, del lusso e del neo-narcisismo come condizione esistenziale dell'etica e della socialità.
La physis ed il chaosmos
La conoscenza epistemica o ermeneutica viene meno e si dispiega un'interpretazione ontopoietica: nuovi paradigmi di concepire l’Essere stesso nelle sue trasformazioni.
La physis si dispiega nel chaos e cosmos, tra insieme ordinato ed elemento dinamico: è il chaosmos che interviene a turbare equilibri preesistenti e crea eventi in continuo divenire.
In principio il chaosmos è isologico con la physis e, a sua volta, questa isologia è possibile interpretarla come un attrattore strano ove la physis si evidenzia con un orizzonte, una forma, una formula rigorosa e completa ma che in sé possiede infiniti itinerari labirintici.
Joyce col suo ossimoro chaosmos volle definire un senso che fosse, nello stesso tempo, un cosmos non ordinato e non prevedibile; questa parola vuol dirci che l'antica distinzione tra ordine e disordine, tra cosmos e chaos, tra tempo ordinato e tempo disordinato, possono trovare un punto di fusione nell'essenza del chaosmos ovvero in un cosmos ove non regna più la simmetria apollinea ma fa da padrona l'asimmetria dionisiaca.
E' lo spazio-tempo ove il chaos viene alla luce per generare mondi abitati da una caoticità imprevedibile ed indecidibile dove trovano dimora gli dei e gli uomini quindi il dionisiaco, l'apollineo e l'umano che non è né dionisiaco né apollineo ma è l'uno e l'altro.
Forse il chaos è compresente in tutte le dimensioni dell'universo e non appare leggibile per la razionalità, per il sapere ed il calcolo.
Si può definire l'ontologia del chaos quale rappresentazione dell'essenza delle cose nella propria dimensione non delineata da nessuna cultura.
Perché il chaos possa essere considerato un oggetto di osservazione, quindi, si dovrà trovare una soggettività che ne delimiti l'orizzonte, il senso e la forma.
Nella monade leibniziana, quale sfera contenente in sé il chaos e il cosmos c'è un succedersi di simmetria ed asimmetria, di cosmos e chaos: si può parlare di un attrattore strano avente una dimensionalità temporale caotica ed una dimensionalità spaziale cosmica
Lo zeit-raum mozartiano ed il chaosmos
Zeit-raum, nella sua originarietà, significa spazio-tempo ovvero il senso del periodo quale fu formulato in origine: perì-odòs limite intorno ad una strada, ad un sentiero.
Nel periodo musicale, nello zeit-raum di Mozart è già presente il chaosmos, la sua è la prima musica col senso dello zeit-raum, del periodo che ha in sé una simmetria, rigorosi -tà, completezza apollinea, cosmica ma che, nella sua essenza, al suo interno conserva e svela un disordine, un'asimmetria, una tonalità che va oltre l'ordine musicale esistente.
Lo zeit-raum sarà quindi, quale metafora del chaosmos, lo spazio cosmico entro cui è possibile far soggiornare il tempo caotico e nel contempo il tempo cosmico, ove soggiorna lo spazio del chaos.
Nello zeit-raum chaosmico è possibile che lo spazio ed il tempo siano governati da una differenza: tempo ordinato e spazio disordinato, tempo caotico e spazio cosmico.
Si potrebbe anche evidenziare una fenomenologia in cui una spazialità cosmica sia abitata da una temporalità caotica e viceversa.
In Mozart, c'è l'eventuanza della dinamica, o la morfogenesi d'onda.
Lì lo spazio-tempo dinamico, le vibrazioni, le trasformazioni, le composizioni o proiezioni, i movimenti di cambio o di pura velocità o di velocità differenziale eventuano la dinamica della singolarità della transonanza: dispieganti singolarità morfologiche.
La forma-bellezza ed il nastro di Möbius
La bellezza presuppone forma, misura, proporzione, simmetria: un fiore è bello perché possiamo riconoscere la sua organizzazione, la sua simmetria, i suoi colori.
La notte, l'infinito, le grandezze incommensurabili, le altezze imprevedibili, quali l’oceano e le grandi figure della natura, sono il sublime.
La bellezza e il sublime sono due poli in un continuo: un polo è la bellezza associata a un principio di organizzazione, con un senso della leggerezza e un ordine equilibrato e che ha una qualità debolmente decorativa, l'altro polo è il sublime che rappresenta una disorganizzazione non solo esterna, ma suggerisce una disorganizzazione interna, sistematica perché è dall’inabilità di organizzare quella cosa che il senso di disorganizzazione sorge.
E' la differenza tra due spazi topologici che s’incontrano come in un nastro di Möbius: un fiore, un poema, un dipinto, o un brano musicale, che possieda bellezza del primo genere può essere vista anche come bellezza del secondo genere.
Compresenza di due sensibilità contraddittorie in una sola sensibilità giacché è impossibile che lo stesso sentimento sia situato in due topoi opposti, in due luoghi differenti: la physis opposta o bistabile che si biforca o si trova in una spazialità möbiusiana.
Il sublime costringe a pensare ad un'osservazione provvisoria che separa le idee di quel sublime della natura dalle teorie epistemiche: la valutazione estetica della natura si dà aldilà del formulario in uso.La forma-corpo ed il nuovo paradigma della differenza pensante.
La forma-corpo ed il nuovo paradigma della differenza pensante
Una differente visione dell'”essere-corpo”, è rimasta occultata nell'essere e nell'esistenza stessa dell'individuo ed appare sul terreno del gioco.
C'è quindi un'identità ed una differenza, c'è un antagonismo ed un'amicizia, una filei, uno stretto legame tra due antagonisti, tra l'essere e la sua alterità.
I due differenti paradigmi
All'interno dell'ontologia del gioco è presente un quid che, nel corso dell'evoluzione storica e diramazione nei vari campi dell'esistenza, ha prodotto due paradigmi differenti: quella prevalente, fuori del gioco ove è essenziale distruggere l'”essere-che-è-di-fronte” e quella all'interno del gioco ove l'essere vince sull'altro che gli “sta-di-fronte” senza mai distruggerlo nella sua essenza, ma, anzi, suscita nell'altro il dispiegarsi delle sue qualità migliori, della sua forza ed intelligenza.
Nel gioco infatti l'essere si trova di fronte sempre un altro essere che si esprime nelle sue qualità d'eccellenza tant'è che riesce a piacerci solo quando ci sorprende e ci vince, con le migliori qualità intellettuali.
Nel gioco l'avversario è da considerarsi come un antagonista del cui essere si sente necessità: senza l'antagonista finisce il gioco.
In altri termini: l'essere e la sua antitesi nel gioco non dovranno mai essere completamente soppressi ma, attraverso delle regole, devono coesistere e contrapporsi.
La natura e la χώρα
La città è un sistema aperto che scambia sia materia sia energia con il mondo esterno, è isologica sia alle unità produttive e abitative, sia ai sistemi aperti della fisica, della biologia e della chimica.
La città-χώρα disegna increspature, biforcazioni, strutture sfuggenti, appartiene al triton ghenos: è una singolarità, uno spazio dinamico non formalizzabile in cui il logos tace.
Hestia è al centro della casa, degli spazi privati; nella polis è la dea del focolare, invece Hermes, è epicentro della socialità pubblica, deriverebbe la sua euphonè tanto da histoi, pilastri di legno, metafora statica costruttiva dello spazio abitativo, quanto da histos, telaio versale in salienza, simbolia tecnologica della spazialità produttiva.
Phalòs, essia o osia
Phalòs, essia, quale essenza immutabile oppure osia, quale mobilità, movimento: phalòs comunicanti generano omphalos della comunanza dinamica della polis ed omphalos della spazialità pre-post-produttiva.
Phalò: instabilità d'una struttura stabile, invariante rispetto ad uno spazio prefissato, ma attraversata da dinamiche caotiche e cheotiche (χέω, versare, avente direzionalità), topologie fluttuanti recreanti attanze spaziali: omphalos.
Forma e spazio: l'omphalos
L'omphalos, ombelico, dello spazio abitativo-produttivo e della polis sintetizza l'economia con la spazialità urbana e della casa.
L'omphalos, etimologicamente una salienza anamorfica, un'instabilità, nella megalopoli assumerà una figura di regolazione ed, al suo interno, la scienza e la tecnologia, fluttuante, ricreeranno dinamicità spaziali caotiche e cheotiche, eutopiche e distopiche.
La spazialità dell'omphalos viene formalizzata dalle catastrofi ombelicali, si tratta di modelli topologici dotati di complessità superiori alle catastrofi di Thom, clonati da un centro organizzatore e di una struttura costituita da più poliedri: il diadema, la sfera ombelicale, la sfera metaedrica, la farfallacuspide, la tetrafarfallacuspide, la collana e hanno un carattere archetipale, sintagmatico, qualitativo.
La farfalla-cuspide rappresenta l'alterità sociale quale desideranza spaziale che inventa il nuovo: è pregna di eventi.
La tetrafarfallacuspide esprime la dialogia tra intelligenza della socialità, che si estrinseca in desideranza spaziale, interagente con la spazialità dei media di produzione.
Lo spazio discreto e lo spazio continuo
La specializzazione delle aree fa pensare ad una divisione dello spazio secondo griglie funzionali.
Il concetto di griglia presuppone ancora uno spazio discreto, corpuscolare, rigido; ad una possibilità di sostituzione indolore di forme e funzioni interne alle sue maglie.
Lo spazio continuo, senza distinzione di valenza tra sé stesso e gli oggetti, presuppone invece una continua modificabilità di tutto il contesto al modificarsi di un suo punto.
L'intelligenza artificiale e lo spazio
Le nuove tecnologie possiedono una temporalità di presenza spaziale effimera, quasi simile al tempo di vita delle strutture biologiche.
J. A. Wheeler sostiene essere la regione di Planck: significa che tutta l'oggettualità tecnologica potrà omologare la sua spazialità a quella dimensionalità infinitesima di 10-33 cm.
Esisteranno allora due misure stabili, oltre le quali le catamorfie tecnologiche non potranno recreare alcuna tecnologia, quella formulata dalla relatività e quella enunciata dalle teorie della gravità quantistica.
L'unico aggiramento di circostanza potrà essere fornito soltanto dalla combinatoria topologica dei frammenti primigeni della tecnologia: intelligenze artificiali con prevalenza di software, intelligenza organica o biologica artificiale.
Le transmorfie tecnologiche ricreeranno attanze cinemorfiche, anaboliche e distopie tecnomorfiche della spazialità metropolitana: spazi caotici succederanno a spazi cheotici.
Nel sincronico, lo spazio di dispiegamento tenderà a dilatarsi con magnitudini inconsuete: la possibilità di produzioni extragravitazionali, la comunicazione metagalattica, avranno effettualità attualizzabili.
Emergerà il diffondersi d'una spazialità meta-terrestre, meta-urbana, dispiegata, resa strutturalmente stabile, in compresenza d'una influenza topologica e tecnologica, dalla micronicità cheotica della scienza.
La distopia spaziale sarà una indetermanenza, termine coniato per designare la permanenza dell'indeterminatezza, una dissuadenza progettuale, una disvalenza olomediale.
Si può pensare, più fisicamente, la distopia della spazialità quale risultato di declinanze fratumanti simmetricità fra la tecnologia e le territorialità: quasi la formazione di un black-hole.
Realtà subatomiche e nanotecnologie
Realtà subatomiche e nanotecnologie consentono nuovi materiali subatomici quali il fullerene ed una nuova modalità di intendere il reale.
E' possibile che ci sia una bistabilità strutturale nel fullerene naturale, a differenza di quello artificiale.
Se così fosse il bistabile carbonio sferico, scoperto in natura, sarà utile per le applicazioni ottiche, fotoniche, quantistiche, laserizzabili.
Giacché l’isteresi bistabile configurerà virtuali varietà fotoniche, quali stabili icone della logica computerizzata quantica, supersimmetrica.
La macchina, le nuove tecnologie e la comunicazione in tempo reale
L'innovazione della macchina, la sua mutazione nella forma e nel contenuto, nell'addensarsi di capacità, nell'incorporazione di mansioni e di qualità con l'uomo e con lo spazio, induce ad un ripensamento dello spazio fisico e sociale.
Ieri la macchina generava un ampio flusso d'informazioni che, non trovando una subitanea collocazione spaziale, determinava incertezza e richiedeva coordinazione e tempi lunghi.
Oggi le nuove tecnologie affermano identità spazio-temporale e, quindi, anche i tempi della decisionalità sono annullati.
La spazialità è stata trasformata come conseguenza della trasformazione del concetto di spazio: da spazio concepito vuoto e riempito di oggetti, a spazio ove ciò che prima divideva, spazio come distanza, oggi è medium: la comunicazione in tempo reale.
Se Le Corbusier faceva poggiare la sua casa su pilotis, la sfera autosufficiente poggiata sul deserto potrebbe essere il simbolo concettuale dell'era del superamento del bisogno: il simbolo della spazialità hi-tech, non concretizzazione.
La spazialità indotta dalle nuove tecnologie si sostanzia attraverso l'immagine d'una struttura topologica modificantesi a partire da quei punti ove più intensamente s'esprime la socialità, soprattutto in presenza di sviluppo informatico non lineare e contemporaneità di diverse fasi tecnologiche.
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