giovedì 30 maggio 2013

FENOMENOLOGIA DEL VIAGGIO DI CAMILLA G. IANNACCI

         
LOS ANGELES AEROPORTO

               

- “L' etimo della parola viaggio origina da ‘viatge’, in latino ‘viaticum’: è la provvista necessaria al viaggio, da qui il derivato: via. Il Viaggio è l' andare da un luogo a un altro”.

La voce della relatrice riempie l'auditorium, gremito in ogni ordine di posti.

- “Il viaggio può essere circoscritto a un percorso conosciuto: come nel caso del bus che ci conduce ogni giorno al lavoro, o può creare spaesamento: come nel caso del turista, per la prima volta, in città.
Ma anche il percorso noto può diventare nuovo: la fenomenologia del ‘familiare–straniero’ e dell'estraniazione di cui parlo nel mio libro”.




A un tratto mi rivedo a 16 anni una mattina alle 5 e 20 presi la corriera che portava alla stazione: ‘attenta’, diceva la mamma, a stento trattenendo le lacrime.
La vidi camminare nella piazza mentre il bussino mi portava con sé.

- Da cosa si fugge, cosa si cerca nel viaggio?
La Prof. trattiene l'uditorio col fiato sospeso.

Da cosa fuggivo, cosa cercavo, cosa ho trovato e non trovato e cerco ancora qualcosa?
E, se sì, cosa?

- “L'altrove, il transito, la precarietà si dispiegano in tutta la loro bellezza e malinconia nel viaggio. Arrivi e partenze rappresentano un ingranaggio seduttivo che ci cattura”.

Il mio era stato il viaggio d'iniziazione, di separazione e riavvicinamento.

- “Un viaggio all'interno di se stessi, infatti... “

E' lontana la voce della relatrice.
Sono abbagliata da luci, odori, suoni, colori, visi lontani, frammenti di paesaggi.

Diventa memoria viva e presente una città costruita di luoghi differenti e lontani nel tempo e nello spazio, una città che è tutte le mie città senza alcun luogo reale se non il vissuto.

- “Il bus è una città in costruzione, una città mobile, una città inesistente ma esistente, un crogiuolo di luoghi familiari e non: un luogo della mente, di sedimenti, di storie piccole e grandi.
Il viaggio rappresenta la vita, per questo ognuno può integrare con i suoi vissuti e costruire all’infinito un discorso sull’andare: il mio non può che essere incompleto”.

Ascolto la relatrice ma l'immaginario ormai mi domina: emozioni, ricordi, desideri, suggestioni si sono impadroniti di me.
La voce della relatrice è lontana eppure la sento.

- “Il bus mette in opera dei dispositivi mnemonici, esistenziali, quelle stratificazioni che fanno parte dei vissuti di ognuno: gli arrivi, le partenze, l’anonimato, le solitudini sono figure presenti nei viaggi di studio, di vacanze, d'affari, di piacere, nel viaggiare senza meta”.

I bus di vita: della mia vita; vado a ritroso nel tempo: passato e presente, l’erranza tra il visibile e il nascosto, il ricordo come essenza di sé, il non luogo che prende vita.

- “Il mezzo di trasporto pur appartenente al mondo della tecnica va oltre questo orizzonte, è come una lavagna in cui ognuno scrive qualcosa del proprio immaginario.

Sempre i vissuti sfuggono alla tecnologia e insistono sui luoghi del desiderio”. Concludeva la relatrice.

-Siamo gettati nel viaggio, nell’oltre, nella scoperta - dico alla relatrice - nel complimentarmi per la bella relazione, tendendole la mano.

- Biglietti, Signori - la voce del controllore, la luce mi acceca e mi destano. Era stato solo un sogno.

Chiudo il libro che stavo leggendo prima di dormire dal titolo ‘Fenomenologia e Ontologia del viaggio’ l’ultimo best-seller, a suo tempo, rifiutato da molti editori.

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