domenica 5 febbraio 2017



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Il Mio pensiero rimemorante si è rivolto alle temporalità del passato ed è in grado di ricordare ... si credo di poter sapere.

Blade, tu sei stata creata al silicio e drogata con oro, arsenico e gallio; se vuoi: non sei stata creata al carbonio e drogata con ossigeno, idrogeno e calcio come tutti gli esseri umani ...

Certo è che la mia essenza non è composta da silicio e frattaglie come quelle degli altri replicanti, né da molecole di carbonio lineare e acqua come quella degli esseri umani ...
Se non possiedi un padre, avrai tutti come madre ...

Una madre. Mi sorpresi a pensare: non sapevo di saper pensare e non
sapevo di saper immaginare.

Una madre? Tu pensi che io possa avere una gran Madre invece di un gran Padre? Rimasi lì, con i ricordi ed i pensieri che rimbalzavano nella mia mente artificiale.

Artificiale?
Da quel momento quella parola non mi risuonò più in modo naturale.
Naturale?

No, quell'essenza è una qualità solo degli umani. E degli animali, e dei vegetali e dei minerali.
Ma io non ero né minerale, né animale, né umana, né mi sentii più artificiale, di quale essenza era la mia mente i il mio corpo?

Una madre... avrei voluto sognare una madre tutta per me. Bella come quella di Rekard alla quale assomigliassi nel colore degli occhi, nel taglio e nella profondità della vista.

Le foto della madre di Rekard: non assomigliava per niente al figlio ... perché non ci sono tra le sue foto nonne o ave?

Filtrai con i miei raggi delta la grana di quelle immagini. Come avevo sospettato ... tutte le foto provenienti da epoche diverse ed assemblate con la stessa immagine femminile.
Un montaggio temporale.

Ma perché Rekard avrà fatto questo?
Guardai Rekard sotto la doccia ed osservai l' acqua sparire nella buca dalle vasche idromassaggi ... un attrattore strano come una singolarità dello spazio tempo ... perché i miei pensieri si rivolsero verso quell'evento singolare?

Ma non c'era tempo per riflettere.

Rekard, sotto l'acqua, mi avvertì:

"Blade, preparati, dobbiamo fuggire di nuovo, prima o poi qualcuno ci troverà".

Lasciammo la casetta dell'Arkansas bianca e rilucente come la neve simulata nelle sfere di cristallo. E furono le radure verdi del Vermont la nostra meta.

Guardai Rekard occupato nella guida della nave spaziale. La sua mi parve un'indifferenza vuota, quasi assente. La presenza di un'assenza di senso: quasi fosse un automa o un replicante o un androide.

Sarà che anch'io lo fossi e percepissi la differenza di allontanante come una prossimità identificante?

Mi fu spiegato che il mio codice potesse avvertire simili sensazioni. Avrei percepito l’altro non quale nemico da uccidere ma quale origine della mia più intima identità. Lì per lì non andai oltre quelle sensazioni.

Tant'è che chiesi: "Siamo diretti nel Vermont?"

"Si, vedrai che ti piacerà.Le foreste li sono curate come se fossero dell'era preatomica."

"Andremo a rifugiarci in quella casetta ritratta nel tuo album di fotografie? È tua?"

Ma Rekard non rispose. Sembrava non riuscisse a percepire quel senso di proprietà.

La casetta si svelò ai nostri occhi in mezzo al verde di una radura d'una folta selva dell'ancora selvaggio Vermont.



 


Non sapevo di saper scrivere.
Un'altra volta mi sorpresi delle mie facoltà.
Quando incontrai Rekard nel suo rifugio di S. Angeles, pieno di ricordi.

Ah, quelle foto ora le conservavo io. Non sono riuscita a comprendere perché quei miseri, ingialliti ed insignificanti frammenti di celluloide offrano più identità di un'opera d'arte agli esseri umani.

Rekard provò a spiegarmi che per loro la memoria dei ricordi sia un ritornare nell'origine dell'essenza dell'esistenza. Ma per gli androidi non esistono origini e men che meno esistenza, giacché noi non siamo esseri.

"Ma allora perché tu desideri possedere dei ricordi?"

"Ah, perché tutti gli altri androidi sono alla ricerca di memoria e forse anch'io sono stata influenzata da quella moda."

Non era vero. Quando guardai le foto della madre di Rekard desiderai che fosse la mia.

Mentre gli altri androidi sognano pecore elettriche io ho sempre sognato una madre vera: come quella della foto di Rekard.

"Non sei contenta di avere un padre?" mi chiese, quasi avesse letto nei miei pensieri.

"No. Quello che hai conosciuto tu, non era il mio creatore".

"Ma se mi disse che ti aveva creata lui! E che tu fossi un androide speciale, il più perfetto che ci fosse sulla nostra galassia!"

"Ti avrà anche spiegato che io non sono un androide".

"Si, ma se ti ho scoperta io, con la domanda sul cane!"

"Sciocco, sono stata il a rivelarmi, per non farti fare una brutta figura con il Gran Padre. Avevi tanto bisogno di quel lavoro in pelle."

"Ma se non sei un'androide, che cosa sei?"

"Una ginoide."

"Una ginoide? E che significa? Un'androide femmina?"

"Eh no, c'è una differenza ontologica tra le androidi femmine che hai eliminato, simili agli altri androidi ed una ginoide ... "
"Una differenza ontologica? Ho sempre pensato che gli androidi fossero stati costruiti per le missioni speciali nello spazio, non per dilettarsi in filosofia dell'essere."

In quel momento iniziai ad odiarlo. Va bene, sarei stata poco carina con lui; perché non mi denunciò a quel cacciatore di replicanti di S. Angeles, metà giapponese e metà spagnolo, ma quella sua ironia da essere superiore mi aveva proprio annoiata.

Mi misi al pianoforte che preparai in un battibaleno nella nostra casa-rifugio dell’Arkansas e suonai la sinfonia K 550 di Mozart.

Così, senza averla mai sentita ma solo per averla letta sullo spartito. Chissà perché quelle note in simbiosi con le foto di Rekard elevarono le mie facoltà pensanti verso una temporalità del passato.

Se prima mi meravigliai che non sapevo di suonare ora mi sovvenne: non sapevo di saper ricordare.

Sarà anche stata la domanda di Rekard su chi fosse il mio creatore, sarà stata forse la musica di Mozart, saranno state le foto ingiallite lì davanti ai miei occhi tremanti di pianto, o altro ancora di cui non riuscii a decifrare il senso: fatto sta che mi lasciai andare al pensiero rammemorante.

"Oh Rekard!" dissi con una voce mai sorta dalle mie corde vocali di fibre di carbonio fuse con l'idrogeno: una voce da soprano? Le corde vocali del soprano vibrano al limite degli ultrasuoni.


sabato 4 febbraio 2017

SIMONE REGAZZONI TI AMO

Giovedì 9/2 è #TiAmo day: esce prima del previsto 14/2 "Ti amo. Filosofia come dichiarazione d’amore", Simone Regazzoni, U7  editor  @LunaOrlandoG  

 

L’Anticipazione dicono fonti informate è dovuta ad una ragione ben precisa: gli innamorati hanno fretta di dire #TiAmo e anticipano ogni mossa e decisione che impedisca loro di dire "tiamo" sempre e ovunque ed in ogni momento: non sarebbero innamorati diversamente.

sabato 27 agosto 2016



Se l'audacia è una categoria dello spirito e dei leader e abita l'oltre dell'orizzonte e della gestione del giorno per giorno, la sobrietà è difficile da insegnare ed ancor più praticare: forse anche per questo on line impera il gossip, i giochi linguistici sbrigativi ed effimeri, la ridondanza e la vis polemica più che l'inizio di un discorso sul "Politico".

sabato 13 agosto 2016



 
I maestri parlano, ci parlano, ci interrogano: il dialogo non conosce soste: parlare di loro è far vivere la loro parola e nutrirsi della loro: è gratitudine, privilegio, libertà: doni da custodire, sempre.

La parola crea multiversi mondi ricordare è costituivo del pensiero e delle intermittenze del cuore.

L'incertezza è dell'animo umano ogni qualvolta deve fare delle scelte in cui è profondamente implicato il dolore resta "l'esperienza" più formativa che si possa fare.

La falsificazione o più modestamente l'errore è fonte di verità che può poi essere ancora smentita: ci si avvicina ad essa per approssimazione: le verità amano gli spazi topologici: multiformi, imprevedibili.


lunedì 11 gennaio 2016


Conversazioni







Poche righe, frammenti di conversazioni, per raccontare il lato più intellettuale di facebook.
Un'idea allo stesso tempo originale, semplice e geniale.

Simone De Crescenzo


Quello che colpisce maggiormente è come l'autrice sia stata in grado di rendere complementari il linguaggio del web con i mondi della letteratura, della mitologia e della filosofia, letti in chiave moderna e leggera.

E questa rivisitazione ha definitivamente, e lo scrivo senza esagerare, i linguaggi dei social network.

E’ un libro non bello, ma di più.


Luca Giliberto


lunedì 16 novembre 2015

Valeria tra i morti del Bataclan Una vita tra studio e volontariato http://goo.gl/dXFECA