La tradizione filosofica interroga la natura della forma, da Platone che parla di forme-pensiero, idee come modelli originari, alla materia-forma aristotelica dove la forma è l’atto che attualizza la potenza confluiscono nel dispositivo di Archematics and Unfolding.
L’origine di tutte le cose non è in un principio determinato, l'origine è continua, generativa, potenzialità senza forma, indeterminata da cui tutto proviene è come l'ἄπειρον illimitato/ indeterminato, in Anassimandro.
La forma, nella filosofia della durata di Bergson è creazione incessante, è un taglio temporale nella durata, una cristallizzazione provvisoria nel fluire continuo del reale, un’immagine del divenire.
Nella filosofia dell’habitat. la trilogia delle Sfere - bolle, globi, schiume - di P. Sloterdijk le forme non sono strutture chiuse ma ambienti morfogenetici, lo spazio non è contenitore neutro, ma 'atmosfera' generata da relazioni.
L' "essere-esposto" di J.L. Nancy si mostra nella sua apertura e vulnerabilità all'evento come comparizione e soglia: la forma non è rappresentazione ma esposizione.
La forma ne la Teoria dell’individuazione di G. Simondon è un processo transitorio, mai concluso, dove l’individuo non è un’entità già costituita, ma un processo di risoluzione di un disquilibrio pre-individuale, l’individuo emerge da un pre-individuale metastabile,
L’Archematica vuole essere una grammatica del preindividuale, linguaggio delle transizioni, delle metastabilità: un dispositivo che rende visibile e strutturabile ciò che normalmente resta invisibile.
La forma non è un dato, ma il risultato di un processo critico, la forma emerge da piccole variazioni in condizioni instabilità e biforcazioni in sistemi dinamici, su un piano filosofico è un' ontologia degli eventi in quanto la forma è l’effetto di una transizione, l'evento modifica la struttura dello spazio e la forma si dispiega come mutazione ontologica.
Ogni forma, per A. N. Whitehead non è una sostanza isolata ma un'actual occasion, 'occorrenza' emergente da una rete di relazioni, l'Archematica come una grammatica delle concrescenze - in cui la forma si genera nel passaggio e nella relazione, mai nel semplice esserci - produce ambienti di senso.
La morfogenesi, in senso whiteheadiano, è un processo concettuale e reale, dove ogni configurazione è un momento di concrescenza del mondo e una scrittura delle soglie, delle aperture, degli attraversamenti, dove ogni morfogenesi è un atto di esposizione ed una messa in forma dell’informe.
La forma come esperienza ed evento
Le forme non sono casuali, ma archetipiche che rivelano un ordine invisibile ed emergono da processi instabili, critici, ma organizzati come nella singolarità arnoldiana.
L’Unfolding è la dinamica con cui l’archetipalità si dischiude nel mondo visibile: un processo ontologico, non solo progettuale: implica l’apertura dell’essere attraverso la forma.
L'Unfolding non è solo svelamento, ma articolazione temporale del possibile, è pensato come emergenza morfogenetica da un campo metastabile: è la forma-evento di Plescia ogni forma è un nodo di una rete di relazioni e mutazioni.
L'Unfolding e l’atto creativo
L' Unfolding richiama il divenire senza identità di Deleuze, una genesi differenziale, dove la forma non è copia ma variazione, differenza in atto, intensità che si stratifica, Plescia articola questa differenza come processo morfogenetico continuo, dove l' ἀρχή è un campo di forze: sembra condividere il pensiero deleuziano quando parla di sintagmi spaziali e topologia.
La forma non è oggetto, ma evento di mondo e l’ Unfolding è il momento in cui lo spazio rivela la propria essenza: “L’essenza del costruire è il poetare”, la forma è luogo di verità, apertura di senso, soglia tra visibile e invisibile, evento di mondo l' Unfolding richiama il disvelamento dell’essere come aletheia, l’opera d'arte non rappresenta ma l’evento che fa emergere il mondo.
Qui l’artista, l’architetto, il progettista è simile al filosofo: uno che ascolta l’essere nel suo divenire spaziale, colui che dischiude la verità dell'essere attraverso la forma.
In un tempo in cui l’architettura rischia di diventare puro esercizio stilistico o mera risposta funzionale, Archematics and Unfolding è un sapere che fonde arte, scienza e filosofia in un’epistemologia del disvelamento e in quanto tale è un pensiero che non rappresenta ma genera, che non descrive ma svela.
L'architettura non è solo progetto, ma una poiesis ontologica, dove il costruire non è mai separato dal pensare, Plescia radicalizza l'affermazione nella sua estetica morfologica dove forma, funzione e filosofia si co-generano.
Ogni forma è un evento di senso, ogni spazio è un’apertura dell’essere: Archematics and Unfolding rinnova il gesto antico e sempre attuale della poiesis che viene risemantizzata: l’atto creativo non è produzione meccanica ma rivelazione di ciò che è già in divenire, dove il costruire è un atto di verità: un ponte tra ontologia e morfogenesi, tra spazio tempo e scienza.
In piena crisi delle forme - spaziali, politiche ed identitarie - pensare l’opera d'arte non come prodotto ma come evento di verità ci restituisce una visione della forma che non è soggettiva né oggettiva e rinnova l’antica alleanza tra techne e ontologia.
L'archematica come estetica del paradosso
La percezione sensibile viene attraversata da “paradossi naturali e artificiali”, dove lo spazio si piega tra caos e ordine.
La forma è un'esperienza, un evento percettivo che coinvolge corpo e spazio in una risonanza reciproca e nasce nel punto-limite tra visibile e invisibile, in quanto evento la forma diventa soglia tra ordine e caos, tra natura e techne: questo spazio liminale è abitato dal paradosso che evoca l'entanglement, il paradosso quantistico della dualità onda-particella, e come figura teorica, corrisponde ai “paradossi percettivi” di Plescia.
L'archematica si pone come etica ed estetica del paradosso: un modo di progettare l’instabile, di pensare l'abitare ed il mondo come una serie di eventi soglia, una strategia per progettare l'instabile e rendere visibile l'invisibile.
Archematics and Unfolding
L'Archematica, neologismo composto da l'archè, ἀρχή, indica una grammatica originaria dello spazio e delle forme, un linguaggio prefigurativo che preesiste alla forma concreta, la rende possibile ed articola le emergenze temporali in configurazioni visibili: una grammatica che governa la nascita delle forme nel mondo naturale, tecnologico e simbolico.
Archematics and Unfolding rompe con ogni concezione essenzialista e guarda alla forma come processo, come divenire, come emergenza: lungi dall’essere un dato, la forma è un esito instabile di tensioni, crisi e differenze.
L’archematica può essere pensata come una forma di ontologia operativa, come una grammatica dell’essere, capace di fondare un pensiero transdisciplinare della forma e dello spazio e di unire estetica e epistemologia, progettazione e ontologia: una grammatica degli eventi, un linguaggio che non descrive la forma come oggetto in quanto la forma emerge come evento, soglia, passaggio, discontinuità e disvelamento, in un processo di co-generazione tra natura e τέχνη.
Il lavoro fonda le possibilità della morfologia spaziale sia in ambito naturale che artificiale: è un linguaggio formale che anticipa ogni progettazione come sorgente continua di possibilità, è un’ontologia delle potenzialità, un dispositivo che unisce sapere tecnico, intuizione artistica e rigore filosofico.
Archematics and Unfolding è un paradigma che radicalizza la riflessione: le forme non sono il contrario del disordine, le forme non preesistono, ma emergono in un evento critico, come nelle biforcazioni e singolarità catastrofiche di René Thom e come evidenzia Prigogine nella teoria delle strutture dissipative l’ordine emerge dal disordine: la morfogenesi produce esiti inaspettati.
Conclusione
Plescia propone una via per rifondare il pensiero della forma: Archematics and Unfolding esplora una riflessione transdisciplinare che intreccia arte architettura, filosofia, morfogenesi, estetica, scienza, che convergono e pensano la progettazione non come produzione, ma come atto di verità con particolare attenzione ai concetti di archetipalità spaziale e svelamento delle forme.
L'autore integra la morfogenesi scientifica con un’ontologia del progetto: una visione in cui la forma non è mera apparenza, configurazione, estetica o struttura funzionale, ma un evento originario ontologico, un momento di manifestazione e disvelamento dell’essere.
Archematics and Unfolding propone un’interpretazione filosofica, un pensiero radicale sull’origine e sul destino della forma e dello spazio in chiave ontologica e morfogenetica: si accorda con le più recenti acquisizioni della morfogenesi matematica, della teoria della complessità e della quantistica, ma anche con la filosofia post-strutturalista e con l’ontologia del processo.
Il progetto, in questo contesto, non è un atto arbitrario ma un 'ritorno all'origine' è l'arché da cui si dipana una grammatica delle possibilità.
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