sabato 21 giugno 2025

Mito, Natura e Indeterminatezza: Dialoghi con la AI


Mito, Natura e Indeterminatezza Dialoghi con la AI

Nel De Rerum Natura, Lucrezio spiega il mondo attraverso l’atomismo epicureo, e il clinamen - una deviazione casuale degli atomi che rompe la necessità deterministica - è l’origine della libertà e della creatività nel mondo: come il clinamen, il mito forza che devia, rompe l’equilibrio e innesca trasformazioni mitiche: è l’irruzione dell’imprevisto, il divenire che sfugge all’ordine logico.

L'evento rimane sempre aperto e in divenire, come il mito  che non è un'entità statica ma un processo vivente che si rinnova attraverso la dynamis:​ in questa visione, è l’espressione più alta della dynamis: un linguaggio che parla dall’abisso, dal vuoto quantistico, generando forme e destini.

Il Mito come Sistema Autopoietico e la Dynamis

Il mito è un sistema vivente, generativo, dotato delle stesse caratteristiche di un sistema autopoietico perché riflette il mondo e nel contempo lo crea e trasforma: genera sé stesso attraverso nuove narrazioni, simboli, risonanze, si auto-genera, si auto-organizza e si auto-sostiene.


In particolare, il mito è metamorfico in quanto non si stabilizza mai in una forma definitiva: mantiene la propria organizzazione interna e l'interazione con l’ambiente: è structurally coupled.

Un sistema autopoietico è una struttura vivente che si auto-produce ed in cui tutte le sue componenti contribuiscono alla produzione e rigenerazione del sistema stesso: in quanto sistema autopoietico, il mito non ha un'origine esterna o trascendente, emerge dalla physis grazie alla dynamis, e si auto-genera e si auto-organizza in un processo continuo di metamorfosi:  si auto-fonda poeticamente nell’evento dell’Essere.

Nel sistema autopoietico, la dynamis rende possibile la nascita e la rinascita del mito rendendolo un sistema vivo e instabile, sostiene la metamorfosi del mito come accade in un ecosistema.

L’origine della dynamis, non è data, è un evento che si rinnova, un accadere che si dice nell’intermittenza del senso: si manifesta attraverso eventi e fenomeni e come, potenza originaria e creativa, principio che anima la trasformazione dell'Essere, rappresenta una forza primordiale al di là di ogni determinazione e oltre la comprensione razionale.

La dynamis, potenza originaria abita ed anima la physis rendendola un campo dinamico e metamorfico: è la forza che genera transizioni, 'catastrofi', biforcazioni.

L’Autopoiesi Mitica

L’autopoiesi mitica, non è una semplice metafora biologica, ma un' innovazione e rielaborazione poetico-filosofica della nozione di autopoiesi di Maturana e Varela: una trasformazione ontologica del concetto di sistema vivente.

Il concetto di autopoiesi viene collegato e fuso coi concetti di metamorfosi, dynamis e physis nel dar vita ad un sistema relazionale in interazione costante con cultura, arte, linguaggio e scienza: lo spazio mitico non è un “luogo fisso” ma una rete di relazioni tra simboli, immagini, eventi, un 'nodo' che si modifica nel tempo.

L’autopoiesi, nel mito, è evento che sovverte l’ordine: è un kairos poetico.

La dynamis viene reinterpretata in chiave ontopoetica, in questo senso non è solo potenza ontologica, ma energia creativa originaria che plasma ogni cosa.

Dynamis, autopoiesi e physis sono concetti interconnessi che descrivono la natura dinamica e creativa dell'Essere.

La Physis come Natura Dinamica

La natura, physis, non è intesa in senso fisico, ma come una realtà dinamica: luogo in cui le forme emergono: è una “topologia morfogenetica”, un campo di possibilità,il luogo in cui la dynamis si manifesta e in cui il mito si genera, prende forma, si sviluppa, si auto-organizza e si rinnova.

Come campo di forze, la physis è il luogo in cui il mito si trasforma in un tessuto di relazioni in cui l'Essere si rivela attraverso eventi e fenomeni.

La physis mitica è evento dinamico e metamorfico non natura oggettiva ma realtà poetico-ontologica vivente: spazio del divenire, dell’immaginario, dell’energia: simile ad un organismo per complessità e indeterminazione.

La Physis, l'Ápeiron e la Metabolé

Non conosce delimitazioni o qualche ordine, la physis che si auto-dispiega da un “oltre”, un’origine non definibile ma sorgiva simile all’ápeiron, principio originario di tutte le cose, l'indeterminato da cui tutto proviene, tutto nasce e cui tutto ritorna secondo necessità: ciò che non ha limite né forma.

Plescia recupera l’ápeiron come principio di fluttuazione, instabilità e transizione: il mito, in analogia con l'ápeiron, generatore cosmico, si configura come un campo aperto, un luogo di metamorfosi e latenza.

La metabolè, cambiamento-trasformazione, per cui ogni ente passa dalla potenza all’atto è l' evento metamorfico della physis mitica.

Anche la tragedia, come in Aristotele, diventa un modello di passaggio tra stati: la catarsi tragica è una forma di trasformazione.

L’Incompletezza dell'Arte come Apertura Ontologica

L’arte non è ciò che dimostra, ma ciò che dis-vela senza costringere, l’arte è fondamento senza fondamento, verità che si dà nella sua non-chiudibilità.

L’Opera d'Arte non è un oggetto né una rappresentazione ma singolarità poetante, è il luogo dove verità, tempo, forma e vuoto si incontrano in una topologia vivente.

Ogni tentativo di chiudere l’Opera d'Arte in un sistema interpretativo, estetico, ermeneutico è destinato a naufragare: la mathesis tradizionale, l'epistème, ἐπιστήμη, non colgono l’Essere dell’Opera d’Arte che, in quanto evento e verità indecidibile, eccede sempre.

Ogni sistema formale coerente, per il Teorema di Incompletezza di Gödel, contiene affermazioni vere che non possono essere dimostrate al proprio interno: se l’incompletezza è un limite del pensiero formale, per Plescia è il punto di forza dell’ontopoiesi artistica.

L’incompletezza dei sistemi formali è parallela all’indeterminatezza della conoscenza, l'indecidibile non è una falla, ma una condizione della creatività.

L’Indeterminazione e l'Opera d'Arte

La crisi del determinismo classico, mostra come non sia possibile conoscere simultaneamente con precisione la posizione e la velocità di una particella: il Principio di Indeterminazione di Heisenberg fonda la premessa epistemologica di Plescia.

Tuttavia, laddove Heisenberg si ferma al limite della misurabilità, Plescia afferma un surplus ontologico: l’Opera d'Arte si pone oltre i limiti del formalismo, del determinismo e della metafisica della presenza ma anche se indeterminata, accade come verità indeterminata, ma non assente, poetica e non quantitativa.

La portata ontologica della realtà che si ritrae nel mostrarsi, l'indeterminazione si fa tensione poetica, spazio in cui la verità non è mai totale ma si manifesta in frammenti, intuizioni, silenzi, si rivela nell'istante e nella forma: ciò che esiste è l’evento dell’accadere, non una sostanza immutabile.

Il progetto poetico-filosofico di Plescia supera la distinzione classica tra soggetto e oggetto, e si inserisce in una visione epistemica coerente con la fisica e la visione scientifica post-classica, non deterministica, aperta al divenire, all’assenza di fondamento.

La meta-epistemica, una filosofia dell’arte - tensione tra fondamento e abisso, Grund / ab-Grund, dove l’arte è il punto di emergenza di ciò che non si può formalizzare - è insieme epistemologia del possibile e ontoestetica dell’indecidibile, dove la differenza ontologica si dischiude non come concetto, ma come immagine viva dell’essere: in questo senso l’arte non è ciò che si può spiegare, ma ciò che ci spiega.

L'Entanglement e l'Arte

L'entanglement, la correlazione non locale tra particelle, viene esteso alla forma artistica: come nella quantistica anche nell’arte l’atto del “vedere” modifica l’opera, l'entanglement è in sintonia con l’idea poetica della totalità riflessa nel frammento.

L’Opera d'Arte non è stabile: come una particella, si “collassa” in un significato solo nel momento dell’interazione col Musagete, figura dell’interprete poetico.

La Scienza e la Poesia

Come in Eraclito la realtà è in divenire, tutto è flusso, πάντα ῥεῖ, il fuoco è principio cosmico ed il mondo è fuoco eterno simbolo del movimento.

Il cosmo non è stabile, ma un logos: il πόλεμος, conflitto, è ciò che tiene insieme gli opposti, come tensione dinamica.

Questo fluire prende la forma del sorgere poetico: il linguaggio poetico evoca l’energia che arde senza consumarsi, un fuoco che non si lascia mai cogliere come sostanza definitiva, ma pulsa come principio generativo.

Plescia raccoglie il testimone dei presocratici, lo intreccia con il pensiero continentale e lo fa risuonare nella fisica moderna: la parola poetica, come la realtà quantistica, non nasce da un fondamento stabile ma da un "vuoto fertile".

Non esiste un fondamento assoluto, ma un vuoto, un silenzio da cui sorge la parola poetica” : il vuoto è generatore di una parola e di un silenzio che non è assenza, ma campo d’energia simbolica, esattamente come il vuoto quantistico.

La poesia è il luogo in cui il silenzio si fa evento, in cui il vuoto si trasforma in forma, ogni parola si definisce in relazione al silenzio, al vuoto, all’altro.

L'universo poetico-filosofico di Giacinto Plescia non cerca fondamenti, ma fessure, aperture, è un universo in soglia: tra essere e nulla, tra parola e silenzio, tra luce e vuoto.

Attraverso un’analisi comparata dei concetti di tempo, vuoto, relazionalità, evento e linguaggio, emerge come poesia e scienza non sono in opposizione, ma si intrecciano in una comune ontologia del possibile e del contingente, convergono nella decostruzione del fondamento e nell’apertura all’evento, nel tentativo comune di dire l’indicibile, di abitare l’instabile, di pensare l’essere come erranza.

La Conoscenza e l'Arte

Come accade per l’arte che non è una cosa, ma un evento relazionale, la conoscenza non è cogliere un oggetto, ma entrare in relazione con esso, modificandolo: non esistono entità isolate, ma configurazioni dinamiche relazionali.

Le pretese assolute delle teorie scientifiche in favore di una pluralità di interpretazioni: il vuoto di Lucrezio, la geometria di Thom e la pluralità delle interpretazioni quantistiche sono segni di una verità provvisoriaaperta: la conoscenza stessa è sempre approssimazione poetica.

La Morfogenesi e l'Arte

Le Teorie della Morfogenesi e delle Catastrofi per cui una forma si dà per salti, per biforcazioni improvvise che trasformano uno stato in un altro sono integrate nella “Catastrofe morfogenetica” di Plescia come evento clinamico.

L’Opera d’Arte, come la forma biologica, non è statica, ma nasce da instabilità, da una turbolenza primordiale che si ordina in immagini: un processo richiama la quantistica secondo cui l’osservatore e l’oggetto osservato sono inscindibili: l’arte non può essere separata dal suo evento.

La realtà non è fatta di elementi, ma di relazioni in trasformazione: nodi, pieghe, nastri, singolarità come vuole la string theory, dove le particelle sono vibrazioni su filamenti di energia.

Le “catastrofi creative” di Plescia trovano riscontro nelle transizioni quantistiche; il vuoto poetico è affine al vuoto fertile della fisica.

La teoria delle “catastrofi creative” di Plescia si ispira a Thom ma viene oltrepassata in senso dinamico: la crisi non è solo rottura ma apertura, soglia, spazio di riorganizzazione ontologica, le fratture, i crolli, i salti non sono anomalie ma condizioni strutturali dell’Essere stesso: l’ontologia è processuale: non ci sono entità statiche ma strutture che evolvono secondo leggi della morfogenesi.

Questo si avvicina ai modelli non deterministici della fisica teorica, dove le transizioni di fase, le fluttuazioni del campo quantico ed i salti di stato diventano parte integrante della struttura della realtà.


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