domenica 2 giugno 2013

IL LOFT DI CAMILLA G. IANNACCI

LOS ANGELES AEROPORTO






Al centro del loft, a forma di elisse come l'aeroporto di Los Angels, si estendevano varie stanze.

Era un locale piccolo e luminoso, circondato da fiori ed alberi perenni: gli ospiti parlavano ogni lingua del mondo, ogni linguaggio trovava dimora tra quelle mura.

Era frequentato da una clientela eterogenea per età, ceto sociale e provenienza eppure, in qualche modo simile nelle differenze.

Le portate nascevano solo dopo i readigs di poesia ed ogni piatto veniva accompagnato dalla poesia da cui era scaturita ogni singola ricetta.




Il titolo di ogni poesia, per pura casualità, veniva a costituire una poesia in sé compiuta ed ancora più bella di ognuna.

Una ricetta, una pietra di fiume, un graffito, un acquarello, un dipinto: il locale era conosciuto, in ogni dove, come il luogo dei ricordi e dei progetti di turisti ed abitanti.

Ognuno vi poteva custodire moti del cuore, idee, desideri e progetti.

Era più di un archivio: viveva delle vite dei visitatori.
Era il mondo della vita e, come tale, era in continuo divenire e mai uguale a se stesso.

Nell'ipogeo, il telaio riempiva le strade e la piazza dei suoi ritmi.
Nel laboratorio si lavoravano legni antichi: gli ospiti trasmutavano, ogni segno e macchia che il tempo aveva impresso in quelle fibre, in vita nuova.

Ripercorrevano, coi loro racconti, i passaggi che un tavolo, una credenza o più facilmente un piccolo oggetto di legno avevano subito.

I ricordi solcavano ogni strato di quei legni e conservavano, quasi, gli odori di desinari, feste, dolori, attese e dilagavano inquieti nella bottega e nella strada.

Le mani solcavano i sentieri nascosti che il tempo lascia a volte non del tutto percorsi.
Levigavano, con le mani, ogni manufatto, i creatori di sogni.
Ogni sogno veniva raccontato e rivissuto nel piccolo giardino e quasi trasformava in nuova vita la realtà.

Nel piccolo museo venivano collocati cd-rom, vecchi nastri magnetici, disegni, foto che raccoglievano sogni e desideri non realizzati e non realizzabili.

Rivivevano le vite altrui per chi ama ascoltare: l'ascolto: così semplice ma raro.
I racconti di vita di coloro che avessero voluto, venivano trascritti ed inseriti, come dei frames, all'interno della 'Grande Storia'.

Ognuno creava la sua colonna sonora, 'quella' musica di 'quel' momento relativa ad un avvenimento della propria vita.
La 'Piccola Storia' di ognuno: l'unica vera storia, a volte, per tanti.
Una trama infinita si snodava, in questo modo, nella biblioteca più famosa al mondo.

Una tessitura, on line, seguiva, di pari passo, le elaborazioni che nascevano in quel luogo dotato di irripetibili singolarità.

Le vite di ognuno 'avrebbero vissuto per sempre' scrisse il cronista: il 'per sempre' dell'umana specie: il transeunte-eterno.


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