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Eppure “Non le vediamo tutte le cose né tanto grandi quanto sono ma la nostra vista si apre la via per investigare e in modo che la ricerca passi da ciò che è evidente a ciò che è oscuro” (Seneca) pertanto bisogna andare al di là del visibile perché “l’universo, oltre i limiti di questo nostro mondo, è infinito” e “la mente vuole sapere che cosa vi sia al di là, procedere “fuori dalla via battuta” (Parmenide).
Immaginiamo un disco in cui sia incisa una musica infinita i cui confini e l’orizzonte degli eventi sono ben delineati come la forma di disco, ma di cui impossibile percepire e calcolare l’itinerario interno.
Quando il sapere ha di fronte a sé la forma completa di un disco può definire l’evoluzione complessiva, può dare qualche ordine al disordine.
Lo stesso soggetto visivo, all’interno del disco, non riuscirebbe mai a stabilire un itinerario, un senso, una conoscenza, un ordine.
La nostra mente pensa… la mente con la … mente, all’interno del proprio pensare mentre il metodo scientifico, oggettivo e replicabile: una differenza incolmabile.
Il soggetto conoscente non è un osservatore esterno al mondo dei fenomeni che descrive, ma è in una relazione complessa con ciò che osserva.
Per Penrose la mente non è riconducibile alla computazione, unifica così relatività e meccanica quantistica, il fisico colloca la coscienza negli interstizi tra le due dimensioni della fisica classica e di quella quantistica.
Il ‘cocktail’ di Penrose è più che singolare: c’è un tantino di vuoto ovvero quello di Planck meglio conosciuto come “schiuma”quantistica, una dose di relatività quindi di spazio-tempo e materia-energia.
Roger Penrose, nei suoi studi sul sistema neuronale, ha formulato la tesi della coscienza quantistica: i neuroni presentano i microtuboli attraverso cui alimentano le cellule, la loro è una struttura frattale, come per esempio il cavolo romano, ove si ottiene la stessa figura cioè la forma o lo schema in ogni parte e all’infinito, dove si sviluppano processi di stampo quantistico e la coscienza seguirebbe le regole vigenti nella meccanica quantistica.
Senza i microtuboli non si dà coscienza ed è in essi che l’entaglement vive e genera la consapevolezza di sé stessi.
Per Penrose meccanica quantistica e relatività generale vanno a incrociarsi ed unificarsi nel cervello: è la teoria conosciuta come “spin network”.
Conoscere è un sistema complesso che include osservatore e osservato: conoscere è una relazione e conoscere è conoscere relazioni: si conoscono non elementi separati dal contesto, ma configurazioni e rapporti dinamici tra elementi.
Le teorie della complessità affermano, contro l’ideale di spiegazione scientifica deterministica e causale, della fisica classica, la concezione della conoscenza come relazione e come conoscenza di relazioni, di insiemi organizzati o sistemi le cui parti sono in interazione dinamica: la realtà è un organismo, un nodo di relazioni dal comportamento disordinato.
Le teorie della complessità disegnano un mondo dominato da un’instabilità permanente, caotica e il senso della temporalità, in questa visione, avverte il declino sia della linearità sia della ciclicità.
Il paradigma della complessità contrappone alle traiettorie lineari della fisica classica, forme inaspettate e fenomeni di cui non possiamo prevedere l’evoluzione linearmente, a partire delle condizioni iniziali.
Per la meccanica quantistica non esiste uno stato d’essere degli oggetti: nel profondo della materia gli oggetti non esistono separati: la realtà è un tessuto di relazioni che, in modi differenti, intercorrono tra gli oggetti: i fenomeni non sono la somma di elementi singoli e la natura presenta un’organizzazione a noi invisibile, è strutturata come totalità.
Dalla solitudine dell’oggetto alla relazione, dal singolo punto di un ricamo alla magnificenza dell’opera compiuta: un salto paradigmatico.
La meccanica quantistica rimette in discussione le nostre pretese di conoscere la realtà ovvero la materia perché, in realtà, della realtà (non è un gioco di parole) conosciamo solo una parte e cioè le particelle che, per giunta, si divertono a presentarsi e rapportarsi in modi singolari e inspiegabili.
Non solo le particelle non sono oggetti ma non si sa neanche quale spazio, occupino infatti sullo stato delle particelle possiamo solo pronunciarci in termini probabilistici e solo nel misurarle ne veniamo a conoscenza, infatti, lo spin di un elettrone non è conoscibile prima della misura: “lo stato che si misura non è preesistente ma è creato nel momento della misurazione” (Faggin) ovvero siamo in balia delle onde non dell’oceano ma della probabilità.
E’ impossibile conoscere contemporaneamente posizione e velocità di un atomo interviene il principio di indeterminazione che va a confliggere con le nostre pretese di precisione ed oggettività relativamente allo stato di un sistema.
Nella dimensione quantistica ogni misurazione va a cambiare ciò che viene misurato.
La fisica classica che non spiega della nostra dimensione i fenomeni complessi, ad esempio, gli stati meteorologici.
Se la fisica classica si occupa solo di quanto possiamo dire della natura, la quantistica si pone la domanda ‘quale particella vede un’altra?’ e della proposizione ‘ci sono eventi e non enti’ ovvero si chiede quali siano le interazioni delle particelle elementari nella materia, nella realtà della natura” (Bohr) e la risposta è che l’elettrone esiste nel relazionarsi con altri elettroni.
Ambedue, sia la fisica classica sia la quantistica ammettono una teoria con diverse interpretazioni o altrimenti detto, se includiamo nella definizione di una teoria anche la sua interpretazione, due diverse teorie che descrivono gli stessi fenomeni.
Per “vedere” un “micro-oggetto” dobbiamo agire su di esso con strumenti, che modificano le condizioni del sistema: il soggetto non è “esterno” ai fenomeni studiati osservatore e oggetto osservato sono inscindibili.
Resta senza alcuna spiegazione il fenomeno della ‘non località’ per cui una particella resta correlata ad un’altra senza aver avuto ‘contatti’ con quest’ultima ovvero misurare una particella comporta che un’altra faccia proprio lo stesso valore anche se ne è ‘distante’.
Due particelle, se in un primo momento vengono a relazionarsi tra loro continuano a mantenere una connessione anche quando si ritrovano separate infatti nel misurare l’una, persistendo la distanza tra loro, anche l’altra viene ad essere investita di questa misurazione.
Di conseguenza le due particelle sono ‘entagled’ e rappresentano uno unico stato quantistico ovvero due particelle sono una sola particella.
L’entanglement è paragonabile all’indecidibilità del teorema di incompletezza di Gödel in matematica ed al principio di indeterminazione di Heisenberg.
L’immagine retinica di un oggetto percepito varia in continuazione, tuttavia esso viene percepito come lo stesso oggetto finché le sue variazioni non lo perturbano troppo: a livello percettivo, è questo il problema della stabilità strutturale e del cambiamento.
I modelli scientifici della fisica non sono in grado di spiegare il comportamento dei fenomeni di produzione delle forme dinamiche come invece i modelli catastrofici che forniscono intelligibilità a fenomeni apparentemente molto diversi tra loro tramite i concetti di isteresi, pregnanza, salienza, singolarità.
Le forme hanno una loro dinamica e, accanto ai domini di stabilità, si osservano situazioni nelle quali piccole modifiche provocano grandi cambiamenti, allora emerge una nuova forma, cioè si produce una catastrofe, un nuovo livello di stabilità strutturale del fenomeno: è la morfogenesi ad occuparsi occupa di tali processi e i cambiamenti di forma vengono denominati catastrofi.
Punti problematici, cioè quelli a tangente orizzontale, sono detti punti critici o singolari, le singolarità: centri organizzatori della catastrofe.
Il dato di osservazione è dotato di una struttura e di un’organizzazione (le pregnanze), che l’uomo, grazie alla sua capacità di modellizzare, giunge a rappresentarsi (Thom).
Nello spirito della teoria della relatività, l’invarianza delle leggi fisiche rispetto alle trasformazioni “spazio-temporali” esprime l’invarianza rispetto a cambiamenti dei sistemi di riferimento o “osservatori”.
Su questa base, è quindi possibile porre le invarianze “spazio-temporali” in rapporto con un criterio di oggettività intersoggettiva della descrizione fisica: le leggi mediante le quali descriviamo l’evoluzione dei sistemi fisici hanno valore oggettivo in quanto non cambiano.
Oggettivo è ciò che è invariante rispetto al gruppo di trasformazioni dei sistemi di riferimento, oggettività significa invarianza.
La fisica non vede tutta la realtà, quasi come noi, questo spazio non conosciuto, non ancora osservato e verificato è tale in quanto ‘collocato’ al di sotto della regione di Planck - dove i nostri sguardi non affondano quanto dovrebbero - in questo spazio non visibile si dispiegano le leggi della meccanica quantistica che rigettano le logiche della nostra mente e il comportamento degli oggetti del macromondo.
Con la geometria dei sistemi dinamici si dà centralità a fenomeni al di sotto dell’intervallo della misura fisica: una variazione, fluttuazione non misurabile, un “non-nulla”, al di sotto della misura, può determinare l’evoluzione di una dinamica.
Rebus sic stantibus nuovi percorsi di ricerca intorno alla coscienza che facciano riferimento alla teoria delle catastrofi, dei sistemi dinamici non lineari e alle suggestioni delle stringhe e delle superstringhe di Veneziano.
Thom in risposta ai dubbi dei fisici circa la sua teoria scrive: “non c’è un dominio del pensiero umano in cui l’uso di modelli geometrici non possa essere di qualche utilità…i modelli quantitativi presentano efficacia solo per i sistemi che dipendono esclusivamente da un piccolo numero di parametri.
I metodi qualitativi fanno appello alle nozioni di campo morfologico, di creodo, nozioni associate alle singolarità d’un insieme di biforcazioni di uno spazio funzionale di dimensione infinita, e sfuggono a questa difficoltà.
Il problema dell’integrazione dei modelli locali in una struttura globale stabile (che potrebbe essere l’oggetto di una topologia dinamica), benché abbozzato nel caso degli essere viventi, resta aperto”
La teoria di Renè Thom si è mostrata capace di feconde interpretazioni ed applicazioni in moltissime discipline che vanno, dopo la matematica e la fisica, all’economia, alla sociologia, alla biologia, all’etologia, alla politica, alla psicologia ed alle nuove tecnologie.
Si tratta della costruzione di metaedri, modelli topologici complessi clonati da un centro organizzatore e della costruzione di una struttura costituita da più poliedri: il “diadema”, la “sfera ombelicale”, la “sfera metaedrica”, la “farfallacuspide”, la “tetrafarfallacuspide”, la “collana”.
La farfallacuspide inventa il nuovo, il metaedro conserva le vestigia, la tetrafarfallacuspide dispiega socialità individuali e collettive.
La farfallacuspide è la rappresentazione topologica dell’alterità sociale quale desideranza spaziale che inventa il nuovo: è pregna di eventi.
La “tetrafarfallacuspide” esprime la dialogia tra intelligenza della socialità, espressa in desideranza spaziale, interagente con la spazialità dei media di produzione.
L’ellittico interno al parabolico sarà la rappresentazione topologica dell’alterità sociale emergente quale desideranza spaziale attante verso futuri universi.
A Zeeman si deve un modello topologico del cervello e la divulgazione della teoria delle catastrofi e applica i modelli di Thom in altri ambiti quali il sociale e l’economia.
Thom ha optato per un metodo ermeneutico e qualitativo della sua teoria che in questo modo è applicabile alla biologia ed alle scienze umane e ritiene che “Zeeman nella sua formulazione della teoria si è servito di variabili di controllo che non comparivano nella teoria. Io non ho mai considerato in modo sistematico l’utilizzazione della teoria delle catastrofi in un’ottica di teoria generale dei sistemi. Pensavo che le catastrofi dovessero avere lo spazio-tempo come variabile di controllo.
Nel leggere Io-Natura-Mondo-Coscienza il pensiero va nell'universo concettuale di ognuno che non è la MOI e che, per questo, forse deve confrontarsi con il pensiero dei singoli filosofi forse anche a livello di manualistica scolastica e ricreare un nuovo lessico per nuovi concetti per non essere frainteso ma inteso.
In breve non è sufficiente incasellarlo nello schema riduzionismo-esternalismo o fisicalismo e non basta la mela e neanche la pesca per dirlo.
Fernando PUIG ROSADO è uno di quei fumettisti che ci sono familiari perché abbiamo visto i suoi disegni in Le Canard Enchainé, Le Nouvel Observateur, Siné Mensuel o anche il Figaro letterario per adulti ma anche Astrapi, mi piace leggi, Okapi o Fosforo per i più piccoli.Ha ricevuto il Grand Prix de l'Humour noir de Grandville nel 1976.
TEATRO BARD
I ATTO
Scena: Un caffè, Roma, 2023.
Personaggi:
Camilla, 25 anni, artista digitale
Marco, 30 anni, scrittore e studioso di mitologia
Dialogo:
Marco: Ho letto un articolo molto interessante sull'oracolo nell'info-spazio.
La MOI è un acronimo e sta a significare Identità Mente-Oggetto ovvero non esiste alcuna differenza, separazione tra gli oggetti e la nostra mente per Riccardo Manzotti cui non si può chiedere "sta scherzando, Mr. Manzotti" perché il filosofo ingegnere fa sul serio.
Siamo ad “una visione dell’universo dialettica e eraclitea, di un mondo eterno teatro della battaglia tra «logoi», tra archetipi” anche per Thom infatti “al fondo del logos eracliteo della nostra anima, strutture simulatrici di tutte le forze naturali esterne agiscono”.
Rovelli ha lavorato alla sua teoria col collega Hal Haggard e a chi scrive piace immaginare che, tra un caffè ed una corsa per prendere il bus, anche le osservazioni, i dubbi, l'intuito e il sapere della sua compagna fisica e filosofa abbiano avuto un loro peso.
Nulla di nuovo sotto il sole infatti i primi filosofi, passati alla storia come presocratici, si ponevano le prime domande sulla physis cioè sulla natura e ne cercavano i principi: Anassimandro, Eraclito, Democrito, Empedocle erano fisici, certo non nel senso moderno ma gli iniziatori indiscussi della ricerca sulla natura del mondo.
Le loro osservazioni si mostrano feconde ai nostri giorni e Rovelli si è confrontato con il lascito inesauribile del pensiero filosofico nel suo testo "Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro".
Al fisico non basta avere una teoria ed accarezzarla, è la comunità scientifica che deve confrontarsi con le teorie. Pubblicazioni, conferenze e discussioni sono passaggi necessari ma non ancora sufficienti infatti serve la conferma sperimentale, fondata su misure e regole riproducibili da ogni scienziato, per dimostrare la veridicità di una teoria.