L'arpa, la rosa, il tempo
La luce del giardino di rose posava lievi ombre sul capo della visitatrice, illuminato dalla lampada che, sapientemente, Cher Dehauser aveva collocato a lato del Monet più amato: gli ospiti, nell’osservare la tela, offrivano modulazioni del volto e sguardi preziosi che, insieme al racconto degli eventi, permettevano all’avvocato 'un primo scavo dei materiali' come lei andava ripetendo al suo assistente di studio. Parlava sempre per prima di sé Cher e sol quando avvertiva dimentico del luogo e delle ragioni il visitatore, chiedeva:
- Che cosa fa nella vita? Ah sì, pensi amo la musica e lei suona: beata lei.
O simili varianti: così quel pomeriggio.